giovedì 17 febbraio 2011

Inizio

Ho preso un me a caso, uno fra i tanti. Non l'ho modificato per niente, anzi l'ho lasciato il più possibile uguale a com’era. Non l'ho abbellito, né imbruttito: l'ho semplicemente preso come un mago potrebbe prendere un coniglio dal proprio cilindro. Quando lo guardavo era come essere di fronte ad uno specchio: stessi capelli lisci e lunghi, chiari ma non biondi, magari un po' indisciplinati poco prima di arrivare alle spalle; occhi sottili, a tratti come asole senza bottoni; le labbra nascoste da qualche parte sulla faccia; il naso grande, forse anche leggermente storto; e la barba sfatta, di una settimana, poco più lunga intorno alla bocca. Potevo modellarlo come da bambini facevamo con il pongo, magari arrotondando un po' i lineamenti e rendendolo più armonioso, meno particolare; ma non era questo che volevo fare. Volevo una fotocopia di me, una fotografia di uno dei tanti me che ho dentro e che al momento sembrano desiderare di uscire fuori con più prepotenza del solito.
Si è seduto di fronte a me. Muto. Silenzioso nel silenzio della mia cucina. Sembrava inanimato, un po' intontito, e forse era entrambe le cose. Gli ho fatto ricordare aspetti della vita che molto probabilmente non credeva neppure di sapere. E' normale fosse confuso, disorientato, lo sarebbe chiunque nella sua situazione. E' come se lo avessi svegliato da un coma durato anni, afferrandolo per i capelli, e gli avessi spiattellato in faccia tutta la realtà possibile in meno di un'ora. Tutto a un tratto si è trovato a dovere imparare di nuovo ogni dettaglio immaginabile da zero, dall'inizio. Ricominciare a parlare, a camminare, a vedere.
Mentre gli parlavo, spiegandogli grosso modo cosa avessi intenzione di fare, lo vedevo attento, gli occhi concentrati e fissi su di me. Pareva un bambino al primo giorno di scuola, ingordo di sapere. Non faceva domande, non interrompeva; si limitava ad ascoltare, respirando lento e battendo le palpebre il meno possibile.
Non sapevo se mai mi avrebbe potuto perdonare per quello che gli stavo chiedendo di fare. Io al suo posto molto probabilmente non ne sarei stato capace. Mi ha stupito non poco quando ha accettato di farlo. Nel suo sguardo intravedevo una specie di luccichio pieno di fiducia. Forse pensava che non gli poteva succedere niente di male, che in fondo quello che lo attendeva non era altro che un semplice lungo viaggio. Ma a dire la verità io questo non lo potevo dire con sicurezza. Non lo posso dire neppure ora che tutto quanto è ormai iniziato. Non so se davvero non si ferirà, o se lui abbia capito sul serio quando gli ho detto sincero:
"Può darsi ti ferisca e tu non riesca a vedere le ferite. E' il peggior modo di soffrire, quando non si vede il sangue."
"Non credo di capire totalmente quello che vuoi – ha risposto lui. – o quello che vuoi io faccia; ma per me va bene. Ok, facciamolo."
Gli ho versato da bere e dentro di me ho ringraziato chissà chi per quanto tutto fosse stato tanto semplice. Mi aspettavo di dovere mentire, di dovere accampare scuse su scuse; temevo avrebbe fatto un'infinità di domande, cercando di capire cosa in realtà c'era dietro quello che gli stavo chiedendo di fare, avevo paura di dovermi nascondere dietro varie dita, come un vigliacco, o come qualcuno che si vergogna a morte di ciò che sta dicendo. Invece è bastato raccontargli la verità, pura, semplice, onesta, e tutto è filato liscio.
Proprio per questo forse alla fine mi sono sentito in colpa, e senza neppure accorgermene ho iniziato a mettere le mani avanti, a elencare tutta una serie di possibilità che potevano accadere. Non volevo ingannarlo: volevo sapesse bene a cosa andava incontro.
"Ascolta: non posso prometterti niente. Non vorrei che ti aspettassi qualcosa per poi rimanerne deluso. So bene o male dove tutto quello che ho in testa ti porterà, ma non so al cento per cento se mai arriverai là dove dovresti arrivare. Potrei perderti prima, oppure abbandonarti in qualche landa desolata, solo e senza nessuno attorno. Ed anche se mai arriverai dove vorrei, non so se potrai mai tornare indietro, o se sarai per sempre confinato là, come chiuso dentro una scatola."
Lui mi ha guardato sereno, tranquillo, come chi ha preso la sua decisione già da tempo.
"Te lo ripeto: non so cosa tu voglia fare, ma mentre parliamo lo stiamo già facendo."

Nessun commento: