mercoledì 2 febbraio 2011

Particolari

spiegami come fai, quale tecnica speciale usi, per distrarmi dalle mie paure e spellarmi via di pelle morta dalla faccia per trasformarmi ancora e ancora rendermi irriconoscibile a chi mi cerca non trovandomi mai, perso tra gli alberi alti e castani come i miei capelli, con radici profonde a ficcarsi dentro la testa e fare saltare sinapsi e congiunzioni di cervello e parole e mani e intenzioni e speranze e sogni, incubi immersi nell'acido di viaggi intercontinentali dove la musica si fa più viva dei ragni a tessere le proprie tele tra le nostre ascelle, le gambe ferme immobili, perché muoversi significa farsi scoprire e farsi scoprire significa morire, noi ci vestiamo pesanti e non lasciamo nessun centimetro di pelle a contatto con l'aria: se non c'è ossigeno non ci può essere fuoco e senza fuoco le ustioni saranno solo di freddo, intenso.
mi prendi per mano e mi accompagni in questa foresta dove vivono enormi zanzare pronte a pungerci per succhiarci via più sangue possibile. è infetto, infestato dai vermi e le supposizioni fatte in silenzio. beviamo ancora tanto antidoto e ci facciamo punture così poco profondi che dovranno passare anni affinché entrino in circolo. è uguale: curarci o non curarci, urleremo lo stesso, ma non per il dolore o cos'altro ci possa martellare la sensibilità con la propria punta arroventata, ma per sfogarci. e per sfogarci balleremo e salteremo, non appena ci sarà possibile ballare e saltare, in cerchio come da bambini, gireremo gireremo fino a quando non salterà davvero il mondo, e ci troveremo tutti quanti giù per terra, a leccarci le ferite o gli umori, quelle stesse sensazioni di cui grondiamo copiosamente quasi fossero sudore espulso dai nostri pori dilatati quanto le pupille alla ricerca di un tuo sguardo.
ti ho mai detto che sei tutto e il contrario di tutto? è proprio questo il problema, misto al fatto che non c'è soluzione da evidenziare o sottolineare, nessuna spiegazione plausibile da immaginare, da ripetere ad alta voce a pappagallo ritto in piedi davanti alla lavagna durante un'interrogazione alla quale non riesco ad aprire bocca, faccio scena muta, ma non tanto per la mia ignoranza in materia, quanto piuttosto per la paura di essere preso in giro, perché le cose che potrei dire sono così sciocche se viste da fuori, sono quasi comiche. sono i piccoli dettagli sempre più piccoli, microscopici, gli altri non possono vederli, servirebbe una lente di ingrandimento, ma poi rischierebbero di trattarli male e di farli bruciare al sole, facendo passare un raggio arroventato attraverso un'angolazione troppo incurante per farci attenzione. i particolari, quelli che si fanno amare, devono essere trattati con cura, altrimenti si intristiscono e si lasciano morire. questo spero non succeda mai.

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