mercoledì 26 agosto 2009

La scopa del sistema

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Lenore ride con quella stramba risata di solidarietà che viene quando intorno a te ridono tutti quanti e ridono talmente tanto da far venire da ridere pure te.

Biff, basso e ampio, occhi color jeans slavato, spenti e acquosi per il troppo party, barbina biondiccia che gli germoglia sul mento facendolo somigliare un po' a un'ascella.

Le sue labbra sono carnose e rosse e tendono al rorido e più che chiedere pare pretendano, in quel loro broncio di seta liquida, d'esser baciate. Io le bacio spesso, lo ammetto, inutile negarlo, ne sono un baciatore, e un bacio con Lenore è, se mi è concesso indugiare un po' su questo tema, non tanto un bacio quanto una dislocazione, è una rimozione e poi brusca assunzione di essenza dall'io alle labbra, sicché è non tanto il contatto di due corpi umani per fare le solite cose a colpi di labbra quanto due insiemi di labbra in reciproca cova e in comunione di specie sin dagli albori dell'era post-Scarsdale, forti di condizione ontologica autonoma sancita dalla suddetta comunione, che trascinano dietro e sotto di sé, mentre si uniscono e diventano una cosa sola, due ormai completamente superflui corpi terreni appesi al bacio come spossati gambi di fiori sursbocciati ovvero come mute ormai inservibili. Un bacio con Lenore è una sequenza in cui io pattino con scarpe imburrata sull'umida pista del suo labbro inferiore, protetto dalla intemperie grazie all'aggetto madido e tiepido di quello superiore, per infine riparare tra labbro e gengiva e rimboccarmi il labbro sin sul naso come un bimbo la coperta e da lì scrutare con occhi lustri e ostili il mondo esterno a Lenore, del quale non voglio più far parte.

Tutti noi in fondo subivamo e accettavamo un'esistenza della quale molti aspetti sfuggivano al nostro controllo. Faceva parte del vivere in un mondo pieno di altre persone con altri interessi.

E Lenore Beadsman lentamente sollevòla mano destra e le fece risalire il mio collo, dove mi avviluppò mascella e guancia in un esitante torpore, le lunghe dita dalle unghie rosicchiate tenendomi fermo contro la sua gola, incoraggianti, la sua testa adesso china a farmi sentire sulle labbra l'esile rombo di un'arteria. Io vissi, propriamente e per la prima volta da anni e anni, in quell'istante.

Mi manca chiunque. Ricordo quando ero giovane e avvertivo una sensazione e la identificavo come nostalgia di casa, e poi pensavo che era proprio strano, visto che a casa ci vivevo.

In lei Andy vede la possibilità di cambiare il passato. E' da una vita che Andy cerca di cambiare quello che non si può cambiare. E' un illuso. E ricordati che le mdaglie hanno sempre due facce.

Poi Lang disse: - Tu vai pazza per le parole, vero? - Guardò Lenore. - Vero che vai pazza per le parole?
- Cioè? Che significa?
- Significa che mi dai l'idea di una che va pazza per le parole. O forse pensi che siano loro a essere pazze.
- In che senso?
Lang guardò nel tavolino di vetro, poi si toccò distrattamente il labbro superiore, con un dito. - Nel senso che le prendi terribilmente sul serio, - disse. - Tipo come se fossero un bisturi, o una motosega che rischia di tagliarti con la stessa facilità con cui taglia gli alberi. In questo senso.

quella è la marca di tramonto quando il sole fa diventare le nuvole tutte arrabbiate.

David Foster Wallace

3 commenti:

william d. ha detto...

preso. ma non letto.

mi manca chiunque è la frase della mia vita comunque..

ciao ed.

Edward S. Portman ha detto...

le citazioni ci si sovrappogano, a noi..

william d. ha detto...

la verità ci renderà liberi... ahah