giovedì 14 ottobre 2010

L'estate dei miei vent'anni

‘fanculo l'estate dei miei vent'anni. pensavo di avere capito tutto quando invece non avevo capito un cazzo. come sarebbero cambiati i giorni, quegli stessi e quelli dopo, se solo avessi saputo di questa mia ignoranza. avrei affrontato le cose più o meno armato, invece di procedere nudo senza alcuna difesa su strade cosparse di sale. oppure avrei fatto gli stessi identici errori, nonostante sapessi a cosa mi avrebbero portato, perché magari avrei saputo quale fosse la scelta giusta e quale invece quella sbagliata, solo che scegliere una direzione davanti a un bivio non tira in ballo solo il giusto o lo sbagliato, il buono e il cattivo, il bene e il male, il lato chiaro contro il lato oscuro. sarebbe troppo facile. il diavolo sa di essere malvagio.
l'estate dei miei vent'anni è stata invece soleggiata, senza neppure un temporale estivo. sembrava essere la perfezione, il bel tempo steso sopra il bel paese. quanti problemi erano scavati in fondo tra le radici? quanti scheletri sono poi affiorati dal terreno a forza di camminarci sopra consumandolo? i problemi c'erano pure all'ora, come ci sono anche adesso per chi ha vent'anni oggi, ma sembravano di cartapesta a confronto con quelli di questi giorni. bastava piangerci un po' sopra per farli subito bagnare, renderli friabili, deboli; oppure prenderli a cazzotti con violenza, affrontarli decisi ad avere la meglio, con le buone o con le cattive, andarci a parlare di corsa con le forbici in mano, pronti a farli a brandelli tagliuzzando via via gli angoli. quelli di adesso invece sono più subdoli, hanno memoria storica di come mi sono comportato in passato, imparano loro stessi dai loro stessi errori. vincerli non è più così facile come era un tempo. se mi presento di fronte a loro con delle forbici in mano, otto volte su dieci loro mi rispondono con un sasso. e le due restanti volte si tratta solo di fortuna.
troppo spesso dimentichiamo che crescere non significa solo migliorare, maturare, cambiare, farsi delle idee proprie su argomenti sempre diversi, scegliere una strada che ti appassiona e condividerla con altre persone a te affini che ti influenzeranno e ti faranno inconsciamente cambiare in micro aspetti di tutto il tuo essere, contribuendo in questo modo, volenti o nolenti, alla tua personale crescita - cosa che magari farai pure tu nei loro confronti, intrecciandovi così in un rapporto di dare e avere che si perde nella trasformazione di un rapporto più profondo, dove la distinzione dei diversi gesti evapora lasciando posto alla naturalezza con la quale si abbattono le distanze, o le barriere che separano l'io dall'altro, unire i propri continenti, eliminare i confini politici-. crescere significa anche raffrontarsi con problemi che, incredibile ma vero, sono cresciuti insieme a te, sono maturati, sono cambiati. illudersi di dovere o potere affrontare gli stessi identici problemi di quell'estate soleggiata dei vent'anni di chiunque equivarrebbe a voler crescere in altezza mantenendo però le stesse braccia, mani e gambe di quando avevamo cinque anni. i problemi sono parte di noi, e chi dice il contrario è soltanto qualcuno pronto a mentire pur di tranquillizzare il prossimo. i problemi vanno trattati proprio come le braccia, le mani e le gambe. ritrovarsi a trenta quaranta cinquant'anni con le stesse mani di quando invece ne avevamo quindici, avere il busto grande e spesso di un uomo ma le braccia corte ed esili di un ragazzo, i pensieri di un adulto ma la faccia di un bambino, come ci fossimo divertiti a prendere i bambolotti della nostra infanzia smontandoli degli arti e rimontandoli gli uni sul corpo degli altri, creerebbe un certo imbarazzo: tutti noterebbero quel qualcosa di strano, di fuori posto, quel qualcosa che non andrebbe.
i problemi sono una parte di noi, inutile ignorarli. siamo noi stessi a crearli, sono una specie di secrezione spontanea che il nostro corpo produce di fronte alle varie situazioni. in natura , oltre l'uomo, i problemi non esistono. risolverli non vuol dire schiacciarli, pestarli, prenderli a pugni, ucciderli, quanto piuttosto parlarci, confrontarsi, scioglierli - i nodi alle scarpe li sciogli perché vuoi mantenere intatti i lacci, non li bruci, così come non puoi bruciare i problemi, altrimenti si perderebbero anche le situazioni - assorbirli come assorbi l'adrenalina, o l'acido lattico.
per capirlo devi passare per forza da molte estati, non solo dei vent'anni. prima lo capirai e prima riuscirai a goderti le estati al loro completo, comprese quelle brutte. comprese anche quelle con molti temporali.

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