giovedì 21 gennaio 2010

pulizia

la morra cinese per decidere chi deve buttare via l'immondizia. e quando perdo io i camion degli spazzini sono sempre passati un attimo prima. la sera con gli scarti delle cena non trovo mai un sacchetto nuovo vuoto nel cestino, li cullo neanche fossero bambini in fasce di sei settimane. poi faccio un casino con la birra, a stappare le bottiglie agitate in frigorifero, erutta quasi tutta sul pavimento, nel lavello sporco e sul pane, quel poco pane che compriamo. mi dici: pulisci, dai l'aspirapolvere. che nella mia metà di camera c'è sempre così tanta polvere e capelli persi che sembrano le palle di fieno spinte dal vento nelle praterie dei vecchi film western. quando ti deciderai mai a pulire, mi dici, che sei sempre a lamentarti che a scendere dal letto ti pare ogni giorno di appogiare i piedi sulla moquette. ti lamenti sempre e poi lo lasci lì, lo sporco e tutto il resto. ma io dico mi difendo, pure di una montagna ogni tanto mi potrei lamentare ma mica ho la pretesa di volerla spostare, no, la lascio lì, la montagna come la polvere e i miei capelli morti. che poi non pulisco e non passo l'aspirapolvere ma invece rifaccio il letto, perchè la notte dici sempre lo faccio diventare come quei campi minati dove le mine sono tutte esplose, neppure fossi un cinghiale, agitandomi e tirando le coperte, scalzando le lenzuola pure sopra le nostre teste. e poi dentro quello stesso letto mi ci ritrovo la notte a leggere mentre te dormi e mi dai la schiena in modo da non vedere da sotto le palpebre abbassate la luce dell'abat-jour accesa appesa a metà muro dalla mia parte. ed io leggo pagine, sottolineo frasi con i lapis troppo appuntiti presi da ikea che fanno un rumore come cinquecento carri armati sulla carta. poi finisco e spengo tutto, libri e luce, ma non ho affatto sonno. sono di fatto sveglio e ho così tanta voglia di scrivere che ti scriverei addosso. e poi la mattina ti sveglieresti con un nuovo tatuaggio impresso sul corpo.

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