mercoledì 4 agosto 2010

Ballando su un vulcano

questo valzer che danziamo da ubriachi, con passi maldestri a schiacciarci i piedi a vicenda, pare diventare di giorno in giorno sempre lo stesso identico modo, vecchio e bolso, di calpestare e spingere sempre più a fondo il vulcano sopra il quale giriamo. davvero crediamo speriamo preghiamo che un’eruzione, seppur sotterranea oltre la crosta del mondo, non ci spazzerebbe via bruciandoci tra i vapori dello scoppio?
i primi ad andarsene sarebbero i piedi, penso. scomparirebbero mentre ci suggeriscano di scappare, di andarsene il più veloce possibile il più lontano possibile. ma come raggiungere questo posto a riparo da qualsiasi pericolo quando non avremmo più i piedi per camminarci sopra?
subito dopo ci abbandonerebbero le caviglie. piedi e caviglie sono fratelli sorelle, sono gemelli e dove vanno gli uni ci vanno anche le altre. non è possibile separarli, neppure alla nascita. hanno questo legame, che è stretto di tendini, il malleolo, tutta quanta l'articolazione, che è talmente difficile da sciogliere. è inutile anche solo provarci. quando i piedi evaporerebbero bruciati, la seconda parte di noi ad andarsene sarebbero le caviglie.
dopo caviglie e piedi le cose comincerebbero a bruciare più lentamente. gli stinchi, per quanto insensibili e privi di nervi, impiegherebbero un po' più di tempo a scomparire. si consumerebbero piano piano, dandoci tempo di capire cosa diavolo stia succedendo: stiamo scomparendo, non morendo; saremmo semplicemente cancellati via. non resterebbe niente di noi, nessun corpo da seppellire, nessun tipo di resti da piangere, o da celebrare. diventeremmo cenere, cenere alla cenere.
poi via via tutto il resto: le gambe tutte, l'inguine con il quale ci siamo scontrati violenti di rabbia feroce e di tenera comprensione; il busto, le braccia, le mani che ci hanno accarezzati prima lente e poi sempre più veloci per prendere quanti più centimetri possibili da accumulare tra le impronte digitali; il collo, la testa, le spalle, poi ancora la schiena, la colonna vertebrale e le costole, una ad una. diventeremmo fossili in un batter di ciglia, combustibile, petrolio, benzina. faremo muovere i nuovi trasporti speciali lungo le autostrade che continueranno ad esserci, ignare e sorvolando qualsiasi tragedia nella quale saremmo stati dispersi al vento.
e pur sapendo questo continuiamo a ballare e ballare, ballare e ancora ballare. quanto stupidi saremo? possiamo sempre diventarlo di più, spingendoci al limite di tutto quanto credevamo possibile. offuscarci la vista con lenti rosa e gialle, alterare la realtà divaricando non tanto le gambe quanto invece le braccia.
ma in fondo è proprio questo: per un mare di braccia che si aprono ci vuole pur sempre qualcuno che si tuffi dentro di esse.

Nessun commento: