mercoledì 21 settembre 2011

Cut

Quando disse per la prima volta che voleva andarsene non lo presi molto sul serio. Era reduce da un’attenta rilettura di “On the road” e i suoi progetti erano intrisi di autostop, lavori saltuari, amori interinali, feste da sballo, bevute di ogni tipo, avventure sessuali, avventure di ragionamento, avventure di discussioni accese al limite delle botte, voglia di comunicare, giovani ragazze dalla pelle chiara, dalla pelle scura, con le lentiggini e i pantaloni stretti strappati sul culo, le cosce lunghe, le camicie con le maniche arricciate, e quintali di sigarette, accendini sprecati, finiti, buttati, tabacco da quattro soldi, birra scura servita in enormi bicchieri di plastica trasparente, musica a tutto volume, case disabitate, arredamenti provvisori, fuochi accesi nei cortili di ville in costruzione, periferie perdute, campagne innocenti, amicizie intercontinentali, parole sconosciute, accenti farfugliati, ginocchia sbucciate e mani consumate, carezze trattenute, sentimenti annodati alla bocca dello stomaco, abbracci avvinghiati sopra materassi sventrati, amori di una notte, amplessi stretti, larghi, sdegnati, senza tatto, urla strozzate in gola, grida disperate, mal di testa mattutini, dopo sbornie assillanti, capi chini su fiotti di vomito marrone, cessi che non scaricano, cessi che si intasano, bagni pubblici e privati, gabinetti sporchi di locali sempre affollati, concerti sold-out tutte le sere, orecchie che fischiano, rumori indecifrabili, note rotonde e ovattate, braccia affusolate, spalle sudate da leccare, baci alla base del collo, lingue di ogni sapore, umori acidi, umori dolciastri, umori liquidi e spaesanti, occhiate nascoste, richieste di compassione, delicatezze lungo i fianchi, colpi forti sulle natiche, violenza richiesta, pugni in tasca, marce di protesta, striscioni fatti con vecchie lenzuola, slogan urlati dentro megafoni, braccia alzate, manganellate prese sulle costole, cariche evitate, fughe incondizionate senza guardarsi indietro, rifugi insperati, letti costruiti con tavolini, cuscini fatti da braccia o culi altrui, notti che iniziano al tramonto, e poi vino, alcool, risate frastagliate in singhiozzi trattenuti; tutto questo e altro ancora. Difficile stargli dietro.
Vado via, disse un giorno. Poi riprese a parlare e tutto quanto si perse tra altre parole, confuse, come sempre. Presi quella sua intenzione come un gioco, uno scherzo, una nuova dissociazione dell’alba. Invece.

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