mercoledì 2 luglio 2008

Tutto per una ragazza




E non bisogna essere Sherlock Holmes o non so chi per capire che Alicia era una ragazza che per me contava qualcosa.

Stava guadagnando troppi punti. Ancora un po’ e mi ci voleva la calcolatrice per fare la somma.

“Sta a sentire. Tu sei stupenda. Ma il problema è che lo sai e credi per questo di poter trattare gli altri da cani. Beh, mi dispiace, ma io non sono disperato fino a questo punto.”
E la mollai lì. Fu uno dei miei momenti migliori: le parole erano uscite bene, credevo in quelle parole e ne ero soddisfatto. E non avevo neanche cercato l’effetto. Lei mi aveva veramente, letteralmente stufato. Per circa venti secondi. Dopo venti secondi mi calmai e cercai il modo di riprendere la conversazione. E sperai che la conversazione si trasformasse in qualcos’altro – un bacio e poi il matrimonio, dopo esserci frequentati per un paio di settimane.

Perché le ragazze sono fatte così. A volte capisci che hai delle buone possibilità dal fatto che lei vuole litigare con te. Se i mondo non fosse incasinato com’è, non sarebbe così. Se il mondo fosse normale, il fatto che una ragazza ti tratti bene sarebbe buon segno, ma nel mondo reale le cose non vanno così.

L’ex di Alicia non andava a letto con lei perché aveva sempre in tasca un preservativo; io non sarei andato a letto con lei perché non ce l’avevo. Comunque, almeno voleva venire a letto con me. Quindi, tutto sommato ero contento di essere me. E meno male, aggiungo.

Bisogna viverla, la propria vita; non basta entrare e uscire. Se no non capisci mai le situazioni.

Il fatto è che si arriva a un punto in cui i fatti non contano più e, pur sapendo tutto, non si sa niente, perché non si conoscono le emozioni. È questo il problema delle storie, no? I fatti possiamo anche raccontarli in dieci secondi, volendo, ma i fatti non sono niente.

Gli altri – a scuola e all’università, professori e genitori – vogliono sapere che progetti hai, che cosa vuoi, e non puoi dirgli che vuoi una sola cosa: che tutto vada bene. Mica c’è un diploma, per questo.

Poco dopo Alicia si svegliò e le contrazione ripresero, stavolta sul serio. Bisogna contare un sacco, quando si partorisce. Prima conti il tempo che passa fra una contrazione e l’altra, poi conti i centimetri. La cervice si dilata, cioè il buco si ingrandisce, l’infermiera ti dice di quanto e quando arriva a dieci centimetri si parte. Non so ancora bene che cos’è la cervice. Non mi pare che nella vita normale venga fuori spesso.
Comunque, Alicia arrivò a dieci centimetri senza problemi, poi smise di ragliare come un asino e cominciò a ruggire come un leone quando gli vacano un occhio. E non è solo che sembrasse imbestialita. Era davvero imbestialita.

Non bisognerebbe mai estrapolare delle parole da una conversazione gradevole per ficcarle in mezzo a una conversazione sgradevole. Alla fine, invece di un bel ricordo e un brutto ricordo, ti ritrovi con due ricordi di merda.

L’età non è un concetto ben definito. Puoi raccontarti che hai diciassette anni, o quindici, o quel che vuoi, e magari è anche vero, all’anagrafe. Ma la verità anagrafica è solo un aspetto della questione. Posso dire per esperienza che è un continuo sbandare da una parte all’altra. Si possono avere diciassette, quindici, nove e cent’anni lo stesso giorno.

Nick Hornby

2 commenti:

Anonimo ha detto...

The owner of this blog has a strong personality because it reflects to the blog that he/she made.

Anonimo ha detto...

All I can say is nothing because your blog is not interesting to read.