lunedì 9 giugno 2008

A Casa

Quando arriviamo davanti casa mia ormai ci conosciamo quel tanto che basta per reputarsi entrambi buoni amici. Lei sa che non sono pericoloso, che non uscirò fuori un giorno con una improvvisa quanto improbabile dichiarazione d’amore. Io, invece, so benissimo che lei è una di quelle ragazze bellissime che, se avrò fortuna, potrò rivedere solo in televisione, ma estremamente fuori dalla mia portata.
Anni luce fuori dalla mia portata.

Io un moscerino qui sulla terra, e lei una stella su un’altra galassia.

Federica parcheggia di fronte il portone di casa mia, esattamente sull’altro lato della strada. Mette in folle e poi mi saluta, poggiandomi delicatamente le labbra sulle mie guance. Dice che è stato un piacere avermi incontrato, così per caso. Io ricambio, eccome.
“Anche per me è stato un piacere.”
Scendo di macchina e corro attraverso la pioggia verso casa.

Una volta a riparo sotto la grondaia, posso finalmente cominciare a pregare. Metto la mano in tasca del giacchetto di jeans e cerco la chiave. Nel farlo mi volto verso la Polo di Federica, ancora parcheggiata là dove mi ha lasciato. Riesco a intravedere i suoi capelli attraverso le piccole gocce che scivolano sul finestrino. Sorrido un po’ a cretino, non so perché, ma mi sembra che lei contraccambi.
Mi volto verso la porta e tiro fuori la mano con la chiave.

Abbasso lo sguardo e mi fermo un istante. Non respiro, non vivo. La pioggia introno a me ha smesso miracolosamente di scendere: rimane sospesa a metà aria come in un fotogramma di un film.
Deglutisco.
La chiave di casa è sofficemente sdraiata sul palmo della mia mano destra, aggrappata a quello sciocco portachiavi dell’autocarrozzeria di mio zio e che mia madre si ostina ad appiccicare un po’ ovunque.

È il momento della verità. Quasi non ho il coraggio di provare ad entrare.
Mi volto di nuovo verso l’altro lato della strada. Federica è ancora là. Non sembra intenzionata ad andarsene fino a che non mi abbia visto sparire dentro casa.
“Cos’ha? Crede per caso che stia cercando di entrare in una casa che non è mia??”
Se lei non ci fosse magari mi risulterebbe tutto più facile. Sapere invece che lei mi guarda mi mette un po’ di agitazione addosso. In un certo qual modo è come se mi stesse giudicando.
“Vediamo se questo è tanto scemo da rimanere chiuso fuori casa…”

Prendo tempo. Mi do una scrollatina ai capelli, anche se ora in realtà non ne avrebbero molto bisogno. Poi, non so come non so dove, trovo il coraggio di provare ad entrare.
Giro la chiave nella mia mano e la indirizzo verso la serratura.
Sono attimi che durano anni. Il percorso che la mia mano deve fare non è calcolabile neppure in un metro, ma ci mette un’eternità.

Ci sono. Mi sembra di essere tornato indietro con gli anni, quando da piccolo all’asilo mi mettevo con le gambe incrociate sul tappeto e giocavo. C’era un una specie di casetta con degli strani buchi sul tetto e il bello era proprio quello di prendere la forme geometriche sparse un po’ ovunque nell’aula e infilare ognuna nel buco giusto. La situazione, ora mi sembra più o meno la stessa.

La chiave tocca già il metallo della serratura. Sono stato attento a posizionarla in modo che scivoli dentro perfettamente e senza alcun problema. L’unica cosa che rimane da fare è prendere un lungo respiro e spingere delicatamente.
Respirare e spingere. Respirare e spingere. Respirare e spingere. Nulla di più.
Respiro.
E spingo.

La chiave entra dentro la serratura che è un piacere. Per un momento assaporo quella dolce sensazione che si prova quando una figura di merda già scritta sfuma via. Poi però, dopo pochi millimetri, la chiave si blocca e non vuole sentirne di andare oltre.
Mi fermo e assaporo quella amara sensazione che si prova quando si è protagonisti di una figura di merda già scritta.

Cerco di non drammatizzare. Anche se la prima cosa che mi verrebbe da fare sarebbe quella di battere i pugni sul portone di casa imprecando contro mio fratello, non lo faccio. Tentiamo di mantenere quel poco di dignità che ancora ho agli occhi di Federica.
L’importante in momenti come questo è non lasciar trasparire la delusione. In altre parole ciò che devo fare è fingere che tutto vada bene e non far capire a Federica che mi trovo con la cacca fin sotto il naso.

Provo ad atteggiarmi in modo del tutto naturale. So che lei non può capire molto la situazione in cui mi trovo, in fondo mi vede solo di schiena e non credo che la mia schiena sia molto espressiva. Nonostante ciò faccio in modo che non si accorga di niente.
Muovo le spalle un po’ in su e in giù. Mando la destra leggermente in basso, rialzando appena la sinistra, e poi viceversa.

Riprovo.
Forse ho solo sbagliato ad inserire la chiave. Magari ho cercato di metterla al contrario, come se non fosse la prima volta.
Mi rimetto ai nastri di partenza. Il cuore riprende a battere esattamente come prima.
Respirare e spingere. Respirare e spingere.
Niente. Si blocca dopo poco.

Riprovo. E ancora nulla. Riprovo ancora, ma è sempre la stessa storia.
Mi sono ormai quasi del tutto arreso e la mia mano che prova ad inserire la chiave dentro la serratura è più che altro un istinto riflesso. Non ci credo neppure più io che prima o poi entri del tutto. Sarebbe un colpo di culo che stonerebbe nella mia vita.
In fondo se la dea bendata avesse deciso di baciarmi questa sera avrebbe avuto il suo bel da fare. Innanzi tutto non avrebbe fatto in modo che Mirko e Irene mi intortassero ben bene convincendomi ad andare con loro all’osservatorio. Poi non avrebbe dovuto far piovere. Ed infine, se davvero avessi un briciolo di fortuna, Federica se ne sarebbe già andata via da un pezzo, senza assistere a questa straziante scena di me che rimango chiuso fuori casa.
“C’è qualche problema?” Appunto.

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