mercoledì 4 aprile 2012

L'ultimo terrestre


L’ultimo terrestre è di Gianni Pacinotti. Gianni Pacinotti è Gipi. O meglio: Gipi è Gianni Pacinotti. Per il suo esordio al cinema ha scelto il nome vero, forse perché ci si poteva aspettare che il nome Gipi venisse accostato a una pellicola per la sceneggiatura, o per un film tratto da un suo libro. Invece in questo caso il buon pisano si mette pure dietro la macchina da presa, rendendo il suo esordio in campo cinematografico un vero e proprio esordio, e non solo un semplice accostamento di nome. Per la storia però non si affida a una delle sue, ma ne prende in prestito una da Giacomo Monti: il film è liberamente ispirato alla graphic novel “Nessuno mi farà del male”, di (appunto). I personaggi però sembrano essere proprio usciti dalla penna di Gipi, non tanto per i comportamenti (il protagonista solo a tratti) quanto piuttosto proprio nei lineamenti fisici.
Nel film viene presentato un microcosmo nel quale ci si appresta ad accogliere sul più ampio pianeta Terra una specie aliena non meglio definita. Cosa comporta questo macroavvenimento al nostro suddetto microclima? Apparentemente niente da un lato, apparentemente un ribaltamento totale dall’altro. Ma a parte la giusta punizione e il giusto premio per i buoni e i cattivi (in questo caso siamo tutti alieni in quanto non sono solo loro a capire chi sia buono e chi sia cattivo all’interno della storia, dove l’unico tono grigio potrebbe essere visto nel protagonista: è facile giudicare quando l’oggetto del giudizio si trova a uno dei due estremi, ben più difficile quando si trova in una via di mezzo) il fulcro della storia ruota attorno a ben altro che gli alieni. Gli alieni, o l’aliena femmina, è solo un modo per arrivare all’illuminazione. In fondo gli alieni sono solo un modo per vedere le cose sotto un’altra prosepittiva.

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