martedì 8 luglio 2008

Un'estate al mare


"Luca! Ciao!"
Dice proprio così: Luca! Ciao! Abbasso definitivamente il giornale ormai inutile.
“Katja?” faccio io.
“Katja?” fa Benedetta.
“Katja!” sorride lei. “Sapevo che ci saremmo rivisti!”
“Perché, vi eravate già visti?” interviene Benedetta.
“Si”, le dico io. “Nell’estate del ’79.”
“Beh, quella è stata la prima volta”, sorride Katja. “Ma non l’unica. L’ultima invece è stata l’altroieri.”
Si sporge, mi bacia sulle guance. Ricambio imbarazzato.
“L’altroieri?” mi fa Benedetta.
“Si”, le dico io. “In farmacia. Cioè no, tu eri in farmacia e io ero da Gerardi, dove ho incontrato Katja. Tra l’altro: Benedetta, questa è Katja. Katja, questa è Benedetta.” Si stringono la mano. “Benedetta è mia moglie, Katja. Ci siamo sposati a Roma due settimane fa.”
“Già, siete qua in viaggio di nozze.”
“Più o meno”, dico io. “Cioè, si.”
“Come si dice in Italia in questi casi? Condoglianze?”
“No, congratulazioni.”
“Ah, è vero, che stupida! Congratulazioni!”
“Grazie.”
“E Katja? Chi è Katja?” interviene Benedetta, con un tono di voce un filo risentito. Credo per via di quel condoglianze, che non si è capito se p venuto fuori per sbaglio oppure no.
“Katja è…” Esito. Mi riprendo. “Un’amica d’infanzia. Tedesca. Di monaco, se non ricordo male. Vero, Katja?”
“Di Feldafing, a quaranta minuti di S-Bahn da Monaco.”
“Interessantissimo”, fa Benedetta. “E com’è che siete diventati così amici?”
“Oh, non eravamo amici”, sorride Katja. “O almeno, a me non sembrava di ricordare proprio così. Tu che dici, Luca? Eravamo amici, secondo te? Si può dire esattamente così?”
“Beh, no”, mi stringo nelle spalle io. “Veri amici no. In fin dei conti i veri amici sono un’altra cosa.”
“Luca e io ci siamo conosciuti perché ero in vacanza con i miei genitori Qui a Marsala, e affittavamo una villa al mare di proprietà di un ufficiale…”
“La casa del colonnello Rallo”, intervengo io. “Quella che si era fatta costruire al Delfino, per la pensione.”
“Esatto. Ed è successo… come si dice, Luca?”
“Come si dice che?”
“È successo… un colpo di fulmine, no?”
“Un colpo di fulmine?” sbotta Benedetta.
“Si, vabbè, più o meno”, arrossisco io, e non capisco perché: magari per via delle rughe che segnano il viso di Katja, in particolare gli occhi. “Avevo appena quattordici anni.”
“E io diciassette”, dice Katja.
“Ah, però”, fa Benedetta. “Lei ne aveva diciassette.”
“Già”, sorride Katja. “Come ora Andrea, mia figlia.”
La fanciulla in topless dell’altro giorno a San Teodoro, penso.
“Eccola là”, continua lei, e ci indica il nugolo di kyte e windsurf nel blu del mare di fronte alla spiaggia. “È una ragazza molto sportiva. Ha preso dal padre, evidentemente.”
“Allora possa stare tranquilla”, le fa Benedetta. “Non è di sicuro figlia di Luca.”
“Ma figurati!” abbozzo una risata. “Katja e io non ci vediamo da una vita.”
“Vent’anni”, precisa Katja.
Segue un momento di silenzio. Porto una mano alla nuca. Ho la sensazione di aver perso qualche centimetro quadrato di capelli solo nel corso degli ultimi minuti. Mi schiarisco la gola ma non dico niente. Lo so: Benedetta sta facendo i conti.
“Vent’anni?” esclama a un tratto. “Ma se vi siete conosciuti nell’estate del ’79, ventisette anni fa, vuol dire che vi siete rivisti.”
“Un paio di volte”, mormoro.
“Oh, molto paio do un paio di volte”, ride Katja. “Ma eravamo ragazzi. Almeno: tu lo eri, Luca. Vivevi ancora con tua madre. E non ne volevi sapere di andartene di casa.”
Segue un altro momento di silenzio. Sotto il chiringuito passa un bambino grassissimo, con in mano un panino gigantesco. Sto per dire qualcosa, qualsiasi cosa. Magari un commento sull’obesità infantile, ormai dilagante. Ma Benedetta mi precede.
“Quante novità”, sibila. “Del resto Luca non parla volentieri del suo passato. Ma come fa a conoscere così bene la nostra lingua, signora?”
Non posso fare a meno di notare una certa enfasi sulla parola signora.
“Oh, non la conosco tanto bene. Prima ho perfino confuso le condoglianze con le congratulazioni. Ma come tutti i tedeschi adoro l’Italia, ci vengo in vacanza da più di trent’anni. E poi a Monaco insegno Storia dell’arte, e all’epoca dell’università ho anche studiato l’italiano.”
“Ma che brava. Io invece in Germania non si sono mai stata, al contrario di Luca.” Si volta verso di me. “E che posto è, questa Festafing?”
“Feldafing”, la correggo. “Bella. Molto verde. Molte mucche. Molti alberi. Se non sbaglio lì vicino c’è anche un lago.”
“Lo Starnberger See, certo”, dice Katja. “Dove mi portavi in barca alla Rosen Insel, l’Isola delle Rose. Ricordi?”
A un tratto fa molto più caldo di prima, e sento lo gocce di sudore che mi scendono sulla fronte.
“Beh, felicissima di averla conosciuta”, dice Benedetta a denti stretti, rivolgendosi a Katja. “Io vado a farmi una nuotata.”
Dopodiché, se ne va.

“Un momento”, le dico. “Un momento.”
Lei alza i suoi occhi azzurri e li punta con aria interrogativa nei miei, senza levarsi di bocca l’uccello. È piena di lentiggini. Ha solo diciassette anni.
“Senti, Andrea, non so come… emh, non so come affrontare la cosa, ma…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, prende a fare su e giù con la bocca, massaggiandomi le palle. Ha solo diciassette anni.
“… ma devo chiederti…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, lo ingoia praticamente fino alla base. Ha solo diciassette anni.
“… se per caso…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, mi infila piano un dito nell’ano. Ha solo diciassette anni.
“… hai fatto di recente…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, prende a muovere delicatamente il dito. Ha solo diciassette anni.
“… l’esame, cioè il test…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, ricomincia a fare su e già con al bocca continuando a muovere delicatamente il dito. Ma siamo sicuri che ha solo diciassette anni?

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