giovedì 31 gennaio 2008

Mr. Magorium's Wonder Emporium


A volte la distribuzione italiana è davvero un mistero. Il motivo per cui un film come questo non è stato fatto uscire durante il periodo natalizio per me è inspiegabile, un po' come la gravità, la conduzione dell'elettricità, e (a volte) le donne.
A parte tutto questo la bottega di Mr. Magorium è una pellicola che molto probabilmente verrà etichettata "da bambini", e forse pure lo è, ma a me, se devo dirla tutta, mi è davvero piaciuta. E non è perchè è un film che faccia ridere, o perchè è pieno di stupidaggini che potrebbero piacere o non piacere: no. Mi è piaciuto perchè è intriso fino al midollo di quella magia fanciullesca che hanno le cose di cui mi innamoro.
In più il cast: Dustin Hoffmann, un bambino nei panni di un adulto; Jason Bateman, un ottimo caratterista; Zach Mills, favoloso bambino che colleziona cappelli. E poi: Natalie Portman, semplicemente adorabile, con i capelli corti post-V.
Lo ammetto, non fosse stato per lei molto probabilmente questo film me lo sarei perso, oppure l'avrei visto in tv dopo anni e anni.
Il giudizio a mio avviso sarebbe da Cinema, ma a chi non piace il genere potrebbe benissimo essere da Passeggiata. Un film che divide, come si dice.

Ps. Fantastici i titoli di coda.

Giudizio: Cinema

  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

mercoledì 30 gennaio 2008

Alice

In un mondo dove l'irreale, almeno per me, è diventato reale; dove tutto quanto sembra essere portato all'estremo, o essere moltiplicato per miliardi e miliardi; dove i culi sono sfondati con facilità impensabile, e tutto quanto con una felicità da sfoggiare con gioia sacrale; lo svegliarsi la mattina mi pare proprio uguale a tutti gli altri giorni, solo che io esco dalla porta sul retro, mentre tutti gli altri escono dalla porta che dà sulla strada. Il risultato è che io mi trovo in un mondo, quello che per me è normale e penso sia normale, mentre gli altri vengono catapultati in un universo parallelo che ha regole simili al mio mondo, ma che al tempo stesso sono del tutto diverse.
Mi sento un po' Alice, quando passa attraverso lo specchio. Ma se devo dirla tutta, e credetemi non mi sento affatto stupido a dirlo, io mi tengo molto stretto il mio mondo, quello che sta al di qua dello specchio e non al di là. Me lo tengo ben stretto e guai a chi volesse trascinarmi dall'altra parte.

martedì 29 gennaio 2008

Giorni della merla

I cosiddetti giorni della merla sono, secondo la tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio, ovvero il 29, 30 e 31; sono considerati i giorni più freddi dell'inverno.

Il nome deriverebbe da una leggenda secondo la quale, per ripararsi dal gran freddo, una merla e i suoi pulcini, in origine bianchi, si rifugiarono dentro un comignolo, dal quale emersero il 1º febbraio, tutti neri a causa della fuliggine. Da quel giorno tutti i merli furono neri.

Secondo una versione più elaborata della leggenda una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da Gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva a aspettare che la merla uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di Gennaio, che allora aveva solo 28 giorni. L'ultimo giorno del mese, la merla pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio si risentì talmente tanto che chiese in prestito tre giorni a Febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo, pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino, e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì, salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito tutto per i fumi e così rimase per sempre.

Come in tutte le leggende si nasconde un fondo di verità anche in questa versione possiamo trovarne un po', infatti nel calendario romano gennaio aveva solo 29 giorni che probabilmente con il passare degli anni e del tramandarsi oralmente si tramutarono in 31.

Into The Wild


Meglio dire tutto subito e togliere di torno qualsiasi dubbio: questo è un gran bel film, il fatto che non sia stato candidato all'oscar è uno scandalo che mi ha fatto rivalutare una volta di più questa specie premio. Come si fa a nominare Espiazione o non Into The Wild? Ma lasciamo perdere...
Storia reale, triste non tanto per il finale ma per come vi si arriva. Grandi paesaggi e vaste atmosfere, tant'è che quando Christopher (il protagonista) si trova verso metà pellicola e tornare in una metropoli, quasi dà fastidio agli occhi.
Il viaggio, inteso come ricerca di una propria identità, sfocia così in Alaska, il punto di arrivo dove Chris trova la risposta che cercava; ma sono le varie tappe che forse lo formano più del lungo periodo di "esilio" volontario nelle terre selvagge. In ogni luogo dove si ferma ha la possibilità di conoscere persone, di instaurare conoscenze, ricevere e dare qualcosa da e a chiunque.
Il film è lungo, ma non lo si sente minimamente. Uno dei migliori visto di recente.

Ps. Piccola curiosità: la colonna sonora firmata da Eddie Vedder. In America è stata accolta come un evento, il primo disco solista del cantante dei Pearl Jam, atteso dai tempi di No Code, datato 1996. Tutte le canzoni si intrecciano al film, e non sono semplici accompagnamenti musicali, fanno proprio parte del modo di raccontare la storia. Cosa più unica che rara in Italia hanno deciso di tradurre con i sottotitoli i testi delle canzoni.

Giudizio: Cinema

  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

venerdì 25 gennaio 2008

Uh?

Istruzioni:

prendere il libro più vicino e/o a portata di mano
sfogliare fino a pagina 123
contare le prime 5 frasi
riportare nel Blog le 3 frasi successive


Io domando pietà se ti ho fatto arrabbiare in qualche modo ma volevo essere veritiero e ridicolo come suggerivi tu. Credi che io sia ridicolo? Voglio dire, ridicolo per mia intenzione, non ridicolo perchè faccio cose da scimunito.


..:: Jonathan Safran Foer -- Ogni Cosa è Illuminata ::..

giovedì 24 gennaio 2008

Non Lo So

Ancora penso ad Heath e non riesco a togliermelo dalla testa. Non si sa con precisione cosa sia successo, se suicidio, overdose, o fatalità di sonniferi e medicinali vari, e come spesso accade in queste situazioni penso mai lo sapremo.
Sia accaduto quello che è accaduto, non so come dimenticare lo scoramento che mi è crollato dentro quando ho letto il messaggio mandatomi da mio fratello.
Non so perchè. Forse perchè era un attore che cominciavo ad apprezzare, e che reputavo molto bravo; oppure perchè sentire di una persona che muore a neppure 30 anni fa sempre un certo effetto.
Non lo so.. davvero. Però...
Passare la notte sperando che sia tutto uno scherzo... ed arrivare a mattina, rendendoti conto dalle notizie che circolano che purtroppo è tutto vero...
Non so... ma ti abbatte. Ti succhia via tutte le energie. E ti lascia sanguinante al bordo della strada.

martedì 22 gennaio 2008

La Dieta del Fare

Alcuni giorni sono strani, e non sto parlando del tempo o dell'aria; sto parlando di quella strana voglia di riempire il tempo che ogni tanto mi prende. Forse il termine più adatto è apatia, ma non credo, o per lo meno non voglio pensare, di essere ridotto così male. Non ho voglia di fare nulla, o meglio: vorrei poter fare qualcosa di diverso, ed in certi momenti mi pare pure di esserne convinto. Poi invece, quando ho del tempo libero e potrei fare qualsiasi cosa mi venga in mente, mi trovo a non fare assolutamente nulla. Il tempo passa e non mi rimane nulla tra le mani, se non l'odioso pensiero di dire: "Si, ok. Lo farò domani."
E' il corrispettivo materiale dell'eterno rimando di cominciare una dieta.
Grasso Corporeo : Dieta = Questo Pensiero : Cose da Fare.

Peccato, perchè di cose da fare ne avrei. E può sembrare strano, ma avrei anche un po' di cose da dire...

lunedì 21 gennaio 2008

Running With Scissors


Avendo letto prima il libro, ciò che salta subito all'occhio durante la visione del film è il cambio di registro con il quale la storia è stata trasportata sulla pellicola. Là dove i toni erano distaccati ed ironici nel film si è deciso di sottolinearli in modo molto più drammatico. Così facendo Augusten non è più un adolescente tranquillo e un po' apatico al quale tutto sembra scivolargli più o meno addosso, che passa il tempo a riportare con vena ironica e sarcastica tutto quello che gli accade intorno; ma diventa un piccolo adulto intrappolato dentro il corpo di un ragazzino, che guarda il mondo surreale che lo inghiotte in modo distaccato e critico.
Il bello del libro era che nonostante sapessi che tutta la storia era tratta dalle memorie dell'autore, a volte ti veniva da domandarti se alcune cose potessero essere accadute, per quanto irreali erano; il film invece sembra cercare di evitare questa sensazione nello spettatore facendo in modo di rendere reali anche le cose più assurde.
Il termine che mi viene in mente per definire tutto il lavoro è: appiattimento. Come se ogni cosa che nel libro era tridimensionale fosse stata riportata ad una visione bidimensionale (tutte seghe mentali post-cinematografiche-atomiche-psicologiche, lo so).
Restano la bella prova di Annette Bening, e la bellezza acerba ma allo stesso tempo già fiorita di una splendida Evan Rachel Wood.

Giudizio: Tv

  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

venerdì 18 gennaio 2008

Untitled


E' dolce perdersi nell'illusione...
E' come un mare calmo che ti culla lentamente fino a riva

giovedì 17 gennaio 2008

La Passeggiata

E' da un po' di tempo che entrando nelle librerie vedevo esposto in bella vista l'ultimo libro di Federico Moccia, "La Passeggiata". Fino a ieri mi sono sempre astenuto dal prenderlo in mano, come se il contatto fisico avesse potuto in qualche modo contagiarmi, rendendomi malato di quella strana malattia che porta i quarantacinquenni ad indossare un cappellino da baseball quasi fossero dei quindicenni arrapati. Alla fine però non ho saputo resistere, e come sempre ho ceduto alla curiosità di leggerne le prime righe.
Non ho mai letto un libro di Moccia, Dio me ne guardi e liberi (si, lo ammetto: tutto questo è spinto dal più bieco e ottuso pregiudizio che mi sono fatto su lui), ma leggere le prime righe dei suoi romanzi è un piccolo piacere a cui non si può dire di no. In fondo è un brivido del tutto unico e speciale, quello di scoprire ogni volta come questo straordinario individuo riesca ad attaccare una sua storia: da uno che inizia il suo libro più venduto con (cito testualmente): "Cathia ha il più bel culo d'Europa.", ci si può aspettare di tutto e di più.
Questa voltà però non sono riuscito neppure a leggere la prima parola.
Prendo in mano il volume, un libretto di poco più di sessanta pagine, e ne leggo la quarta di copertina. Scopro con meraviglia che non si tratta della solita storiella d'amore adolescenziale, ma di un dialogo virtuale tra un figlio ed il padre, nel quale il primo si riavvicina alla figura del secondo ormai morto.
"Stai zitto che forse questa volta mi stupisce." Dico tra me e me.
Apro il libro e me ne pento subito: un libro di sessanta pagine, carattere di grandezza almeno sedici, interlinea tre e mezzo. Roba da prendere l'autore e bruciarlo vivo in piazza.
CAZZO! E' CARTA!! Avrai tagliato decine e decine di alberi della foresta amazzonica, abbi almeno la decenza di usare le pagine nel modo migliore possibile, e non solo per fare volume!!!
E poi, minchia di una straminchia, dì qualcosa di sensato, e non, ti prego, che Cathia ha il più bel culo d'Europa. Se davvero avesse il miglior culo del continente stai sicuro che lo saprei di certo.

mercoledì 16 gennaio 2008

Cometa

Sono fuori come una cometa
sono la sua polvere inquieta.
Sono fuori un hoffman più di ieri:
mi ricordo me stessa l'altro ieri
Sono dentro la telefonata, sono fata,
sono qui ma sono andata-non tornata
voglio parlare con chi eri
quel giorno che vivevo i tuoi pensieri

Tipo mi dice che sono scema
Chicca si sdruscia sulla schiena
Piango e poi rido più di prima
Tipo ammicca a una luna assai cretina
Danzo nuotandoti nell'aria intorno
in nebbia ritorno e mi trasformo
Vago. Tu chiamami "cometa"
dolce, fattissimo poeta

Lucy in the Sky with Diamonds

Lasciati chiamare altri cento e un giorno
lascia che ti biascichi che ho sonno
che sono spenti i miei occhi traslocati
che sono chiusi ma se ne sono andati
che son seduta su un vomito di maga
che c'è una festa ma è altro che mi smaga
che sono a casa di chi mi ha ospitata ma
che sono in viaggio del tutto allucinata

Lascia che ti dica che sto male
lasciami e continua a non parlare

Lucy in the Sky with Diamonds

martedì 15 gennaio 2008

Io Sono Leggenda


Ad essere sincero non so dire con precisione se mi ha convinto oppure no. Molto probabilmente dovrei prima capire cosa mi aspettavo quando sono entrato in sala. Se sono andato al cinema per godermi un bel film di fantascienza, ben fatto, e curato nei particolari tecnici; allora potrei affermare con tutta tutta tranquillità che questo ultimo film di Will Smith mi è piaciuto, e anche parecchio. Perchè è fatto bene, riesce a tenere alta la tensione, gli effetti speciali sono fatti assai bene, e l'ex principe di Bel-Air riesce a tenersi sulle spalle tutta la storia.
Purtroppo, quando ho dato i miei soldi alla cassiera del cinema, non era questo che mi aspettavo da Io Sono Leggenda, o meglio: non mi aspettavo solo questo.
Alla fine della storia avrei preferito che tutta la vicenda fosse sviluppata in modo diverso, mettendo magari in evidenza la responsabilità umana dell'epidemia; oppure i risvolti sociologici delle persone infette (anche se il protagonista ad un certo punto dice il contrario, sembra che ci sia pur sempre una specie di gerarchia tra i malati, e che questi ultimi provino pure dei sentimenti).
Ecco: se la storia avesse trattato o approfondito un po' di più questi aspetti, magari sarei uscito dal cinema più soddisfatto, e meno oppresso da quella sensazione di occasione sprecata.
Nonostante questo, rimane pur sempre un film ben fatto con il quale passare in tranquillità una bella serata.

Ps. Una nozione di merito al cane: spesso ruba la scena al povero Will Smith.

Giudizio: Dvd

  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

lunedì 14 gennaio 2008

I Bambini di Pinsleepe


Qual'è il momento in cui ci si rende conto di aver superato la soglia ch esepara un semplice interesse dall'innamoramento? Forse un mattino ci si sveglia sentendo in bocca il gusto dell'amore, ma con la certezza che questa volta quel sapore durerà se ci sforzeremo di tenerlo vivo e continueremo ad apprezzarlo?
Phil lo spiegava con altre parole. Per lui era come se si aprisse la bocca e in un attimo di stupore totale ci si rendesse conto, alla prima parola pronunciata, di parlare una lingua completamente nuova, una lingua che non si conosceva.
"Quando ti trovi in un paese straniero impari a dire qualche parola o quelle frasi che ti servono per sopravvivere, tipo donnez-moi le pain. Behm con questa lingua non funziona così, o la sai parlare da subito o non l'imparerai mai. Non ci sono libri di esercizi o grammatiche, e non puoi impararla per strada, perchè non ci sono strade dove viene usata."

Jonathan Carroll

venerdì 11 gennaio 2008

Sulla Strada

La strada che dall’osservatorio porta in centro è lunga e non certo tra le più belle da fare di sera. L’asfalto poco curato si snoda attraverso simpatici boschetti che di notte assumono un aspetto piuttosto spettrale. Da piccoli i nostri genitori, per fare in modo che non ci addentrassimo per quei loschi luoghi, ci dicevano che tra quegl’alberi c’era la possibilità, non tanto remota, di trovarsi faccia a faccia con un cinghiale inferocito.
Mirko ascoltava tutte le storie terribili che ci raccontavano per spaventarci e poi ci rideva su. Diceva che non erano altro che un sacco di balle, tipo quella buffa storia del bau-bau, e poi mi trascinava in escursioni interminabili proprio là dove ci era stato detto di non avvicinarci neppure.
Era chiaro come il sole che lui non credeva ad una virgola di quello che i nostri genitori ci dicevano, e neppure io ci credevo, con la sola differenza che io avevo ugualmente una paura fottuta. Mi cagavo sempre addosso ogni volta che ci perdevamo in quei boschetti.

Adesso, con qualche anno in più sulle spalle, le cose sono decisamente cambiate. So ormai per esperienza personale che il bau-bau non esiste, altrimenti con la mia solita fortuna sarebbe venuto a trovarmi a cadenza settimanale, e so anche che, se mai mi trovassi davanti un vero cinghiale, quello che avrebbe più paura tra i due forse sarebbe proprio lui.
Nonostante ciò non è che mi senta poi così tranquillo come vorrei far sembrare. Non ho problemi ad ammettere che a venticinque anni compiuti c’è una lunga serie di cose che ancora mi fanno paura. Passeggiare nel buio in una strada deserta costeggiata da un bosco e immerso tra rumori strani rientra proprio in quella lista.
Mi chiudo nel giacchetto di jeans e allungo il passo.

Se riesco a tenere il mio passo olimpionico penso di arrivare in paese, se tutto va bene, in un quarto d’ora. Poi dal centro a casa mia ci vorranno altri dieci minuti a piedi. Il tutto, tra una cosa e un’altra, salutare gli amici che sicuramente incontrerò per strada e scambiarci quattro chiacchiere per non essere scortesi, per circa mezz'ora di viaggio.
Sono le undici e mezzo appena passate e mi sembra piuttosto ottimistico pensare di arrivare davanti al portone di casa per un’ora che si avvicini a mezzanotte. Oltre questo devo sperare che quella testaccia di mio fratello minore, una volta tanto, disobbedisca ai nostri genitori e rientri un bel poco dopo il coprifuoco; oppure, più semplicemente, si ricordi che ci sono ancora io fuori e tolga la chiave della porta dalla serratura.

Mio fratello si chiama Stefano e a differenza di me sta a sentire per filo e per segno cosa gli dicono mamma e papà. C’è una differenza caratteriale tra me e lui che fino a qualche anno fa pensavo sul serio che uno dei due fosse stato adottato.
Se con me il rientro serale per i sedici anni era fissato per mezzanotte, io non badavo tanto all’orologio. Bastava che entrando in casa mi ricordassi di togliermi le scarpe e di fere il più piano possibile per rientrare anche verso le una. Con lui invece è tutta un’altra storia. Se il babbo dice mezzanotte lui a mezzanotte è già sotto le coperte.
Più di una volta ho sperato che lui si ribellasse. Più di una volta ho desiderato che togliesse quella cazzo di chiave dalla serratura. Più di una volta sono rimasto chiuso fuori e costretto ad andare a dormire da Mirko.

Una goccia d’acqua mi cade sul naso. È la prima che sento da quando ho lasciato gli altri due a tubare su all’osservatorio. La prima, isolata goccia d’acqua.
“Non vorrà mica mettersi a piovere?” dico tra me e me.
Mi fermo e alzo la testa cercando di guardare il cielo, ma tutto è così scuro che quasi non riesco a distinguere le nuvole dai rami che invadano la strada. Le stelle non si vedano più e anche la luna sembra nascondersi, per metà, dietro un’ombra nera che non promette affatto bene.
Riprendo a camminare ancora più svelto, soffocando le bestemmie che mi salgono in gola con sprazzi di preghiere al dio della pioggia, qualunque esso sia.
Se davvero ha intenzione di mettersi a piovere comincio a vedermi male sul serio.

L’acqua inizia a venire giù sempre più forte. Per un momento ho la tentazione di infilarmi nel bosco e cercare riparo sotto un albero. L’idea fissa del cinghiale e la possibilità di essere preso in pieno da un fulmine mi fanno cambiare opinione: è meglio continuare a camminare, il più veloce possibile.
Tra l’altro il centro dovrebbe ormai essere vicino. Ancora qualche centinaio di metri e si dovrebbe cominciare a vedere qualche segno di vita civilizzata. I primi segnali stradali, le prime luci dei lampioni. Le prime case.
È soltanto questione di qualche centinaio di metri, mi dico. O no?

“Conta duecento passi e siamo arrivati, dai.” Lo dico per rassicurarmi, ma in realtà non ci credo poi molto. Convincersi che manca poco però può aiutare. Mi aiutava a resistere a tutti quegli stupidi test fisici che facevamo a scuola durante l’ora di educazione fisica, perché non dovrebbe aiutarmi ora?

La pioggia è insistente e sempre più fitta. Mi sembra di essermi messo sotto una doccia enorme che non conosce confini.
Ho già tutti i vestiti zuppi e ora comincio a sentire l’acqua che mi tocca la pelle, quella del petto. Di solito non dovrebbe succedere così, no? Di solito avrei dovuto trovare un riparo ancor prima che la pioggia cominciasse a rigarmi la faccia, e invece… riesco a malapena a vedere quello che mi sta a due metri, e di un riparo neppure l’ombra.
La mia solita fortuna.

Dall’ultima curva dietro le mie spalle si vedano arrivare due luci, presumibilmente quelle dei fari di un’auto. Se tutto girasse per il verso giusto sarebbe quella di Mirko, ma so già ancor prima di intravederne la forma che non è così. Irene ha sempre paura a fare questa strada di notte: l’assenza di luci, le buche e tutto il resto non le piacciono molto. Per questo costringe Mirko a fare l’altra strada, quella più lunga ma più sicura che scende dall’altro versante della collina.
“Se ha paura a farla di notte, figuriamoci poi con questo cazzo di temporale. Come minimo avrà convinto Mirko a forzare la serratura dell’osservatorio e a passare la notte lì.”

La macchina, quella che mi sembra una Polo scura, mi passa accanto con cautela, quasi stando attenta a non buttarmi dell’altra acqua addosso. Io non cerco neppure di fermarla, non faccio un gesto, non mi butto in mezzo di strada. A volte il mio carattere mi fa schifo, ma mi vergogno troppo a fermare uno sconosciuto per farmi accompagnare a casa. Ci sarebbero troppe domande a cui rispondere:
“Cosa ci facevi qui tutto solo?”
“Come mai non ti sei portato un ombrello?”
“Guardati, sei tutto bagnato… (come se non lo sapessi)” non ne vale la pena.
Preferisco starmene a mollo ancora un po’ piuttosto che chiedere un passaggio.

Dopo avermi sorpassato la macchina si ferma, giusto qualche metro dopo di me.
Io comincio a rallentare il passo. Guardo gli stop rossi accesi e mi domando cosa diavolo voglia ora questo tizio. Ho visto troppi film dell’orrore per cadere in tranelli così sciocchi. Un ragazzo solo che in mezzo ad una tempesta accetta un passaggio da uno sconosciuto: è un copione già scritto. So già che, se entrassi in quell’auto, ad aspettarmi ci sarebbe un maniaco con un uncino al posto di una mano.

Quando però arrivo all’altezza dello sportello del passeggero la luce interna è accesa e questo mi sembra strano per un maniaco: abbordare una vittima rischiando di far scoprire la propria identità è più che un passo falso.
Poi la portiera si apre e riesco a vedere una mano che mi fa cenno di posare il mio dolce culetto sul sedile. Un’altra mano la intravedo appoggiato sullo sterzo. Tiro un sospiro di sollievo: niente uncini.

giovedì 10 gennaio 2008

La Vecchia Macchina Fotografica



Mi ricordo questa foto. Era un pomeriggio piovoso durante il quale eravamo costretti a casa nel tentativo di non annoiarci. Avevamo appena finito di guardare un film che davano in tv, quando tutto ad un tratto ti sei voltata verso di me, sedendoti sul divano a gambe incrociate come un capo indiano e mi hai chiesto "Cosa facciamo ora?"

Non ne avevo la più pallida idea, e dopo qualche secondo durante i quali mi hai osservato attentamente, perso nel vuoto infinito della mia fantasia, ti sei alzata e mi hai preso per mano.

"Vieni." Hai detto.

Ci siamo ritrovati nella soffitta dei tuoi nonni, a rovistare tra tutte le cose vecchie ammassate là alla rinfusa. Scatoloni con vecchi libri e giornali ingialliti dal tempo; bauli stracolmi di vestiti passati di moda da almeno quaranta anni. Fino a quando hai attirato la mia attenzione chiamandomi.

Appena sentii la tua voce pronunciare il mio nome ho smesso all'istante di fare quello che stavo facendo e mi sono voltato verso di te. Tu eri dall'altra parte della stanza, con in mano questa vecchia macchina fotografica, ed eri felice come potrebbe essere felice un bambino che si trova ad accarezzare un unicorno o una qualsiasi altra creatura fatata.

Sorridevi e mi hai detto "Facciamoci una foto."

Così ho preso la mia macchina digitale ed ho scattato. Tu non avevi pellicola, ma hai mosso ugualmente la manopola posta a lato della macchina ed hai fatto "Click!".

martedì 8 gennaio 2008

Trasudamerica

Ho sempre quella foto d'epoca
dei quattro suonatori con il sombrero;
il mulo che trasuda America,
la sacca con la mia fortuna ed un cero.

Ricordi Federica i tuoi sandali
e i grossi piedi disegnati di nero?
Mi mancano le piogge di petali
il Dio-amore e tutto il resto davvero!
Trasudamerica

Spesso vorrei la magia
Di quegli odori che ci univano al cielo
Oh non temo la nostalgia
anche se sento di essere sempre più il solo

Trasudamerica

Do you remember?

lunedì 7 gennaio 2008

Ed


Il bambino si chiama Tempo, e sorride perchè sa che un giorno arriverà in un luogo dove Cobain non è mai giunto.
O, se vogliamo dare ragione a suo padre, e ai suoi incomprensibili calcoli, nel luogo dove Cobain rimarrà per sempre.

venerdì 4 gennaio 2008

Friends With Money


Niente di particolare o di trascendentale. Un onesto film che si limita a raccontare una piccola storia, senza promettere nulla ed alla fine infatti non ti dà nulla se non un'oretta e mezzo di tranquillità e spensieratezza.
Vengnono raccontate le situazioni di quattro amiche, tutte più o meno ricche, tranne una, e tutte sposate, tranne una. Alla fine, dopo litigi, crisi di mezza età e relazioni andate male, chi si troverà nella situazione migliore sembrerà proprio quella una che non risultava ricca e partiva da single. Forse che la felicità, o la gioia della vita, non arrivano con il denaro? In fondo, gli amici con i soldi saranno quelli che si scopriranno con più problemi ed incertezze.

Giudizio: Tv

  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

giovedì 3 gennaio 2008

MonkeyWrench

Dopo un breve periodo di gestazione, apre una nuova sezione:

MonkeyWrench
Un posto dove poter chiedere la musica

Prometto di tenerlo il più aggiornato possibile, o almeno ci proverò, e lentamente vedrò di inserire anche tutto l'enorme pregresso.
Nel frattempo...
Enjoy the music.

mercoledì 2 gennaio 2008

Dicembre 2007


“Il modo più facile per perdere qualcosa è volerlo troppo.”

Scrubs