giovedì 6 febbraio 2014

Conversazione in gruppo

Avete presente quando vi trovate in gruppo, magari a chiacchierare a un tavolo di una caffetteria, o in un pub, e la conversazione comincia a diramarsi in strade sempre più distanti senza però suddividere equamente l’attenzione dei presenti? In modo del tutto spontaneo si vengono a creare dei piccoli nuclei di gruppi d’ascolto, persone della compagnia che ascoltano un’altra persona della stessa compagnia che ha preso/conquistato la parola. Questi gruppi tendono poi a riunirsi, è inevitabile, mentre i vari oratori cedono la concentrazione a loro rivolta a un oratore più interessante che svolge il ruolo di collettore. Questo sarà colui che riunirà il gruppo su di un unico argomento. È un processo a volte lento a volte velocissimo (dipende dal grado di interesse che i vari argomenti succedanei riescono a suscitare) nel quale si ha un momento di espansione e dispersione, e successivamente un momento di contrazione e raccolta. All’inizio del movimento di recupero, ovvero quando si ha l’inversione di tendenza e invece di spingersi sempre più ai confini del gruppo originario si tende a concentrarsi attorno a un unico centro [1], si può studiare l'imbarazzo di chi ha iniziato una conversazione nata con l’intento di essere rivolta a terzi mentre nella realtà viene ascoltata solo da chi parla e che si è trasformata improvvisamente, senza possibilità di opporsi, in un monologo. Nel momento in cui la risacca comincia ad attrarre di nuovo i componenti del gruppo verso il suo centro, può esserci qualcuno, distratto, che non si è ancora accorto di cosa sia invece iniziato, ovvero una specie di viaggio di ritorno. Non è insolito che in questo intervallo di tempo, breve ma durante il quale per assurdo la conversazione può apparire come immobile (non in espansione, non in contrazione), se si tende un poco l’orecchio a suoni di sottofondo, si possa sentire una voce perdersi nell’indifferenza e spegnersi piano piano. È la voce di chi chiede attenzione senza riceverla, e che non si è accorto del controesodo del gruppo appena iniziato.

[1] La decisione di interrompere, a volte pure bruscamente, un’attività di esplorazione verso i limiti estremi di un gruppo per tornare invece in seno al gruppo stesso, è una scelta presa in totale autonomia dai membri che si trovano ai margini del nucleo originario. Più ci si allontana dal centro e più i gruppi secondari, o terziari, si suddividono in sempre meno componenti, raggiungendo alla fine il minimo numero per definire una conversazione, ovvero: due.
In due si sente molto più freddo, c’è meno calore rispetto a una discussione nella quale ci sono più soggetti. (Si può definire una discussione, in generale, come una stanza di due metri per due metri, senza finestre, né radiatori o condizionatori per alterarne il clima interno, e virtualmente anche senza una porta di ingresso e/o di uscita: un luogo neutro ben delimitato, non alterato da fattori esterni che non siano le persone che vi sono dentro. Se metti dieci persone in un ambiente di quattro metri quadrati, quest’ultime finiranno per riscaldarsi a vicenda, vuoi per la vicinanza, vuoi per il continuo respirarsi addosso. La loro temperatura corporea riscalderà più velocemente la stanza rispetto al caso in cui nella stessa stanza – la stessa discussione – fossero chiuse solo due persone. Se si potesse fare un test comparativo, con due camere della stessa identica grandezza, con in una dieci persone dentro, mentre nell’altra soltanto due, quest’ultime patiranno più freddo rispetto alle loro corrispettive cavie capitate nella stanza più affollata.) Per questo i componenti di un gruppo che si spingono più ai margini, e che inevitabilmente andranno a formare una subconversazione con solo due attori – un oratore e un ascoltatore – a causa del freddo e della ricerca di calore-attenzione tenderanno in modo assai naturale a cercare di aggregarsi di nuovo al gruppo originario, o al nuovo nucleo che si è formato.
Così come nei movimenti universali, dove all’inizio dei tempi una grande singolarità concentrava tutto quanto il calore presente per poi esplodere espandendosi a macchia d’olio e distribuire il calore, anche la frammentazione di un gruppo subirà lo stesso processo di espansione – big bang – e, secondo alcune teorie, implosione – big crunch.

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