lunedì 18 ottobre 2010

Una preghiera

oh signore mio dio, sapevo di peccare, ma dovevo anche stare pur sempre sveglio in qualche modo stamattina. presto o tardi sarebbero arrivati i risvolti di un errore così grave, ed ero consapevole sarebbero pure arrivati presto, piombando affamati come falchi sulla propria preda, perché non c'è peggior sbaglio di sbagliare essendo coscienti di sbagliare.
mi ero detto di non caderci ancora e invece ci sono caduto ancora e ancora, di nuovo, sempre e comunque, al di là di qualsiasi promessa o tentativo. quanto cretino e stupido e maligno nel volersi far del male, demolendo paesaggi interiori spazzati via da un soffio alitato male.
sapevo di peccare, mio signore, eppure ho peccato ugualmente, e se non meno addirittura di più, spingendo forte su quello che non dovevo fare e invece ho fatto. stigmate a zigzag, ecco con cosa dovrebbe colpirmi, piaghe purulenti.
oh signore, cosa devo fare per purificarmi fino al midollo? come mai vi accanite così forte su di me, la mia persona fatta di carne e non solo di spirito? a volte pare facciate tutto per farvi odiare, mettete di fronte a un vostro fedele devoto uno specchio e gli disegnate addosso tutte quante linguacce possibili maligne affinché lui perda la fede. non vi siete reso conto che come umanità, l'essere umano è capace di appiccare fuochi ben più alti del paradiso? un solo unico vero cristiano c'è stato al mondo, frutto del seno vergine della nostra santissima madonna della chiarezza, e siamo stati capaci di crocifiggerlo.
ma se è questo ciò che vuole, se davvero agogna più dell'acqua santa alla parità dei sessi, delle situazioni, dei saluti inchini chini, chiedendo con queste impiccagioni alte su per l'albero una diversificazione al contrario, dove i buoni diventeranno i cattivi e i cattivi rimarranno cattivi, questo è ciò che avrà. mi raggrinzerò come un pezzo di carta stropicciata chiusa da un pugno duro, le unghie conficcate con forza contro il palmo. l'accartoccerò ben bene questo foglio di carta, tanto da non doverlo neppure più buttare via, gettare nell'immondizia, la raccolta differenziata dei prego, mi scusi, perdoni. batterò con sassi le porte e i vetri di chi con me non è stato. le colpe diventeranno talmente tutte uguali a loro stesse da non poterle neppure più distinguere, fare di tutta l'erba un fascio. l'ossigeno, al diavolo l'aria e l'inferno dove sicuramente brucerò, ma dovrò sintetizzare il litio per poterlo buttare già a boccate, unico mangime disponibile nella mia situazione, riempirmici i polmoni fino a farli scoppiare. e non sentire niente. anestesia completa con occhi aperti e opachi.
sono stanco di vomitare, signore mio iddio. stanco di far esplodere dentro una bomba dopo l'altra. sa cosa rimane quando la prima deflagrazione lascia il posto alla seconda? niente. e quando il niente viene ridotto ancora a più minimi termini da una terza esplosione? niente e più denso niente. se davvero voleva che lo seguissi, il mio credo, non credo che mi avrebbe dato così tante prove da superare, in cui cadere, con le quali ferirsi, morire. sono già resuscitato una volta e ho finito i miracoli a mia disposizione. finché non pescherò dal mazzo delle carte delle probabilità, mi sentirò spento e non mi sentirò più.

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