lunedì 31 marzo 2008

Lontano da Ogni Cosa


Cominciava a rendersi conto dell'influenza che poteva avere sugli altri, del fatto che l'inizio di una sua corsa portava ad altre imitazioni di marcia veloce. E del fatto che ogni persona ha uno scudo e ogni scudo ha una parte molle e attraversabile, e attancod ripetutamente quella parte ogni corazza va in frantumi: gli strati di emotività più profondi e protetti saltano fuori, senza protezione né controllo né misura.

Quando è tornata sono rimasto sull'immagine del tagli dei suoi occhi e mi chiedevo come potesse continuare a inviarmi nella stessa misura sensazioni di disagio e calma.

Ricordo vagamente l'entrata di qualcuno in camera e la sua voce distante non maschile e non femminile con un'intonazione di circostanza dire "Tutto bene?" Ricordo la mia voce altrettanto di circostanza rispondere "Fantasticamente", e ripiombare in accenni di pensieri che non si riuscivano a formare del tutto e poi perdersi in pensieri ancora nuovi e vuoti e pieni, mi sono sentito una specie di umido addosso e ho pensato che fosse una bocca, ho pensato ai surrogati dell'amore e l'ho assagiata, ho sentito quella bocca staccarsi e dire ancora "Tutto bene?"; aveva un proumo da donna e toccavo con le mani una pelle liscia da donna e sforzandomi con gli occi ne intravedevo le forme nel buoio della stanza e ho detto "Resta qui", mentre passava di fuori un'altra stupida notte di convenzioni in cui cercavamo, in qualche modo, di essere felici.

Le vite sono tronchi, le possibilità sono rami. Guardali quei rami, sembrano strade. Ci sono così tante persone che sono rettilinei. Così tante persone che fanno di tutto per non accorgersi delle curve. Poi ci sono, invece, persone fatte di curve, che non arrivano mai. Ma almeno, loro, provano a svoltare.

"Pensi che sia normale che due amici stiano così". Ha fatto una pausa, incastrato un bacio. "Vicini?"
"Forse" le ho detto io.
Poi lei ha detto "Pantaloni".
"Calzoni".
Chiara Valentini mi ha detto "Non devi trovarmi un sinonimo anche adesso". Si è messa a sedere, mi ha slacciato i pantaloni. "Sono ingombranti in questo momento".
Non c'era nessun imbarazzo in quello scompartimento. Mi stringeva nella mano. La ha preso tra le labbra come se lo stesse solo sfiorando. Ha fatto una piccola risata, ha detto "Mi piace stringerlo. Baciarlo".
Ci siamo ritrovati in poco tempo senza quasi vestiti addosso. Guardavo nel buio il suo corpo di sapone. Lei mi ha detto "Signor Stefano Bersani, adesso non vorrà anche fare l'amore, per caso?"
"Sarebbe un'idea fantastica" ho detto. "Un'idea stupendamente fantastica".
Ascoltavo i nostri sorrisi diventare respiri e movimenti sempre più veloci e attaccati. Non avrei saputo dire qual era il confine tra i nostri due universi. Se bastava lo scompartimento di un treno, per non pensare più a niente, perché ci ostinavamo a cercare pezzi di mondo sempre diversi in cui stare?

Tutte le altre cose cominciavano a perdere di significato. Scrivere, scrivere. Entravo in dimensioni parallele alla mia, le inventavo, facevo muovere i fili di realtà simili a quelle che mi passavano vicino ogni giorno, e le modificavo. La pagina bianca era questa sensazione di flusso non prestabilito e allo stesso tempo la possibilità di attenuare tutto quel rummore d ifondo che arrivava continuo e gracchiante a dare fastidio.

Pensavo ancora a Chiara Valentini. La sua immagine si stava allontanando ma lo stesso non ero riuscito a colmare quel vuoto pazzesco che aveva lasciato. Mi rendevo conto, ora che non c'era più, quanto la parola amicizia non bastava a descrivere gli strati profondi in cui era riuscita a infilarsi.

Ero convinto che le definizioni fossero il primo passo per infilarsi in strade obbligate; da cui sarebbero stato troppo difficile fare marcia indietro.

Dedicato a tutti quelli che hanno puntato la loro strada, dritta in faccia. E hanno svoltato.


Mattia Signorini

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