lunedì 10 marzo 2008

La vera vita di Sebastian Knight

Questo ti farà soffrire, mio povero amore. Il nostro picnic è finito; la strada è buia, piena di buche, e sull’auto il bambino più piccolo comincia a sentirsi male. Un povero sciocco ti direbbe: devi essere coraggiosa. Ma qualunque cosa io possa dirti per farti animo o consolarti sarà come una minestrina insipida – tu sai quello che voglio dire. Tu l’hai sempre capito. La vita con te è stata incantevole – e quando dico “incantevole” intendo canti e voli e viole, e quella morbida, rosea “v” nel mezzo, e quelle sillabe sulle quali si curvava indugiando la tua lingua. La nostra vita insieme è stata allitterativa, e quando penso a tutte le piccole cose destinate a morire, ora che non le possiamo più condividere, sento come se fossimo morti anche noi. E forse lo siamo. Vedi, quanto più grande era la nostra felicità, tanto più sfumavano i suoi bordi, come se i contorni si sciogliessero, e ormai essa si è dissolta del tutto. non ho smesso di amarti; ma qualcosa è morto in me, e nella nebbia non riesco a vederti… Questa è tutta poesia. Io sto mentendo. Vigliacco. Niente è più vile di un poeta che mena il can per l’aia- credo tu abbia intuito come stanno le cose: la solita dannata formuletta, “un’altra donna”. Con lei sono disperatamente infelice – ecco, questo almeno è vero. e penso non ci sia molto altro da aggiungere su questo lato della vicenda.
Non posso fare a meno di pensare che nell’amore ci sia qualcosa di essenzialmente sbagliato. Tra amici si litiga o ci si perde di vista, e anche tra parenti stretti, ma non c’è questo spasimo, questo pathos, questa fatalità che sta attaccata all’amore. L’amicizia non h amai l’aspetto di una condanna. Perché, cosa succede? Non ho mai smesso di amarti, ma poiché non posso continuare a baciare il tuo caro, pallido volto, dobbiamo lasciarci, dobbiamo lasciarci. E perché? Perché l’amore è così misteriosamente esclusivo? Si possono avere mille amici, ma si deve amare una sola persona. Non è il caso di parlare degli harem: io sto parlando della danza, non della ginnastica. O si può forse immaginare un portentoso turco che ami ognuna delle sue quattrocento mogli come io amo te? Quando dico “due”, ho già cominciato a contare e non vi è più limite. Esiste solo un numero vero: Uno. E l’amore, a quanto pare, è l’esponente migliore di questa unicità.

Vladimir Nabokov

2 commenti:

Marco ha detto...

Splendida.
E' stata anche l'introduzione del concerto dei Marlene Kuntz a Vicenza...

Grazie per averla pubblicata :)

Edward S. Portman ha detto...

Si, anche a Firenze.
Mi ha fatto capire quanto Uno (la canzone) non ne fosse ispirata ma ne fosse la vera e propria versione musicale.