mercoledì 7 dicembre 2011

Io Woody e Warren. I miei amori sul set



Anche se ci eravamo lasciati due anni prima di girare Io e Annie, ero ancora la complice di Woody. Non so spiegare perché continuassimo a funzionare. Forse, come un vecchio divano, eravamo comodi l'uno per l'altra. Ci piaceva ancora sederci insieme sulle "panche dei vecchi" all'ingresso di Central Park e commentare la sfilata di umanità che ci passava davanti. Ci divertivamo ancora con le nostre "follie gastronomiche" e continuavamo a progettare imprese future, ma le cose erano cambiate. All'improvviso lui era il genio comico. All'improvviso io avevo occasioni importanti. Incontrai Warren Beatty per parlare del suo film Il paradiso può attendere, e lo rifiutai per battere i bar come Theresa Dunne in In cerca di Mr. Goodbar. Dopo aver finito di girare quel film, tornai a New York. Quando Warren mi telefonò alla vigilia di Natale, non era per un lavoro.

E continuò a chiamare. Nel gennaio del 1978 Warren e io cominciammo a frequentarci. Mi dissi che era una cosa temporanea. Ero in grado di cavarmela. Certo, lui era intelligente, furbo come un avvocato. E sì, era ancora tanto bello da farti perdere la testa e toglierti il respiro. Non so perché pensai di poter tenere sotto controllo la faccenda, anzi, diciamo la verità, non pensai niente, non pensai affatto. Mi innamorai, e continuai a innamorarmi per un sacco di tempo. Mi conquistò fin dal primo momento in cui lo vidi nell'atrio del Beverly Wilshire Hotel nel 1972. Alzai lo sguardo e, in lontananza, vidi il mio
sogno trasformato in persona reale. Notai anche che non c'era una donna nelle vicinanze che lui non sottoponesse a un esame minuzioso, a parte me. Non mi esaminò, non quella volta. Warren si rivelò un personaggio ben più complesso di quello che avrei potuto immaginare vedendolo baciare Natalie Wood in Splendore nell'erba al cinema Broadway di Santa Ana. Io facevo il secondo anno delle superiori. Non avevo mai visto qualcosa come Warren Beatty. Per qualcosa, intendo dire che non era reale. Era bello da morire. E Natalie Wood? Be', lei era me. Io ero lei. Quando Bud e Deanie furono costretti a lasciarsi, ero devastata. Scrissi perfino a Elia Kazan, il regista, chiedendogli perché i genitori erano così contrari al loro amore. Non avrebbe potuto cambiare il finale? Possibile che una semplice differenza di classi sociali avesse tutta questa importanza? Non mi rispose. Che buffo: un paio di settimane fa ho intravisto Splendore nell'erba alla tivù, ed eccoli di nuovo, Bud e Deanie, ancora tormentati, ancora innamorati.

Neanche la mia storia d'amore con Warren era destinata a durare a lungo. Per noi non si è trattato delle circostanze, ma piuttosto del nostro carattere. Ammetto che c'era anche un pizzico di contrasto fra due mondi diversi che si mescolavano: dopo tutto, Warren era "Il principe di Hollywood" e io ero soltanto "Di annie Oh Hall-ie", come mi chiamava mio padre. Warren aveva una fama tremenda. Quando studiavo alla Neighborhood Playhouse, dopo la lezione di danza di Martha Graham noi ragazze spettegolavamo un sacco sul suo conto. Cricket Cohen conosceva una ragazza che conosceva una ragazza che lui aveva abbordato e portato nella sua camera al Waldorf Astoria. Oh, mio Dio, che orrore, che umiliazione. Tutte noi giuravamo che non ci saremmo mai cascate. Noi no, mai. Quello che non sapevo era che se Warren decideva di puntare la sua luce su di te, non avevi scampo. Sotto il suo sguardo io diventavo la persona più seducente del mondo. Lui si nutriva di ogni sfumatura del mio viso asimmetrico e la trasformava in pura bellezza. Era una cosa ammaliante, ma faceva anche paura. Tenevo il piede in due vite diverse, in due luoghi diversi. Stavo con Warren, ma a causa di Io e Annie tutti credevano ancora che fossi la ragazza di Woody.

Warren aveva un infallibile rivelatore di cazzate perennemente in azione. Sempre alla ricerca di ciò che stava nascosto dietro le apparenze, fu l'unica persona abbastanza curiosa da chiedermi se gli occhiali che portavo in Io e Annie avessero davvero le lenti graduate. Beccata. Mentre Woody incoraggiava i miei tentativi artistici con messaggi come "P. S. Sono arrivate le tue nuove foto. Le migliori che hai fatto! Davvero!", Warren dava un'occhiata a uno dei miei collage e diceva: "Sei una stella del cinema. Era quello che volevi. Adesso ce l'hai. E devi pedalare. E comunque dove credi che ti porterebbe questa roba pseudoartistica?". Era questo che mi piaceva in lui: diceva quello che pensava. E i suoi pensieri avevano una gran quantità di variabili.

Quando confronto il rapporto di mia madre con mio padre e il mio con Warren, non ci sono dubbi che le promesse di Warren erano molto più seducenti di quello che avrebbero mai potuto essere quelle di Jack. Dopo che gli ebbi confessato che gli aerei mi terrorizzavano, Warren arrivò a sorpresa quando stavo per imbarcarmi su un volo per New York, mi prese la mano, mi accompagnò fin sull'aereo, si sedette accanto a me sempre tenendomi la mano e non la lasciò finché non fummo atterrati.

Di Diane Keaton (una donna meravigliosa) tratto dalla sua autobiografia.
Trovato qua: http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/11/28/news/diane_keaton-25708635/

Nessun commento: