martedì 28 giugno 2011

Bolla

Non è il cuore, lui lo sa. Il cuore può battere forte o avere dei sussulti, ma ha poco altro potere. Non sono neppure i polmoni, anche se la zona è più o meno quella, dentro la cassa toracica, però a volte può raggiungere pure lo stomaco, comprimerlo verso il basso, attorcigliarlo in modo complicato; quindi non possono essere loro, abbracciati come sono dalla pleura. A dire la verità non è un organo vero e proprio, qualcosa di tangibile, visibile magari durante un'autopsia, quanto piuttosto una bolla, una specie di palloncino che si gonfia e si sgonfia a seconda dello stato d'animo. Può essere grande e dolce, ma anche piccolo, duro e aspro. Cambia di forma, di sostanza. A volte è talmente malleabile da poterci fare qualsiasi cosa: un fiore, una stella di mare, un'autostrada intera con svincoli e sopraelevate, tornanti a salire sopra i suoi umori, portarlo a toccare il cielo con un dito. Allo stesso modo, in senso contrario, quando si irrigidisce diventa pesante come un macigno, un puntino minuscolo di piombo dal peso specifico infinito che pare dare una mano alla gravità nell'ancorarlo a terra.
L'ultima volta che questo palloncino si è gonfiato è stato quando lui lo ha abbracciato. Ne sentiva il contatto, e un'onda di calore è partita dal centro del suo petto a espandersi verso l'esterno, fino sotto le spalle. Non sentiva mai caldo sulle braccia, o alle gambe. I suoi arti erano come insensibili a quel tepore, nonostante lui lo potesse afferrare per un avambraccio o gli sfiorasse casuale una coscia. Quel palloncino si ingrandiva solo all'interno del suo busto, pure alla testa non arrivava mai. Paradossalmente arrivava vicino alla testa solo quando era triste, quando in teoria quella bolla doveva essere microscopica ma allo stesso tempo pesantissima. Quando avveniva lo sentiva fissarsi proprio sotto lo sterno, ed era una sensazione continua, persistente, un fastidio che per quanto si grattasse e cercasse di rimuovere non andava via, né si allietava. Restava lì, al centro del suo petto, spostato rispetto al cuore - anche per questo non poteva essere il cuore - ma, non riusciva a capire come, ne sentiva anche una punta decisa, distaccata, alla base del collo, appena sotto la gola, impedirgli di respirare con tranquillità. Era come se un anello gli restringesse la trachea, facendo passare meno aria di quella di cui aveva bisogno. Questa era la sensazione che provava da quando lui se ne era andato quel giorno. Sempre, ogni giorno, ogni minuto. Questo cercava di spiegare alla dottoressa: il fastidio costante, sempre a camminare su di una lama affilata, un male che però non diventa mai dolore, bensì ti consumava lento, per sfinimento, inesorabile.

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