venerdì 23 maggio 2008

Deus Ibi Est

Against my will to these sad shores
An unknown force has drawn me
Bound unto a future shaped by ancestors before me
Day on day I march the beat to someone else's drum
I have searched far foreign lands there's nowhere left to run

Impending storm rise up rise up
Oh demons I shall shame you!
Look down the barrel of my gun and one by one I'll name you
Day on day my brothers leave go marching off to war
Yet we never understand for what we're fighting for

Ubi caritas et amor
(Where there is tender care and love)
Ubi caritas
(Where there is tender care)
Deus ibi est
(God is present)

Worldly desires and worldly gains
Designed for worldly men
I'm a master of the heart with ears and hands to lend
Soldiers come and soldiers go some changed by love for thee
A circle in the chain of life all fighting to be free

Ubi caritas et amor
Ubi caritas
Deus ibi est

So come my lord and we shall dance
To God's own private drum
Sweet Jesus and the holy vine
The afterlife to come
Day on day I march the the beat to someone else's drum
I have searched far foreign lands there's nowhere left to run

Ubi caritas et amor
Ubi caritas
Deus ibi est

giovedì 22 maggio 2008

In Macchina

Salgo, chiudo lo sportello e mi dò una rassettata ai capelli, in modo da asciugarmeli un po’. Con la mano destra sto quasi per tirare giù il parasole e guardarmi allo specchio per vedere in che condizioni sono, quando mi ricordo delle buone maniere.
Mi volto verso la mia sinistra, pronto a ringraziare il mio salvatore, ma le parole mi si fermano sulla punta delle labbra. Rimango senza fiato, stupito come se davvero avessi visto il violentatore con l’uncino.

Una ragazza mora, con i capelli mossi lunghi fino alle spalle, mi guarda e sorride. È un poco bagnata pure lei, ma non come me, solo leggermente, giusto quel tanto che basta per rendere una ragazza ancora più sexy di quanto non sia già.
C’è uno sbaglio. Questo passaggio non è per me. Dio ha sbagliato in qualche cosa. Cose del genere di solito non accadono al sottoscritto.

Muovo un po’ la bocca, cercando di articolare qualche parola, ma non mi esce nessun suono. Faccio gesti inconsunti per aiutarmi a tirar fuori qualcosa che possa sembrare anche un semplice monosillabo; ma l’unica cosa che ottengo è quella di sembrare un perfetto demente.
Dentro di me prego affinché lei non si accorga della mia goffaggine iniziale. Non vorrei che lei si ricordi poi di me per questi primi minuti di handicappaggine mentale. Di solito l’opinione che qualcuno si fa di te è dettata molto da ciò che pensa la prima volta che ti vede, e io ci tengo a fare una buona impressione, soprattutto con lei.

“Diavolo come sei bagnato! L’hai presa proprio tutta l’acqua.”
“Beh, si. Diciamo che mi ha colto leggermente impreparato.” Sorrido, tanto per togliermi dalla faccia quell’espressione stupita.
Lei mette la prima, guarda un po’ lo specchietto retrovisore per essere certa che nessuno arrivi e poi riparte.

I tergicristalli viaggiano ad una velocità incredibile e nonostante questo riescono a mala pena a rendere visibile la strada di fronte a noi. Tutto quello che riesco a vedere oltre il parabrezza sono solo delle incerte sagome che per me potrebbero essere qualsiasi cosa. Fossi stato io alla guida credo che ci saremmo già schiantati contro un albero o Dio sa cosa.
La ragazza alla mia sinistra invece sembra piuttosto rilassata. Non dà l’impressione di preoccuparsi più del necessario delle cattive condizione meteorologiche. Mantiene un’andatura abbastanza bassa e non ha il coraggio di mettere la quarta, ma con questa pioggia e le curve come darle torto.

Cominciamo timidamente a parlare, più per far passare il tempo che per altro. Nessuno dei due sopportava più quel silenzio di timidezza che si era venuto a creare.
Così scopro che lei si chiama Federica, ha ventinove anni e lavora in uno studio notarile.
“Tu invece ti chiami…”
“Fabio.”
“Si, Fabio. Ora ricordo.”
Ora ricordo???

Dice di avermi conosciuto ad una festa che Riccardo, un mio amico, diede qualche giorno fa a casa sua. Io a dire la verità non ho assolutamente memoria di averla conosciuta prima, ma mi hanno detto che a quella festa bevvi come un dannato, quindi tutto può essere.
Fingo perciò di rammentare alcuni particolari sul suo conto. Inizio frasi che con indifferenza lascio finire a lei e poi riprendo, come se lei mi avesse semplicemente preceduto. Un vecchio trucco che sono stato costretto ad imparare quando al liceo non avevo studiato niente.

“Come mai ti ricordi così bene di me? – la butto là, come se nulla fosse – In fin dei conti avremo parlato si o no cinque minuti al massimo.” Sono curioso di sentire cosa mi risponde.
Si possono capire molte cose su una ragazza dalla risposta che dà ad una simile domanda. Se poi lei non sta mentendo e si ricorda davvero così bene di me, beh, devo aver fatto davvero una gran bella impressione quella sera… quindi il più è fatto.
“Diciamo – risponde lei affogando le parole in un sottile ghigno che non promette affatto bene – che è difficile dimenticarsi di uno che vomita su un tavolo da biliardo.”

Ecco.
Ora torna tutto.
La buona impressione del primo incontro può pure andare a farsi friggere.

Lei scoppia in una sonora risata e si piega un po’ sullo sterzo.
Devo avere proprio un’espressione di merda. Da deluso, proprio come quella che mi sento stampata in faccia ora.
“Davvero ho fatto questo?”
“Oh, si. L’hai fatto e come, anche più di una volta.” Risponde lei riuscendo a mala pena a rendere le parole comprensibili.

Ok, ho capito. Tanto vale buttare giù la maschera, smetterla di fare l’uomo navigato, il macho, e giocare a carte scoperte. Dopo che mi ha visto fare una cosa del genere potrei pure dirle che sono Richard Gere che si è appena fatto una plastica e la situazione non migliorerebbe di una virgola. Anzi…

Le chiedo scusa e ammetto di non ricordarmi un accidente di quella sera. Lei mi dice che non fa niente, che anche a lei a volte le capita di non riconoscere le persone.
“Non è mica una tua esclusiva.” Fa lei.
“Si, però devi confessare che non è proprio la stessa cosa.” Lei sorride ancora un po’ e questo mi fa piacere. La sua risata, contenuta e per niente invadente mi fa piacere. È bello sentirla. È una di quelle risate che ti far venir voglia di sparare altre cazzate per il solo motivo di sentirla ancora un’altra volta.
“Ma qualcuno ci stava giocando a biliardo?”

Dopo neppure cinque minuti, durante i quali riesco a farla divertire in modo indicibile con un monologo che mantengo sempre a livelli inumani, ho già capito che se tutto va bene resteremo solo buoni amici. Nient’altro.
Lo intuisco da come lei si sia arresa totalmente a me. Di solito le ragazze prima di farsi lasciar conoscere pretendono che almeno sia passato un po’ di tempo. Tutte le ragazze con le quali sono uscito le prime sere erano sempre così fredde da sembrare un sofficino Findus appena tolto dal frigorifero.
È come, se prima di lasciarsi andare avessero bisogno di conoscermi di più, molto di più. Invece con Federica non è stato così. È sembrato che si sia fidata subito di me.
Inoltre dopo tutte le stronzate che sono riuscito a dire in meno di cinque minuti dubito fortemente che pensi a me come un possibile fidanzato.

Parlare con lei però è un piacere. Era da un po’ che non intrattenevo una conversazione, seppur scherzosa, che riuscisse a farmi star bene. Il più delle volte che finisco col parlare con una ragazza c’è sempre un secondo fine, invece parlare con lei è solo e semplicemente parlare.
Penso sia tutto merito di quest’atmosfera di amicizia che si è subito venuta a creare tra di noi, ma questo non mi dà affatto fastidio. Anzi, mi piace.
Forse è per questo che mi ritrovo con un sacco di amiche e nessuna fidanzata.

mercoledì 21 maggio 2008

Steso sul lettino

IO: "Dottore, è da un po' di giorni che la strada per andare a lavoro mi sembra più lunga."
DOTTORE: "E' la reazione del suo cervello all'allungamento delle giornate."
IO: "No, non credo che sia questo. Mi sembra proprio di metterci un sacchissimo di tempo per arrivare in un punto dove prima mi pareva di arrivarci abbastanza velocemente."
DOTTORE: "Sarà il traffico..."
IO: "No, no. Traffico regolare, come sempre."
DOTTORE: "Beh, potrebbe essere il desiderio di andare in vacanza, la necessità di staccare un po' la spina. In questo modo la parte inconscia del suo cervello cerca ingannare la parte cosciente del suo cervello tentando di ritardare l'entrata a lavoro."
IO: "Mi sembra troppo ricercata e complicata come motivazione."
DOTTORE: "Oppure è la sua zona inguinale che desidera enormemente di farsi una sega."
IO: "..."
DOTTORE: "Faccia così: prima di uscire di casa si faccia una bella sega. Vedrà che tutto ad un tratto la strada per arrivare in ufficio le sembrerà cortissima."
IO: "??!?!!??"

martedì 20 maggio 2008

Marciare al passo dell'oca: Appunti dal Paese Semplice

Sarà che in questi giorni non mi va di scrivere, oppure che oggi è arrivato il nuovo numero di Giap e che è giusto dare voce a chi riesce ad esprimersi meglio... Fatto sta che condivido tutto....

Alla fine il Paese Semplice è arrivato.
Anzi, meglio, il Paese Semplificato. Chi si auspicava questo esito ha il diritto di festeggiare. Non importa quale schieramento si sia sostenuto, e infatti sono in tanti a rallegrarsi per la fine delle contrapposizioni frontali: si saluta una nuova stagione, non avrà più spazio la "demonizzazione" dell'avversario politico.
Con ritrovata serenità si marcia sui campi nomadi, semplici molotov vengono tirate in svariate regioni da nord a sud. Si annunciano sereni e pacati pogrom. La fiammella accesa mesi addietro con l'appello "Il Triangolo Nero" non poteva che essere profetica, e non consola il constatarlo né l'avere intuito che etc.
Cazzotti sciolti, calcioni in libertà, rilassati pestaggi nazisti lasciano morto un ragazzo per strada a Verona. Codino di merda, chi cazzo sei? Ti ammazzo.
Semplici adolescenti dell'estremo sud si rompono i coglioni di una loro amichetta? Ti cancello e ti butto in un pozzo.
Semplificare.
L'immondizia di Napoli deve scomparire. In che modo? Per finire dove? Non è il caso di complicare le cose, per favore badiamo al sodo. E i clandestini? Sono un problema e vanno eliminati.
Si apre una nuova stagione. Stagione lunga, che ha davanti a sé il tempo di lustri e generazioni. La contingenza non può più essere la priorità.
L'emergenza è finita.

La zona dove abito verrà presto chiusa alle auto.
Un mese fa su vetrine, muri e parabrezza del quartiere sono comparsi i cartelli, "No alla pedonalizzazione".
L'altra sera il comitato del No ha convocato un’assemblea per decidere che fare.
Ci sono andato. Ho alzato la mano e ho spiegato che a me la zona pedonale piace, anche se ho due bimbi piccoli e spesso girare in auto mi diventa necessario.
Mi hanno ascoltato per un minuto, incapaci di capire se fossi lì per sfotterli oppure per sbaglio. Poi un signore garbato mi ha interrotto e mi ha spiegato che quella non era una riunione per confrontarsi, ma per decidere come contestare il provvedimento.
Allora mi sono scusato e ho chiesto se la riunione di confronto l'avessero già fatta o messa in programma, perché ci tenevo davvero a spiegare le mie ragioni.
Mi ha risposto una signora, scandendo le parole come si fa con gli stranieri.
- Noi siamo già contrari. A che ci serve parlarne ancora?

Prima Regola: eliminare il dubbio. Il Paese Semplice è un paese a priori.

Uscito dalla riunione, sulla strada di casa, passo davanti ai tavolini di un bar e inciampo in una frase, buttata in mezzo al portico da una ragazza giovane, segni particolari nessuno.
- Certo, - dice con il tono di chi fa una concessione - però gli zingari sono zingari.

Seconda Regola: ridurre il mondo a verità necessarie. X è sempre uguale a X. Il Paese Semplice ammette solo identità.

Ascolto spesso i discorsi del prossimo. In treno, se non ho un paio di cuffie da infilarmi nelle orecchie, sono incapace di leggere, troppo attento a quel che dicono i vicini. A volte mi faccio contagiare anch'io dalla voglia di semplicità. Immagino di essere un agente segreto, assoldato per schedare i responsabili di determinate frasi in stile Borghezio. A seconda del sogno, le persone che segnalo vengono poi deportate in Libia oppure private del diritto di voto. Lo so che non va bene, e infatti mi sveglio, mi schiaffeggio e poi rido della contraddizione: deportare i razzisti o convincerli con la forza.
Il problema è che altri fanno sogni peggiori e non si svegliano affatto.
Ti ammazzano di botte perché hai il codino e non offri una sigaretta.
Ti buttano in un pozzo perché forse sei incinta e gli incasini la vita.
Ti bruciano la casa perché sei rom, o romeno, insomma, quella roba lì.
Tutto pur di restare in pace, al sicuro, lontano dal conflitto.
Una ragazza mi supera a passo veloce. Discute con un amico, forse il fidanzato.
- Che poi i dati delle questure parlano chiaro: non risulta che un bambino sia mai stato rapito dagli zingari. E' una leggenda metropolitana.
Mi metto a correre, la raggiungo, le stringo la mano e prima che il tipo mi metta le mani addosso, sono più o meno in ginocchio che la ringrazio e le chiedo se per caso non ha voglia di andare a parlare con un'altra ragazza, seduta al bar pochi metri più indietro.
Poi arrivo a casa e c’è la tivù accesa sul programma di Santoro.
Castelli, Lega Nord, messo alle strette sulla questione clandestini, si agita.
- La gente ci ha votato per questo - taglia corto - e noi andremo avanti.

Terza Regola: eliminare le minoranze. Nel Paese Semplice democrazia fa rima con maggioranza.

A seguire parte un servizio, credo girato in Romagna, credo per dimostrare che anche i bonari comunisti d'antan non ne possono più degli stranieri. Forse vale la pena ricordare che in provincia di Bologna il giornale più venduto è sempre stato il Resto del Carlino, anche quando il direttore era un entusiasta della Repubblica di Salò. E l’espressione maruchèin (marocchino = meridionale) non è mai stata un complimento, da queste parti.
Intervistano un tizio che con l'aria dell'illuminista sostiene:
- Quelli che lavorano è giusto che restino. Ma i clandestini no, quelli fuori.
Milioni di italiani, di destra o di sinistra, sottoscriverebbero una frase del genere, sentendosi più o meno nipotini di Voltaire.
Se capisco bene, l'uomo che la pronuncia è appena uscito da una fabbrica. Lavora lì insieme a molti stranieri, in gran parte senza permesso di soggiorno. Solo che nella sua cornice mentale clandestino significa "senza lavoro" e non è disposto a modificarla nemmeno davanti ai fatti. D’altra parte qualunque teoria può essere difesa dall’attacco della realtà. Copernico rigettò il sistema tolemaico non perché non riuscisse a spiegare nuovi fenomeni, ma perché per farlo aveva bisogno di calcoli troppo complessi. Il problema non è la scomparsa dei fatti, ma l'uso di un linguaggio allo stesso tempo troppo semplice e troppo oscuro per poterli descrivere.

Quarta Regola: eliminare le informazioni. Il Paese Semplice ammette solo tautologie.

Ci sono leggi che si scrivono per sancire l'illegalità, l'arbitrio, l'assenza di diritto.
L'attuale legislazione italiana in materia di immigrazione dai paesi extra-comunitari (promulgata da un governo di centrodestra e lasciata tale e quale dal governo di centrosinistra) è un caso paradigmatico.
La legge Bossi-Fini stabilisce che per ottenere un permesso di soggiorno è necessario avere un contratto di lavoro. Ma per avere un contratto è inevitabile... venire in Italia. Ovvero entrare clandestinamente, trovare un datore di lavoro disponibile, il quale spedirà una formale richiesta di assunzione all'ambasciata italiana nel paese d'origine, fingendo di non avere già in organico il lavoratore (in nero). Il quale lavoratore dovrà poi tornare al suo paese a proprie spese, fingere a sua volta di non essere mai entrato clandestinamente in Italia, presentarsi all'ambasciata italiana per ottenere i documenti e quindi rientrare in Italia da regolare.
Che l'iter sia questo lo sanno anche i sassi, ma tutti, dai legislatori alle autorità preposte al personale diplomatico, fino ai diretti interessati, fanno finta di niente. Nessuno affiderebbe la cura dei propri anziani o della propria casa a un estraneo, che in teoria dovrebbe vivere a Kiev, a Bucarest o a Manila. Vogliamo parlarci, vederla in faccia, la persona che cambierà il pannolone a nostra nonna, sapere qualcosa di lei, prima di assumerla, metterla in regola (ammesso che si sia disposti a farlo). E possiamo scommettere che anche l'impresa edile che ci ristruttura casa non ha assunto il muratore rumeno sulla parola, scegliendolo da una lista di collocamento internazionale.
Ci sono leggi "contro la clandestinità" che si fanno per favorire la clandestinità.
Il dipendente perfetto è quello che deve al proprio datore di lavoro la garanzia di non essere sbattuto in un CPT, quello sottoposto al doppio ricatto di perdere il lavoro ed essere espulso oltre frontiera.
Ci sono leggi che sembrano paradossali, ma in realtà rispondono a una logica ferrea. Quella dell'esclusione per poter includere al minor costo possibile. Quella del profitto spacciato per sicurezza. La stessa logica che porta a gridare "padroni a casa nostra" mentre si appoggiano operazioni di guerra in casa d'altri.
Quelli che per ultimi in Europa si sono sbarazzati di un regime fascista e ne hanno ancora fresca memoria se ne sono accorti che l'Italia sta marcendo al passo dell'oca (no, non è un refuso, marciare è troppa fatica) e ce lo dicono in faccia. Gli spagnoli non ci vanno certo teneri con gli immigrati, men che meno con i clandestini, ma in Spagna non si respira l'aria pesante che asfissia il Paese Semplice, togliendoci l'ossigeno necessario a riconoscere le cose e chiamarle con il loro nome. Colpa dei miasmi della spazzatura, dei gas di scarico, dell'odore di benzina bruciata.
Per onorare le promesse elettorali si è appena istituito un Commissario straordinario ai rom. Le istituzioni si occuperanno degli zingari. Non di cittadini italiani o stranieri, ma di un'etnia. E' un bel salto di qualità, un passo in avanti nella storia a ritroso di questo paese e di questo continente. E possiamo stare certi che ci sarà sempre qualcuno disposto a discuterne... pacatamente, serenamente.

lunedì 19 maggio 2008

ANDIAMO A VEDERE LE LUCI... DELLA CENTRALE ELETTRICA!


Il nuovo amore si chiama "Le Luci Della Centrale Elettrica" e l'ho scoperto, come sempre, grazie al mio caro fratellone.
Da quanto ne sono innamorato non saprei neppure dire cosa mi piace, o i motivi di tutto questo attaccamento; non riesco neppure a dire qualcosa di non banale per descriverne la bellezza. Sono caduto in quel vortice in cui cadono tutte le persone infatuate, di qualcuno o di qualcosa: in ogni attimo, in ogni momento non si riesce a non pensare all'oggetto del proprio desiderio. Lo si immagina, lo si sussurra; si gusta il sapore che percorre le labbra quando si pronuncia con un filo di voce il suo nome. Ci si trova così come imbecilli a canticchiare versi, ritornelli, strofe, o addirittura canzoni intere, mentre gli altri che ti stanno attorno ti guardano con aria interrogativa. Chi è malato di musica capisce quello che intendo.
Canzoni da Spiaggia Deturpata è un piccolo, minuscolo gioiello che brilla di una luce opaca ma splendida. Non è qualcosa di eclatante, come potrebbe essere un raggio di sole nel bel mezzo di una notte scura, o lo splendore di un diamante dentro una caverna a chilometri e chilometri di profondità. E' qualcosa che va cullato tra le braccia, da tenere stretto e da avvolgerlo premurosamente per riscaldarlo. Un piccolo oggetto da accudire come un bambino, da costudire gelosamente, e da trattare con cura: vedrai che poi ti ripagherà in modo più che soddisfacente, innondando ciò che hai dentro con la sua grazia, la sua poesia e la sua sincerità; calmerà, rendendolo piatto e docile, navigabile e balneabile, quel piccolo mare inquieto che trova spazio tra cuore e stomaco.

venerdì 16 maggio 2008

Per Combattere L'Acne

La notte atomica che ci ha rimboccato le palpebre
Guardare il cielo malconcio di Chernobyl da qui
Esprimere desideri
Quando vedi scoppiare navicelle spaziali
O moduli lunari
Russi o giapponesi
O americani
Arrampicarsi sulle impalcature per prendere il sole
E rivenderlo a qualche spacciatore
Lavarsi i denti con le antenne della televisione
Durante la pubblicità
Ho abbassato le saracinesce dei negozi
Sui miei occhi
Con le nostre discussioni serie si arricchiscono solo le compagnie telefoniche
Siamo l'esercito del Sert
Siamo l'esercito del Sert
Siamo l'esercito del Sert

A Parigi dici che non volano mosche
Benedirci in chiese chiuse
E in farmacie compiacenti
Sposarci con i cerotti usati
In passeggiate su spiagge deturpate
Le piazze sono vuote
Le piazze sono mute
Per combattere l'acne
Sono tutti in ferie
Maratone sulle tue arterie
Sulle diramazione autostradali
Sui lavori in corso solo per farti venire
E invidiare le ciminiere perchè hanno sempre da fumare

Le notti inutili
E le madri che parlano con i ventilatori negli inceneritori
Le schede elettorali
E i tuoi capelli che sono fili scoperti
Costruiremo delle molotov con i vostri avanzi
Faremo dei rave
Sull'Enterprise
Farò rifare l'asfalto
Per quando tornerai
Siamo l'esercito del Sert
Siamo l'esercito del Sert
Siamo l'esercito del Sert

E i tuoi capelli
Che sono fili scoperti
Che sono nastro isolante
Che sono fili scoperti
Che sono nastro isolante
Che sono fili scoperti

giovedì 15 maggio 2008

Afterhours, Firenze 13 Maggio 2008

L'ultima volta che li avevo visti era stato per il tour di Quello che non c'è. Avevano suonato alla Stazione Leopolda, un posto molto adatto a loro, per l'epoca. Avevano iniziato proprio con Quello che non c'è. Li rivedo quest'anno, al Saschall, e loro chiudono con Quello che non c'è. Strano no? Nel mezzo ci sono due album e mezzo: Ballate per piccole iene, e la relativa traduzione in inglese, e I milanesi ammazzano il sabato. Il primo mi aveva entusiasmato, facendomi vedere che la strada iniziata con Quello che non c'è non sembrava essere malvagia, nonostante non ci fosse più a camminare insieme a noi un certo Xavier Iriondo; il secondo invece mi ha lasciato un po' con l'amaro in bocca: a parte alcuni episodi gradevoli, dove però c'è più di un'ombra alle spalle (Neppure carne da cannone per Dio attacca come gli White Stripes), il resto del disco mi sembra essere un mezzo passo falso, quasi da farmelo definire come un secondo Non è per sempre.
Per questo non mi sento molto colpevole/imbarazzato/deluso nel dire che il concerto dell'altra sera me li ha fatti vedere un po' in fase calante. Con una scaletta diversa magari avrei pensato in modo più positivo, ma la totale assenza di pezzi da Germi e la riproposizione quasi per intero proprio di I milanesi ammazzano il sabato (con le cartucce migliori sparate tutte ad inizio concerto) fa si che il giudizio non sia proprio entusiasmante.
Nonostante questo il concerto è stato godibile e quando Agnelli e compagni decidono di picchiar duro lo fanno sul serio, solo che ci sono state alcune cose... Già il posto, anche se so che sono solo seghe mentali, era un posticino per persone agiate, rispetto alla Stazione Leopolda e alle varie piazze dove li ho visti; la prima volta che li vidi tornarono sul palco per i bis in mutande, ora il primo bis lo fanno in mezzo al pubblico con un versione acustica di Voglio una pelle splendida (idea che poteva essere anche carina, ma farlo solo per una sola canzone... già che c'erano potevano proporre un mini set acustico e poi tornare sul palco con un altro bis).
In sostanza, tornando a casa, nelle orecchie risuonavano ancora le note e le canzoni, ma nella testa c'era sempre un pensiero subdolo che faceva capolino e che faceva pensare che i migliori Afterhours li avevo già visti. Se i Marlene hanno cambiato strada, arrivando ad album affascinante come Uno passando per cadute come Bianco sporco, c'è sempre la speranza che gli Afterhours facciano altrettanto e che il prossimo album sia un nuovo Quello che non c'è.

mercoledì 14 maggio 2008

Un altro fantastico post di chinaski77

Questa mattina, durante la consueta lettura del catechismo, mi sono imbattuto nella parte che tratta della castità (che io mi sono giocato a nove anni con un tubo di palline da tennis), delle offese alla castità, della castità tra fidanzati e dell’amore – se così si può chiamare - degli sposi, e ne ho dedotto che sono ormai quasi del tutto estinte le mie già flebili chance di entrare nel regno dei cieli. Ma sono preoccupato anche per i giovani, e intendo dire tutti quei giovani che sono stati confusi a suon di bizzarre teorie mistico-metafisiche e chissà come convinti a fare un non uso o un uso pervertito dei propri organi genitali.
Non starò qui a criticare l’idea che il sesso sia un peccato e che si debba farlo solo al fine di procreare, perché sarebbe come prendere a calci un bambino cieco su una sedia a rotelle senza ruote. D’istinto verrebbe da dire che non ha molto senso creare un essere con un arnese capace di scaricare settecento grammi di dopamina a botta (letteralmente) e poi dirgli che è la sua parte peggiore e che sarebbe alquanto spregevole usarla:

Dio: sai, Gerolamo, ho pensato di aggiungere all’uomo un pulsante per scariche dirette di dopamina purissima.
Gerolamo: molto generoso da parte sua, Signore. Questo potrebbe aiutarlo a sopportare meglio le avversità della vita.
Dio: certo. E ho pensato anche di mettere una legge che ne vieti l’uso.
Gerolamo: …
Dio: buahah! E senti questa: a un certo punto le cellule possono impazzire, produrre palline e ucciderlo dopo una tremenda agonia!
Gerolamo: temo che così si suicideranno tutti, Signore.
Dio: vietato anche quello! Ah ah… sarà uno spasso, vedrai.

Sono più interessato, invece, a come i cattolici, nel distinguere una sessualità buona da una cattiva, promuovano caratteristiche a dir poco inquietanti, come l’ordine e la tenerezza.
L’uso della coppia concettuale ordine-disordine, dal sapore marcatamente psichiatrico, rende difficile immaginare come dovrebbe essere un ordinato rapporto sessuale tra ordinati coniugi cattolici:

- tutto bene, cara?
- sì, grazie, continua pure.
- abbiamo quasi finito.
- molto bene.
- cara?
- sì, amore?
- pensi che sarebbe troppo disordinato spostare per un po’ la nostra unione nel tuo sedere?
- temo proprio di sì, amore.
- non che mi andasse.
- lo spero bene.

Vi sono altre attività umane dove l’ordine è molto importante. Ad esempio gli scacchi

- mano sinistra sul tuo culo, tesoro.
- mano destra sul tuo fianco, amore.
- mano destra sulle tette.
- lingua nel tuo orecchio.
- pene nella tua vagina.
- arrocco.

Anche la tenerezza esprime il rifiuto per il lato istintuale dell’uomo. Travolgente non è ordinato, passionale non è tenero. Il preservativo non è tenero. Però, a pensarci, non usarlo sarebbe disordinato. E più coinvolgente, no? Coinvolgente va bene? Coinvolgente ma non travolgente? Va beh. È risaputo che i cattolici si servono di una logica a cubo di Rubik, dove mettere a posto una faccia significa incasinare tutte le altre. Comunque l’idea che il sesso debba essere tenero mi fa venire i brividi:

- è bellissimo rimanere abbracciati per ore con te, caro.
- bellissimo.
- quando ci abbracciamo così non ho bisogno d’altro e sento le nostre anime che si fondono.
- anch’io sto fondendo.
- come dici?
- niente. Senti, che ne diresti di fare un gioco?
- uh, sì! Che gioco?
- un gioco.
- e come funziona?
- funziona che tu chiudi gli occhi, apri la bocca e io ci metto dentro una cosa e tu devi capire che cos’è succhiandola per una mezzora.
- …
- è facile.

Uno potrebbe pensare che tutto questo avviene prima del matrimonio, quando non bisogna sbilanciarsi. Cioè, no. Non riesco a immaginare una motivazione logica per questa cosa, ma facciamo finta. E invece, secondo loro, questo sarebbe il dopo, il sesso tenero e ordinato, dico. Prima c’è la continenza, ovvero abbracciarsi per anni facendosi venire probabilmente chilometri di erezioni inutili e senza nemmeno la possibilità di masturbarsi (mancava una pianta di peperoncino nel culo e il servizio era completo).
La continenza è proposta (con gaudio) come una prova. Come le dodici fatiche di Asterix, insomma, ma senza la pozione. In teoria due fidanzati dovrebbero stare per tutto il tempo del fidanzamento senza fare sesso. Si possono abbracciare ogni tanto, persino baciare (teneramente), ma niente fornicazione o che altro. Perché è una prova. Dopodiché si sposano e lei scoprirà non solo il reciproco rispetto, ma anche che lui aveva un pene grande quanto un omino dei Lego. Anche quella è una prova. Ci sta insieme cinquant’anni senza tradirlo e cercando di adoperare il minuscolo aggeggio, finalmente ce la fa, in qualche modo, e si consola con l’idea che almeno avrà un figlio, ma viene fuori che lui è sterile. Altra prova. Poi muore (prova), e c’è il paradiso e in paradiso niente sesso perché è come nei saloon, che si entra senza la pistola. Altra prova, stavolta infinita. E poi basta.
Alla luce di tutto questo, ho pensato di venire in aiuto ai giovani cattolici per aiutarli a capire meglio alcuni errori che commettono senza però rendersene conto, ma per ragioni di spazio non lo faccio adesso.



L'originale si trova qua: http://chinaski77.splinder.com/post/16900822

martedì 13 maggio 2008

Paraffina

La paraffina è il nome corrente dato ad una miscela di idrocarburi solidi, in prevalenza alcani, le cui molecole presentano catene con più di 20 atomi di carbonio. È ricavata dal petrolio e si presenta come una massa cerosa, biancastra, insolubile in acqua e negli acidi.

I suoi principali impieghi sono nella fabbricazione di candele, lubrificanti, isolanti elettrici, per la patinatura della carta e per produrre cosmetici e gomme da masticare.

Anche grazie alla sua insolubilità in acqua, tale materiale viene utilizzato nel Surf: si stende sulla tavola da surf prima di entrare in acqua per far sì che il surfista non scivoli sulla superficie liscia della tavola stessa. Per questa applicazione esistono diverse marche che la producono con colori e odori a scelta.

Altra analoga applicazione, sempre in campo sportivo, sono alcuni tipi di scioline: sostanze che vengono applicate sul lato degli sci che poggia sulla neve per migliorarne le prestazioni. Pur essendo chiamate tutte scioline, i materiali utilizzati sono diversi a seconda che si parli di sci di discesa o sci di fondo. Nel primo caso, ove si cerca di aumentare le capacità di scivolamento degli sci, allo scopo di raggiungere velocità più elevate, si impiegano anche alcuni tipi di paraffine.

Proprietà chimico-fisiche
La paraffina raffinata è bianca, leggermente traslucida, insapore e inodore, untuosa al tatto. La sua purezza è indicata dal punto di fusione, che per le qualità correnti varia da 50 a 70 ºC. È sostanzialmente formata da idrocarburi saturi ad alto peso molecolare, detti paraffinici.

Scoperta verso il 1829 da Reichenbach nel catrame di legno, la paraffina esiste anche allo stato naturale.

La sua preparazione industriale costituisce attualmente parte del trattamento degli oli di petrolio, la cui deparaffinazione è un'operazione fondamentale. Negli oli lubrificanti sono presenti sia le n-paraffine, ad alto punto di fusione, sia le isoparaffine, a basso punto di fusione. Queste ultime sono note col nome commerciale di petrolato o paraffina microcristallina. Un tempo la deparaffinazione avveniva per refrigerazione e il petrolato era ottenuto per decantazione e la paraffina per filtrazione. I moderni impianti usano l'estrazione con solventi (propano, metiletilchetone, benzene, ecc.) nei quali paraffina e petrolato sono poco solubili. La separazione della paraffina dal petrolato avviene per refrigerazione.

Usi
La sua prima e più importante utilizzazione riguarda la fabbricazione delle candele: in tal caso viene addizionata di acido stearico, fino al 10%, per renderla meno fusibile. Per la sua insolubilità in acqua e la resistenza agli agenti chimici, trova impiego nella fabbricazione di imballaggi impermeabili, di cere per pavimenti e per mobili, di articoli da toletta, ecc., oltre che nella fabbricazione dei cerini, nell'industria tessile e in farmacia. Viene utilizzata anche nella lavorazione del formaggio tipico molisano e non solo: il caciocavallo. Appena realizzati, i caciocavalli vengono immersi in una bacinella d'acqua contenente paraffina che crea una sotile pellicina trasparente che li rende nel tempo protetti da muffa e umidità.

Cosmetica
La paraffina liquida (nome INCI: Paraffinum Liquidum, Petrolatum, e il suo derivato Cera Microcristallina) è molto usata nel settore cosmetico come agente filmante, dando la sensazione di levigatezza. Sebbene abbia una indiscussa azione antidisidratante, in virtù del suo potere filmante, essa occlude i pori della pelle, impedendone la corretta traspirazione.

venerdì 9 maggio 2008

Hits Of Sunshine (For Allen Ginsberg)

today i
said goodbye
to my conflicted goddess
her lush eyes
show surprise
at how we could gather knowledge
the painting has a dream
where shadow breaks the scene
and the colors run off
blue is bashful
green is my goal
yellow girls are running backwards
until the nextime
with six hits of sunshine
the lights will blind up with blues in haiku
the shadow has a dream
where painters look to sea
the colors burn out
now i know where
i once saw you
stepping into muddy water
john’s reflection
decried perfection
now you walk him through the gardren
waiting in the wings
painters shade their dreams
with falling colors
see me wave good
bye forever
happiness the goddess lover
hurry back re
member last time
the hits of sunshine
the hits of goldmine
i’ll see you back tonite
where painters love the light
and yellow shadow girls

today i
say goodbye
to my complicious goddess
her hushed eyes
show surprise
and how we captured knowledge
i’ll see you back tonite
where shadows dream of light
let’s slip on outside

giovedì 8 maggio 2008

Grindhouse: A Prova di Morte


Che Tarantino nutrisse un amore spropositato verso i vecchi B-movie, o addirittura trash-movie, lo si era capito già da un po', ma fino ad ora si era sempre guardato bene dal dirigerne uno. E' stato necessario l'aiuto dell'amico Rodriguez, che gli ha proposto questo progetto strano e molto retrò che prende il nome di Grindhouse, per fargli compiere questo passo. E beh, che dire: poteva anche risparmiarselo.
Dopo Kill Bill (1-2) veder tornare alla regia Tarantino con questo filmucolo lascia un po' l'amaro in bocca, sia per come poteva impiegare meglio il suo tempo, che per la strana sensazione di una occasione mancata. L'unica nota positiva, o meglio: l'unica nota che eleva il film dal magma di tutti gli altri film mediocri, è la divisione della storia in due parti nette. Per il resto è semplice e normale routine: effetto vecchia pellicola nella prima parte, con leggere righe bianche che passano sullo schermo (carino), e passaggio secondo me senza senso dal colore al bianco e nero, per poi tornare al colore, nella seconda parte (irritante).
Gli attori giocano: Kurt Russel fa il bullo; Rosario Dawson fa la fighetta che pare essere passata di lì per caso; la sosia di Halle Berry capelluta fa la Halle Berry scazzata.
Piccolo nota a pié di pagina: autocitazionismo nella scena della stazione di servizio. Riconoscete la suoneria del cellulare di Rosario Dawson?

Giudizio: Tv



  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema

  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio

  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv

  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

mercoledì 7 maggio 2008

Istruzioni di Presunzione (Teoremi NN. 1, 28 e 131)

Scoperto da poco, ma molto interessante:

Ho notato che su questo pianeta bisogna fare un po' i gradassi se si vuole essere rispettati. Non lo dico con moralismo, anzi, secondo me uno che si mostra umile e sottomesso non ha nessun diritto di lamentarsi se viene considerato una nullità, in fondo è quello che vuole. La vita è talmente breve che non c'è tempo di farsi domande, è già tanto se uno riesce a capire se può essere utile portarsi nella bara lo spazzolino e la biancheria di cambio, figuriamoci se, di fronte a uno che si è appeso al collo un cartello con scritto "non valgo niente", ci si può fermare e chiedergli "scusa, è vero che non vali niente o sei solo molto modesto?", "forse non vuoi correre il rischio di deludermi?", "stai cercando di dirmi che in fondo nessuno vale niente?", "lo fai solo per non mettere in soggezione gli altri perché, in realtà, sei un genio?", eccetera, eccetera, eccetera. Naturalmente la risposta a tutte queste domande è una sola: "chi se ne frega". Non c'è tempo. Se uno ci tiene tanto a passare per una nullità, avrà le sue buone ragioni.
Quindi la prima fondamentale legge di ogni teoria sulla presunzione è questa:

N.1. Il mondo è dei presuntuosi e meno male.

Da ciò segue immediatamente un corollario di una certa importanza: se un mansueto è in una posizione di rilievo i casi sono due: o è un ipocrita o ha due tette enormi.

N.28. Il presuntuoso non si fa mettere i piedi in testa.


Scusa hai d'accendere?

Non si può fumare.

Certo...

È vietato.

Dimmi solo se hai d'accendere, il resto sono fatti miei.

Veramente il locale è mio.

Questo cesso?

Proprio.

Complimenti, hai d’acc --

Ora levati dalle palle.

Fei un baftavdo...

Fuori.

Fì.


Un errore comune è confondere il presuntuoso con lo spaccone. Entrambi hanno un'altissima stima di sé, ma mentre il primo la limita all'ambito intellettivo, il secondo la estende a quello fisico, con spiacevoli conseguenze per la propria salute. È stato calcolato che lo spaccone ha una vita media di circa trentadue anni, dopo di che decade in un presuntuoso più 36 particelle odontoiatriche.

N.131. Il presuntuoso ha sempre ragione.

Dimostrazione.
Immaginiamo un'ipotetica conversazione fra un presuntuoso (PRE) e un pusillanime (PUS) e supponiamo per assurdo che il presuntuoso abbia torto. PUS cercherà gentilmente di far emergere le contraddizioni di PRE con sottili perifrasi, elaborati eufemismi, similitudini di similitudini di similitudini e riempiendogli generosamente il bicchiere nella speranza di ottenere la sua benevolenza. Ora, poiché i presuntuosi reggono l'alcool benissimo (teorema N. 61), PUS si sbronzerà, mentre PRE cambierà discorso inopinatamente e capziosamente più e più volte finché giungerà ad affermare: "Hegel non sapeva sciare", verità incontrovertibile e mai confutata nemmeno dal diretto interessato.
Con questo si conclude la dimostrazione, poiché il caso di un dialogo fra due presuntuosi è vietato in natura.


L'originale si trova qua: http://comablog.splinder.com/

martedì 6 maggio 2008

Invidiosa Luna


Eravamo giovani, e quando sei giovane pensi che esistano delle scorciatoie, e che tutto stia nel trovarle.

Ed era proprio questo a terrorizzarmi. Pensare a quei momenti di assoluta consapevolezza, in cui sapevamo che la barca stava andando a fondo, perché lo leggevamo l’uno nel volto dell’altro. Come sarebbe stata quella paura? Tangibile, come un pugno sul visto? O più pacata… quel genere di paura che ci avrebbe messi in ginocchio?
Non lo dissi mai a nessuno, ma era per questo motivo che pensavo che morire sarebbe stata la parte più facile. Chiudevi semplicemente gli occhi, e andavi a dormire.
E, sulla sedia del capitano, mentre fissavo le stelle, mi chiesi perché mai lo facessimo, perché accettassimo di correre un rischio simile. Ma la risposta già la conoscevo. Lo facevamo perché eravamo nati per questo. Perché era l’unico lavoro che sapessimo fare. Perché in esso si celava una semplice verità, che difficilmente si trova in questa vita. Eravamo uomini che uccidevano pesci. Non era nulla di più complicato. E, quando ci pensi in questi termini, riesci a comprendere il senso di libertà che deriva dal nostro mestiere. La libertà di conoscere la tua posizione, di vedere la tua relazione con le cose.

Pronunciai il suo nome a voce alta, perché volevo sentirlo rotolare sulla lingua.

Restammo lì seduti, in silenzio. Poco dopo, Hannah si alzò, prese i piatti e li portò dentro. Io volsi lo sguardo verso il punto in cui il sole cominciava la sua discesa. Il tramonto sarebbe stato magnifico. Il cielo si stava già tingendo di un rosso profondo. Alla mia sinistra c’era la luna, poco più di una traccia ai margini di tutto.

Poi, quando ebbi esaurito i miei aneddoti, Hannah mi disse dolcemente: “Puoi baciarmi, se vuoi.”

Un’altra giornata di sole in una sfilza di giornate di sole.

Era una bella giornata, e avevo il sole e l’acqua per nuotare. Se mi andava, potevo pescare. Non avevo bisogno di fare nulla. Così, pensai, questo è l’amore. Perché avevo il sole e l’acqua e tutto il tempo che l’estate poteva concedermi, e non volevo nessuna di queste cose. Tutto quello che desideravo era Hannah.

Poi Hannah emerse dall’ombra: era in piedi, accanto al punto in cui ero seduto, ma non la guardai. Sentii il cuore diventare più leggero, ma non volevo che lo vedesse, così continuai a osservare la marea.
“Mi dispiace.” Disse.
“Siediti.”
Si mise accanto a me, le gambe incrociate come un’indiana. “Tu non mi metti in imbarazzo.”
“No?”
“No.”
“Non ti credo.”
“Quelle ragazze non sono amiche mie.”
“Non m’importa.”
“La città è piccola, e non mi va che la gente sappia quello che faccio.”
“Non sarei dovuto venire, tutto qui.”
“Mi dispiace.” Ripeté.
“È tutto ok.” E dicevo sul serio. Adesso ero solo felice. Hannah era venuta a cercarmi. Per la prima volta, non ero io a correrle dietro.

Probabilmente tutti noi raggiungiamo un punto, nella nostra vita, in cui la memoria rappresenta tutto ciò a cui possiamo aggrapparci. In un certo senso smettiamo di vivere, tranne che nella nostra mente.

Rotolò lontano da me, perché non potessi vederla in faccia, e io riportai il mio sguardo verso la finestra; adesso, le gocce di pioggia sembravano barre d’argento.

La verità è che, talvolta, abbiamo bisogno che un’altra persona ci insegni a essere vivi.

Mi viene voglia di rispondergli: mi dica qualcosa che non so già. Ma non lo faccio. A che scopo? Abbiamo già avuto di queste discussioni, riguardo alla verità. Il dottor Mitchell pensa che sia un concetto assoluto: una cosa o è vera, o non lo è. Io gli dico che sarebbe bello se il mondo fosse così semplice, ma so che è un’illusione. Spesso, la verità è una questione di prospettiva. È possibile che io, dalla mia posizione, veda le cose in modo diverso da come le vede lui, dalla sua. E questo non rende la mia visione e la mia comprensione della realtà meno valide. Solo differenti.

Avrei voluto dire molto di più. Non avevamo mai litigato, prima. Mai veramente, come adesso. Non volevo che cambiasse nulla, tra noi. C’erano già tante cose nel mondo, fuori da quella stanza, che cospiravano per tenerci lontano, ventiquattr’ore su ventiquattro.

Qualche volta è più semplice smettere di combattere.

Thomas Christopher Green

lunedì 5 maggio 2008

Aprile 2008


"Fuggiremo il riposo
fuggiremo il sonno
supereremo in velocità l'alba e la primavera
e prepareremo giorni e stagioni a misura dei nostri sogni."

Paul Eluard