lunedì 24 agosto 2009

Di un pomeriggio. Quel pomeriggio

Perché me lo chiedi?
Perché sono curioso, dico, e perché stiamo sconfinando. Se non fosse per i tralicci dell'alta tensione, i tubi dell'acqua che accompagnano la strada, la strada appunto d'asfalto, e le altre macchine che ci vengono contro nell'altro senso di marcia, direi quasi che ci siamo persi in una zona dove una antica civiltà ha deciso di abbandonare le proprie rovine.
Non ci siamo persi.
Vedi quel dirupo là, indico con il braccio teso fuori dal finestrino, dove quella grande roccia grigia esce fuori dalla vegetazione? Il verde delle erbe cresciute una sopra l'altra, l'irregolarità di come quell'enorme sasso strappa il tappeto che lo copre, e quelle piccole escrescenze di altre rocce poco sotto, galleggianti a metà dirupo: sembrano goccie di sangue che sgorgano da una ferita.
Non ti sto più seguendo. Ti ho perso.
E' come se stessimo visitando un luogo antico, di cui è stata persa ogni memoria. Magari un tempo qui i nostri antenati venivano a cacciare, oppure questo era un posto di preghiera e quello che si intravede tra gli alberi sono i resti di una specie di chiesa, o di un tempio. Potremmo parcheggiare qui, scendere dalla macchina e arrampicarci. Sarebbe bello, perdersi nel bosco e lasciare che il giorno si chiuda su di noi, come una scatola che poi ci porta al buio.

E la diga chiusa ad impedire ai nostri pensieri, la nostra fantasia, di straripare a valle. E l'aria fresca a fischiarci nelle orecchie. E l'acqua bassa che lasciava vedere le sponde bagnate più volte nascoste. E i pesci che nuotavano sinuosi nel verde, mentre si mimetizzavano tra i sassi del fondale. E noi appoggiati al parapetto di quel ponte come fosse stato il ponte di una nave, a contare i pesci che vedevamo. E io che non riuscivo mai a distinguere un po' di fango da un lavandino rotto, porcellana persa, bianca, sporca. E l'acqua negli zaini calda come il negativo di quella gelida che strusciava nei ruscelli.
Un giorno torneremo qui, ci sdraieremo più lontano possibile dalla civiltà, tra i boschi, in mezzo agli alberi, sulle foglie cadute e i rami spezzati; ci stenderemo su un telo, spogli dei vestiti, nudi nella bellezza del tuo corpo nudo: ci sdraieremo vicini, stringendoci il più possibile, sfiorando l'unità e poi superando l'unità. Annodaremo mani braccia gambe corpo e anima.

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