martedì 11 novembre 2008

La ragazza dai capelli strani


Julie e Faye sono a letto, da amanti. Si scambiano complimenti sui loro corpi. Si lamentano della brevità della notte. Esaminano e riesaminano, con una sorta di entusiasmo infelice, le piccole ignoranze che necessariamente, dice Julie, delimitano la strada che porta a un qualunque vero legame fra due persone.

Il Pacifico di prima mattina è lilla.

Un furgoncino Volkswagen sta uscendo in retromarcia dal vialetto. Canta il canto stridulo e trieste delle Volkswagen in retromarcia.

Julie scrolla le spalle. “Rispondi come t ipare.” Deve raddrizzarsi i baffi in continuazione, per colpa del caldo. “Di’ che il lesbismo è solo uno dei tanti tipi di risposta all’Alterità. Di’ che il senso dell’amore sta tutto nel tentativo di infilare le dita nei buchi della maschera della persona che ami. Di far presa in qualche maniera su quella maschera, e chi se ne importa di come ci riesci.”

“Una volta mi hai chiesto in che senso le poesie mi hanno formata.” Dice. Quasi un sussurro: la voce che usa al microfono. “E mi hai chiesto se noi, noi due, dipendevamo da questo gioco, anche solo per esistere. Piccola?” – solleva il viso di Faye mettendole un dito sotto il mento – “Te lo ricordi? Te lo ricordi il mare? La nostra alba sul mare, che ci piaceva tanto? Ci piaceva tanto perché era come noi. Faye. Quel mare era ovvio. Per tutto il tempo stavamo guardando qualcosa di ovvio.” Le dà un pizzicotto a un capezzolo, tanto delicatamente che Faye neanche se ne accorge. “I mari sono mari solo quando si muovono”, sussurra Julie. “Sono le onde a impedire che i mari siano semplicemente delle enormi pozzanghere. I mari sono fatti soltanto delle loro onde. E ogni onda del mare alla fine è destinata a incontrare ciò verso cui si muove, e a infrangersi. Tutto quello che avevamo davanti agli occhi, tutte le volte che me lo chiedevi, era ovvio. Era ovvio ed era una poesia, perché eravamo noi. Guarda le cose in questo modo, Faye. La tua faccia che muovendosi assume un’espressione. Un’onda che si infrange su uno scoglio e abbandona la sua forma in un gesto che esprime quella forma. Capisci?”

“L’amore è soltanto una parola. Congiunge cose che sono separate. Io e Lyndon, anche se tu non sarai d’accordo, siamo d’accordo sul fatto che quello che c’è fra noi non si può più chiamare propriamente amore. Perché abbiamo smesso molto tempo fa di essere abbastanza separati perché ci sia un ‘amore’ a coprire la distanza.”

Mia zia è una sessantenne esageratamente graziosa, di una gentilezza sincera ma non stucchevole, una signora contro cui l’unico capo d’accusa potrebbe essere il fatto di avere i capelli tinti di una sorta di ambra dolce impossibile da trovare in natura.

Leonard sostiene che sono proprio come nostra madre e soffro di un infelice e sostanzialmente stupido desiderio di essere perfetto; io dico che questo non ha nulla di costruttivo a che fare con quello che ho detto, e oltretutto non vedo che cosa ci sia di male nel desiderare di essere perfetti, dato che essere perfetti sarebbe…be’, perfetto.

David Foster Wallace

Nessun commento: