mercoledì 22 febbraio 2012

L'inconfondibile tristezza della torta al limone

More about L'inconfondibile tristezza della torta al limone

Verso nord le colline si dipanavano aggraziate lungo l’orizzonte, con le case accucciate in tutto quel bruno.

Figlia amata al punto che a volte potevo vederla stringere i pugni per trattenersi dallo straripare quando tornavo a casa da scuola, e quando mi abbracciava salutandomi potevo percepire quanto fosse inadeguato l’abbraccio rispetto a tuto quello che voleva darmi.

La sentii arrivare più tardi, nel dormiveglia. Lei in piedi vicino al mio letto. La profondità dell’ombra di una persona percepita da dietro le palpebre chiuse.

Mio padre era quello che si alzava più presto, e alle sette e un quarto stava già lavando la sua tazza da caffè ne lavandino della cucina, spruzzando acqua tutt’attorno e canticchiando tra sé. Canticchiava dei motivetti a me sconosciuti, dai quali trasudava una vivacità antelucana che, quando poi lo rivedevo alle sette di sera, si era ridotta a un puro desiderio di televisione.

Mi sentivo le lacrime che si raccoglievano di nuovo in gola, ma le allontanai, lontane una dall’altra. Le lacrime costituiscono una minaccia solo quando si trovano in gruppo.

Il cibo è pieno di sentimenti, dissi, spingendo via il piatto.

Ti può far sentire così sola, vedere gli estranei fuori alla luce del giorno, che fanno compere, un giorno che non è uno di quelli buoni. Questo giorno: il giorno che tornai dal pronto soccorso dopo una crisi durante la quale avevo voluto strapparmi la bocca. Non un giorno facile in cui guardare le persone coi loro vestiti vivaci, con i capelli lucidi, che indicavano sorridenti maglioni di tutti i colori.
Le avrei volute cancellare tutte. Ma avrei voluto anche essere ciascuna di loro, e non avrei potuto cancellarle e allo stesso tempo essere loro.

In quel periodo teneva i capelli sciolti, lunghi fino alla vita, e ogni volta che ho incontrato qualcuno dei suoi vecchi amici, loro descrivevano mia madre come una specie di sirena con le gambe. Con la sua pelle di una trasparenza tale che la gente si proteggeva gli occhi.

Il sole colpì l’oro dello champagne come una lancia.

Voleva che mia madre portasse dei bei vestiti e che comprasse i gioielli che voleva comprare in modo da poterglieli togliere di dosso. Voleva vestirla e svestirla.

Molti bambini, a quanto pareva, ci mettevano anni e anni a rendersi conto che i loro genitori erano persone piene di difetti e scombinate, e a me proprio non andava di arrivare a saperlo in modo così intenso, e così precocemente.

Andare da qualcuno a cui vuoi bene, in una brutta situazione, è uno dei grandi barometri della gratitudine.

Non mi davano affatto fastidio quei tratti silenziosi. Era come se stessimo mettendo alla prova l’idea di stare uno accanto all’altra.

La sposa, una botanica dai capelli rossi e i polsi aggraziati, camminava lungo la navata centrale in un vestito che sottolineava la sua flessuosità, i suoi movimenti spontanei e naturali come il frangersi e il rifluire della spuma dell’oceano.

Il disagio e la timidezza che si prova quando si esce per la prima volta con qualcuno che si pensa ci possa piacere davvero.

Aimee Bender

Nessun commento: