giovedì 22 maggio 2008

In Macchina

Salgo, chiudo lo sportello e mi dò una rassettata ai capelli, in modo da asciugarmeli un po’. Con la mano destra sto quasi per tirare giù il parasole e guardarmi allo specchio per vedere in che condizioni sono, quando mi ricordo delle buone maniere.
Mi volto verso la mia sinistra, pronto a ringraziare il mio salvatore, ma le parole mi si fermano sulla punta delle labbra. Rimango senza fiato, stupito come se davvero avessi visto il violentatore con l’uncino.

Una ragazza mora, con i capelli mossi lunghi fino alle spalle, mi guarda e sorride. È un poco bagnata pure lei, ma non come me, solo leggermente, giusto quel tanto che basta per rendere una ragazza ancora più sexy di quanto non sia già.
C’è uno sbaglio. Questo passaggio non è per me. Dio ha sbagliato in qualche cosa. Cose del genere di solito non accadono al sottoscritto.

Muovo un po’ la bocca, cercando di articolare qualche parola, ma non mi esce nessun suono. Faccio gesti inconsunti per aiutarmi a tirar fuori qualcosa che possa sembrare anche un semplice monosillabo; ma l’unica cosa che ottengo è quella di sembrare un perfetto demente.
Dentro di me prego affinché lei non si accorga della mia goffaggine iniziale. Non vorrei che lei si ricordi poi di me per questi primi minuti di handicappaggine mentale. Di solito l’opinione che qualcuno si fa di te è dettata molto da ciò che pensa la prima volta che ti vede, e io ci tengo a fare una buona impressione, soprattutto con lei.

“Diavolo come sei bagnato! L’hai presa proprio tutta l’acqua.”
“Beh, si. Diciamo che mi ha colto leggermente impreparato.” Sorrido, tanto per togliermi dalla faccia quell’espressione stupita.
Lei mette la prima, guarda un po’ lo specchietto retrovisore per essere certa che nessuno arrivi e poi riparte.

I tergicristalli viaggiano ad una velocità incredibile e nonostante questo riescono a mala pena a rendere visibile la strada di fronte a noi. Tutto quello che riesco a vedere oltre il parabrezza sono solo delle incerte sagome che per me potrebbero essere qualsiasi cosa. Fossi stato io alla guida credo che ci saremmo già schiantati contro un albero o Dio sa cosa.
La ragazza alla mia sinistra invece sembra piuttosto rilassata. Non dà l’impressione di preoccuparsi più del necessario delle cattive condizione meteorologiche. Mantiene un’andatura abbastanza bassa e non ha il coraggio di mettere la quarta, ma con questa pioggia e le curve come darle torto.

Cominciamo timidamente a parlare, più per far passare il tempo che per altro. Nessuno dei due sopportava più quel silenzio di timidezza che si era venuto a creare.
Così scopro che lei si chiama Federica, ha ventinove anni e lavora in uno studio notarile.
“Tu invece ti chiami…”
“Fabio.”
“Si, Fabio. Ora ricordo.”
Ora ricordo???

Dice di avermi conosciuto ad una festa che Riccardo, un mio amico, diede qualche giorno fa a casa sua. Io a dire la verità non ho assolutamente memoria di averla conosciuta prima, ma mi hanno detto che a quella festa bevvi come un dannato, quindi tutto può essere.
Fingo perciò di rammentare alcuni particolari sul suo conto. Inizio frasi che con indifferenza lascio finire a lei e poi riprendo, come se lei mi avesse semplicemente preceduto. Un vecchio trucco che sono stato costretto ad imparare quando al liceo non avevo studiato niente.

“Come mai ti ricordi così bene di me? – la butto là, come se nulla fosse – In fin dei conti avremo parlato si o no cinque minuti al massimo.” Sono curioso di sentire cosa mi risponde.
Si possono capire molte cose su una ragazza dalla risposta che dà ad una simile domanda. Se poi lei non sta mentendo e si ricorda davvero così bene di me, beh, devo aver fatto davvero una gran bella impressione quella sera… quindi il più è fatto.
“Diciamo – risponde lei affogando le parole in un sottile ghigno che non promette affatto bene – che è difficile dimenticarsi di uno che vomita su un tavolo da biliardo.”

Ecco.
Ora torna tutto.
La buona impressione del primo incontro può pure andare a farsi friggere.

Lei scoppia in una sonora risata e si piega un po’ sullo sterzo.
Devo avere proprio un’espressione di merda. Da deluso, proprio come quella che mi sento stampata in faccia ora.
“Davvero ho fatto questo?”
“Oh, si. L’hai fatto e come, anche più di una volta.” Risponde lei riuscendo a mala pena a rendere le parole comprensibili.

Ok, ho capito. Tanto vale buttare giù la maschera, smetterla di fare l’uomo navigato, il macho, e giocare a carte scoperte. Dopo che mi ha visto fare una cosa del genere potrei pure dirle che sono Richard Gere che si è appena fatto una plastica e la situazione non migliorerebbe di una virgola. Anzi…

Le chiedo scusa e ammetto di non ricordarmi un accidente di quella sera. Lei mi dice che non fa niente, che anche a lei a volte le capita di non riconoscere le persone.
“Non è mica una tua esclusiva.” Fa lei.
“Si, però devi confessare che non è proprio la stessa cosa.” Lei sorride ancora un po’ e questo mi fa piacere. La sua risata, contenuta e per niente invadente mi fa piacere. È bello sentirla. È una di quelle risate che ti far venir voglia di sparare altre cazzate per il solo motivo di sentirla ancora un’altra volta.
“Ma qualcuno ci stava giocando a biliardo?”

Dopo neppure cinque minuti, durante i quali riesco a farla divertire in modo indicibile con un monologo che mantengo sempre a livelli inumani, ho già capito che se tutto va bene resteremo solo buoni amici. Nient’altro.
Lo intuisco da come lei si sia arresa totalmente a me. Di solito le ragazze prima di farsi lasciar conoscere pretendono che almeno sia passato un po’ di tempo. Tutte le ragazze con le quali sono uscito le prime sere erano sempre così fredde da sembrare un sofficino Findus appena tolto dal frigorifero.
È come, se prima di lasciarsi andare avessero bisogno di conoscermi di più, molto di più. Invece con Federica non è stato così. È sembrato che si sia fidata subito di me.
Inoltre dopo tutte le stronzate che sono riuscito a dire in meno di cinque minuti dubito fortemente che pensi a me come un possibile fidanzato.

Parlare con lei però è un piacere. Era da un po’ che non intrattenevo una conversazione, seppur scherzosa, che riuscisse a farmi star bene. Il più delle volte che finisco col parlare con una ragazza c’è sempre un secondo fine, invece parlare con lei è solo e semplicemente parlare.
Penso sia tutto merito di quest’atmosfera di amicizia che si è subito venuta a creare tra di noi, ma questo non mi dà affatto fastidio. Anzi, mi piace.
Forse è per questo che mi ritrovo con un sacco di amiche e nessuna fidanzata.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

www.valevita.blogspot.com

Anonimo ha detto...

scusa... non lo so neanche io! Però sono rimasta affascinata dal tuo racconto...

Anonimo ha detto...

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