Nel vagabondare mattutino nei meandri di internet (leggo qualche blog, un sito di notizie cinematografiche, forum di calcio dilettantistico, e altre cavolate del genere che compongono, insieme a siti di informazione alternativa, le mie fonti di informazioni giornaliera [per il resto non guardo molti telegiornali in tv]), ogni tanto mi fermo su wikipedia e inserisco una parola nella ricerca per vedere un po' cosa viene fuori, e scoprire cosa ne pensano gli altri. Oggi è toccato a J.D. Salinger.
E leggere un po' di lui mi ha fatto venir voglia di riprendere in mano un suo libro. Non il Il Giovane Holden, che forse ho già riletto troppe volte rispetto agli altri da quando avevo 15 anni ad oggi; magari Franny e Zooey di cui in questo momento sento più la mancanza. Mi aiuterebbe leggere qualcosa di buono, per staccare dalle ultime stronzate che ultimamente ho letto e pure visto. Devo darmi una specie di regolata, altrimenti mi perdo in minchiate che non lasciano niente e che alla fine, stringi stringi, risultano essere solo tempo perso.
Ps. Qualche settimana fa, durante il solito pranzo del sabato, il mio caro nipotino ha raccontato di una allegra scampagnata in un parco, con la sua solita frenesia di dire tutto subito, prendendo fiato giusto perchè altrimenti non riuscirebbe a pronunciare la parola successiva. Nel racconto spiccavano le papere e le anatre del laghetto che c'era dentro il parco, e lui si domandava chi le avesse portate lì, chi gli desse da mangiare. Io non ho saputo resistere:
"E quando il laghetto ghiaccia, dove vanno le anatre?"
martedì 30 settembre 2008
lunedì 29 settembre 2008
giovedì 25 settembre 2008
Jumper
Jumper è uno di quei film che guardi e ad ogni minuto che passa ti domandi: "Ok, va bene, ma quando entriamo nel vivo?". In pratica sembra che la pellicola sia interamente costruita in funzione di una svolta, o di un evento importante, che però non arriva mai. Una volta giunti alla fine si ha l'impressione di aver visto l'episodio pilota di un telefilm che deve essere ancora prodotto, ma che però non avrai voglia di seguire.
Hayden Christensen a tratti è irritante; Rachel Bilson più che attrice co-protagonista, o come diavolo si vuole definire, fa più una specie di partecipazione che altro; Samuel L. Jackson con i capelli bianchi fa il cattivo ma non si capisce bene per quale motivo, e molto probabilmente non lo capisce neppure lui.
La storia gioca a giarare tra un posto all'altro, strizzando l'occhio allo spettatore che deve indovinare facilmente dove si trova il protagonista, tra l'altro pure Roma, ma per il resto è davvero esile esile. Senza contare che la sottotrama familiare è soltato accennata all'inizio, nel centro del film, e alla fine, senza però approfondire minimamente nulla, e in un modo che rasenta quasi l'imbarazzante.
L'unico pregio che ha è di avermi fatto rivalutare Hancock.
Giudizio: Passeggiata
- Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
- Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
- Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
- Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia
mercoledì 24 settembre 2008
Tone
Per parlare di musica bisognerebbe come minimo conoscerla un po', altrimenti si rischierebbe di dare giudizi grossolani e non veriteri; ma in un periodo del genere, dove tutti i cd sono rinchiusi dentro degli scatoloni, una volta trovato qualcosa di nuovo viene naturale parlarne. Ormai sono giorni che vado avanti con la discografia dei Pearl Jam e dei Nirvana, e con Superunknown dei Soundgarden o Version 2.0 dei Garbage, o Cover Records di Cat Power e scoprire così questo cd solista del bassista dei Pearl Jam (si proprio Jeff Ament) fa sempre piacere.
L'astinenza da novità potrebbe giocare brutti scherzi ma questo disco non sembra suonare male. Chiariamoci: non si tratta di niente di transcendentale, anzi ho preferito di gran lunga gli episodi dei Three Fish, sempre targati Ament, ma nonostante tutto è un cd che si lascia ascoltare. Non ha canzoni straordinarie da sfoggiare, ne melodie che ti rimangono impresse a vita nella testa, ma viaggiando in macchina per andare a lavoro non ti fa rimpiangere di averlo preso.
Usiamolo come antipasto, un buon antipasto, per il secondo album solista di Stone Gossard (altro Pearl Jam) che a quanto pare dobrebbe uscire prima della fine dell'anno.
L'astinenza da novità potrebbe giocare brutti scherzi ma questo disco non sembra suonare male. Chiariamoci: non si tratta di niente di transcendentale, anzi ho preferito di gran lunga gli episodi dei Three Fish, sempre targati Ament, ma nonostante tutto è un cd che si lascia ascoltare. Non ha canzoni straordinarie da sfoggiare, ne melodie che ti rimangono impresse a vita nella testa, ma viaggiando in macchina per andare a lavoro non ti fa rimpiangere di averlo preso.
Usiamolo come antipasto, un buon antipasto, per il secondo album solista di Stone Gossard (altro Pearl Jam) che a quanto pare dobrebbe uscire prima della fine dell'anno.
martedì 23 settembre 2008
giovedì 18 settembre 2008
Miss Wyoming
La tv era ancora accesa, e facendo un giro tra i canali scoprì che la verità dell'assioma secondo cui l'ultima cosa che impariamo nella vita è l'effetto che facciamo sugli altri.
Da adulto, quando veniva a sapere di qualcuno che aveva compiuto qualcosa di grande nella vita, scopriva invariabilmente che quelle stesse persone durante la prima gioventù avevano avuto qualche esperienza che aveva dato loro un senso profondo di cosa significava essere morti o invalidi, tanto che dopo avevano giocato tutto per tutto, sapendo che sprecare la vita era il più grande peccato.
"Susan, senza trucco la tua faccia sembra un foglio bianco."
"Mi piace fare il pieno da solo, Ivan. Ti ho mai detto perchè vado sempre ai self-service?"
"Per sentire un legame con l'uomo della strada?" rise Ivan.
"No. Perchè mi piace vedere i numeri ch escorrono sulla pompa di benzina. Faccio finta che ognuno sia una data. Guardo l astoria iniziare dall'anno zero e andare avanti. Il Medioevo, il Rinascimento, Vermeer, il 1976, le ferrovie, Panama, zum, zum, zum, zum, la Grande Depressione, la Seconda Guerra Mondiale, i grandi magazzini, Kennedy, il Vietnam, la disco-music, Mount Saint Helens, Dynasty, e poi... wham! il presente.
"E allora?"
"Questo è allora: questo magico pezzetto di tempo, soltanto pochi numeri dopo l'anno in corso, qualunque esso sia. Quando arrivo a quegli anni, non dico che vedo il futuro, ma sicuramente lo sento."
Una cosa che aveva imparato, mentre era via, era ch ela solitudine come argomento di discussione era assolutamente tabù, molto più del sesso, della politica, della religione o persino del fallimento.
"Sai, John, tutti abbiamo bisogno di un'ossessione, nella vita."
L'atmosfera stava prendendo quella sfumatura irreale che precedeva le migliori scopate della vita.
Il giorno dopo, il provino chiarì nella mente di Susan una delle più grandi lezioni della vita, quella secondo cui meno vuoi qualcosa, più è facile che tu la ottenga.
Fece licenziare uno scrittore che aveva insultato Susan dicendole che era un flacone di profumo vuoto.
John si chiese perché la gente perde la capacità di fare amicizia più o meno quando compra il primo mobile costoso.
"Sai Joh, quando vai a scuola, oggi, ti dicono che probabilmente nella tua vita avrai quattro o cinque carriere diverse. Quello che non ti dicono è che tu 'sarai' quattro o cinque persone diverse lungo il cammino. Tra cinque anni io non sarò più io. Sarò un Ryan diverso, probabilmente più saggio e più corrotto. Mi vestirò di nero, volerò in business class e userò parole come 'sublime' o 'turibolo'. Tu dovresti saperlo. Sei già stato diverse persone, finora. Ma riguardo a me e Vanessa... Vanny... be', noi ci amiamo davvero. Forse avremo dei bambini, o apriremo un ristorante sul mare. Non lo so. Ma so che devo agire in fretta, perché la versione attuale di me stesso sta già svanendo. Stiamo tutti svanendo. Per vedere il Ryan che sta dicendo queste parole devo già voltarmi indietro."
Douglas Coupland
mercoledì 17 settembre 2008
Hancock
Durante l'ultima estate la simaptica multisala dove vado al cinema ha promosso un'altrettanto simpatica iniziativa: andare a vedere otto film presenti in una speciale tessera, per poi usufruire nel mese di settembre di due ingressi gratuiti. Un'occasione che non potevo perdere, visto che nella suddetta scheda c'erano elencati film come Il Cavaliere Oscuro, Hellboy II, Il Principe Caspian, e altri che sicuramente sarei andato a vedere.
Dopo esser riuscito con un'abile mossa d'astuzia a far timbrare anche Un'Estate al Mare, pur non avendolo visto (e mi pare il minimo), mi sono ritrovato con la bellezza di quattro biglietti omaggio (due della mia tessera e due della tessere della mia ragazza) da consumare in due soluzioni.
La prima soluzione è stata Hancock, film con Will Smith che francamente non mi interessava poi moltissimo, ma visto che era a zero euro...
Mi sono seduto in una sala abbastanza piena, accanto ad un gruppo di ragazzetti che occupavano quasi tutta la fila e che per quasi tutto il film non hanno fatto altro che commentare, parlottare, scherzare, ridere, e quant'altro, neppure fossero seduti sul divano del salotto di casa loro.
A parte questo devo dire che la serata ha offerto pochi altri stimoli (i ragazzi mi stimolavano a sputargli in faccia), e per commentare un film del genere non saprei da dove iniziare.
Cominciamo con il dire che è un prodotto ben confezionato: gli effetti speciali ci sono, gli attori con il nome ci sono (oltre a Smith compare anche Charlize Theron, e pure il bravo Jason Bateman), la pubblicità, incentrata sul personaggio dell'eroe ubriacone, ha costruito un alone di sregolatezza e political-scorret attorno al film; ma per il resto...
La storia è esile, non ti afferra per la gola e neppure per i polsi (in altre occasioni, se il film mi avesse entusiasmato, avrei allegramente ignorato i ragazzetti seduti accanto), e tutti sembrano svolgere semplicemente il proprio compitino. In alcuni momenti ti viene da chiederti come mai gli sceneggiatori non abbiano fatto una determinata scelta, per poi scoprire che l'hanno fatta alla scena dopo, bucando la prima e più logica possibilità.
Alla fin fine: tanto fumo e poco arrosto.
Giudizio: Tv
- Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
- Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
- Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
- Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia
martedì 16 settembre 2008
Di nuovo in macchina
Attraverso velocemente la strada riparandomi la testa sotto il giacchetto di jeans. Apro la portiera bagnato fradicio proprio come qualche minuto prima. E finisco di nuovo a spazzolarmi i capelli per asciugarli un po’.
Federica mi guarda un po’, mentre io faccio come se niente fosse: come se lei fossa appena passata a prendermi di fronte casa.
“C’è qualcosa che non va?”
“Beh, si. Mio fratello ha deciso di chiudermi fuori.” Ecco, l’ho detto.
Lei si corruccia un po’, si rimette a posto i capelli dietro le orecchie e guarda fisso al di là del parabrezza.
“Se vuoi puoi venire a dormire da me, se non hai nessun altro posto dove andare.” Non ci credo!
Sulle prime non accetto. Una brutta abitudine che ho è quella di non accettare mai al primo colpo le cose che mi vengono offerte. Anche se in fin dei conti sarei disposto a spolpare una persona per averle. Come ora.
È colpa di mia madre, è lei che mi ha tramandato geneticamente questa sua fissa. La gente con me deve insistere almeno un paio di volte, altrimenti non c’è verso.
Potrebbe anche essere la ricchezza più ricca su questa terra, ma se non mi supplicano di accettare per tre volte io risponderò sempre
“No, grazie.”
È più forte di me, non c’è nulla da fare. Sono fatto così.
Male.
Alla fine riesce a convincermi a rimanere a dormire da lei. Mette la prima e riparte verso casa sua.
“Però devi un po’ adattarti. – dice – Dormirai sul divano, il letto scordatelo.” Io faccio di si con la testa, non c’è problema. Sarei capace di addormentarmi anche su un vibratore pur di dormire sotto lo stesso tetto di una ragazza carina come lei.
“In più, domani mattina lavoro, quindi sveglia alle sette e mezza!”
Sette e mezza?? Ma cazzo, neppure sotto le armi!
Lei mi guarda. Io ci sono rimasto troppo male. Con i ritmi che ho preso questa estate ho bisogno di dormire almeno una decina di ore. Se vado a letto adesso fino alle dieci non se ne parla di vedermi alzato.
Mi volto verso Federica per cercare di strapparle almeno uno strimizzito permesso fino alle otto. Lei è lì che guarda dritto di fronte a se e con difficoltà trattiene una sonora risata. Allora capisco che era soltanto uno scherzo, per fortuna.
“Ma vaffanculo.” Lei scoppia a ridere e io sorrido un po’ più rilassato.
“C’eri cascato, ammettilo.” Certo che c’ero cascato, diamine. Non mi aspetterei mai che mi si prendesse per il culo fin dalla prima uscita. Dopo oggi però dovrò correggere leggermente quello che mi aspetto e quello che non mi aspetto dalle altre persone.
Soprattutto dalle ragazze carine che sembrano innocenti.
Il percorso che da casa mia ci porta fino a casa sua è piuttosto breve. Abbiamo poco tempo per parlare e in quel poco tempo riesco solo a stupirmi un poco.
Scopro che non vive più con i suoi genitori. Capisco che quando ha detto “Casa mia” intendeva davvero casa sua.
“Niente di particolare. – fa lei – Un semplice appartamento di due stanze più bagno.” Buttalo via. Io sarei disposto a fare il bidet a cani paralizzati pur di andarmene dai miei genitori.
Vengo a sapere anche che è fidanzata ormai da cinque anni, una vita ormai, ma la cosa non mi stupisce più di tanto. Me lo avesse detto appena salito in macchina forse tale notizia avrebbe rovinato un’esistenza. Sarebbe stato un macigno che mi cadeva sulla testa, spappolandomela ben bene. Ma venendo fuori ora, chiacchierando del più e del meno, ora che lei ha già assistito ad abbastanza mie figure di merda da riempire un album fotografico stile “Ricordi di una vita”, beh, non mi fa più lo stesso effetto.
“Beata te.” Mi verrebbe da dire, ma non lo dico.
Ad un tratto, lungo una strada che in cinque anni avrò fatto almeno una settantacinquina di volte il giorno, giriamo in una viuzza stretta e buia di cui non mi ero mai accorto prima. Le case attorno sono così strette, appiccicate una all’altra, da sembrare quasi un’unica, grande abitazione.
Il paesaggio però è un po’ triste. Tutto questo aggrovigliamento non è poi un bel vedere. Non so se è la serata imbruttita dal temporale, ma oltre a questa sottospecie di polpettone di case che non riesco proprio a digerire c’è un’aria grigia che non mi piace proprio per nulla.
“Vivere qui non deve essere così bello però…” Non lo dico ad alta voce. Lo tengo per me.
Poi, così senza preavviso, arriviamo in uno spiazzo, una specie di piazzetta interna che fa molto provincia veneta. Una amore di paesaggio che riuscirebbe ad alleviare la giornata anche al peggior criminale nel braccio della morte. Il tutto circondato da un numero limitato ma straordinario di villette a schiera, ognuna con il proprio giardinetto privato e il proprio garage o parcheggio privato.
“Cazzo! E te vivi in questo paradiso terrestre??” Questo, purtroppo, lo dico ad alta voce…
Guardo Federica con degli occhi che sembrano supplicare un assenso. Lei fa finta di niente, continua a guidare come se nulla fosse. Solo dopo un po’, quando forse si accorge che sono fermo con la stessa espressione impietrita da ormai quindici secondi, cosa assai strana per me, si volta leggermente verso di me e con una delicatezza che non ho mai visto prima sorride leggermente.
Non risponde alla mia domanda, ma imbocca una strada che rimane sulla sinistra della piazza e continua la corsa.
“Ok, ho capito.” Riprendo una postura da persona civilizzata e lei sorride ancora.
La casa di Federica sta alla fine della strada, là dove un’altra piazzetta, più misera della precedente, si apre su una serie di palazzine color crema. Non sono certo paragonabili alle villette viste poco prima, ma rispetto alla media nazionale non sono male.
Ci fermiamo in quello che a prima vista sembra essere il parcheggio condominiale. Federica spegne i fari, poi gira la chiave e lascia che il motore emetta un leggero borbottio prima di azzittirsi del tutto.
Mentre lei si impegna nell’estrarre il frontalino dell’autoradio io aguzzo la vista al di là del parabrezza, alla ricerca di un portone che di regola ci dovrebbe portare all’interno dell’edificio.
Federica mi vede e questa volta senza ridere mi avverte:
“L’entrata è dall’altra parte.”
“Ah, perfetto…” Alzo lo sguardo verso il cielo: la pioggia non si è ancora fermata e fuori il temporale continua ad imperversare.
Appena usciti dalla macchina è un attimo. Sembra di essere in una gara di centro metri, solo che al posto dello sparo della pistola prima di partire aspetto che Federica abbia chiuso l’auto; poi la lascio andare avanti di qualche passo per indicarmi la strada e la seguo.
È buffo vederla correre. Non perché sia buffa lei, ma perché mi accorgo di come sia curioso osservare una ragazza che corre. Prima d’ora avevo visto solo Ilaria correre sotto un temporale del genere. Stavamo uscendo da una festa di carnevale che una nostra amica aveva organizzato nel capannone dove lavoravano i suoi genitori.
Lei era vestita da strega sexy e indossava una minigonna stretta che le avvolgeva le gambe fino a poco più su di metà coscia. La falcata che tale gonna le permetteva di fare sarà stata, si o no, di un paio di centimetri al massimo. Per questo corse i cento metri scarsi che ci separavano dalla macchina con minuscoli passettini rapidi rapidi che badavano bene ad evitare le pozzanghere sull’asfalto.
Per me una ragazza che corre è quella visione lì: rapidità al cento per cento. Vedere ora Federica che sgambetta veloce ma per niente rapida tra una pozza e l’altra, esattamente come un ragazzo, ha un che di bizzarro che sconvolge alcune mie certezze.
Starle dietro non mi permette soltanto di seguire la strada giusta, ma anche, e oserei dire soprattutto, ammirare quel suo bel culetto avvolto da quei jeans stretti stretti.
Lo so, sono un maiale, ma in una notte in cui sono stato chiuso fuori di casa e sto correndo sotto la pioggia concedetemi almeno un piccolo piacere.
Sono così assorto dal suo didietro che non faccio neppure più caso a dove metto i piedi, corro e basta. Forse è anche per questo che ad un certo punto finisco letteralmente dentro una sottospecie di piscina che si era venuta a creare in un avvallamento della strada.
“Ma porca puttana!” Punizione divina o cosa?
Arriviamo al portone e mentre Federica cerca le chiavi nella borsetta ho il tempo per vedere i danni causati da quella maledettissima pozzanghera di merda. Riassumendo al massimo ho i pantaloni inzuppati interamente fino a metà stinco, più qualche schizzo che mi arriva sulla coscia e addirittura sulla maglia.
Federica trova le chiavi, sceglie quella giusta in un mazzo in cui ce ne saranno almeno una quindicina tutte colorate diversamente e mi guarda.
“Scusa, avrei dovuto avvertirti di quella pozzanghera, ogni volta che piove si forma sempre più grande, ma pensavo che te ne saresti accorto. Dove avevi la testa?” Ridacchia un po’.
“Sapessi…” Don’t worry, non l’ho detto.
Saliamo le scale fino ad arrivare ad una porta in legno chiaro, esattamente come tutte le altre nella palazzina, con al centro una targhetta d’orata con inciso il suo nome: Federica Ciucci. Fossimo stati compagni di classe presumo che l’avrei fatta morbida con le battute sul suo nome; per fortuna sua non siamo più a scuola e perciò le risparmio una serie infinita di doppi sensi fin troppo scontati.
“È la mia.” Fa lei guardandomi con un’aria piena di soddisfazione.
“Mah va…” Rispondo annuendo alla targhetta.
Lei ride.
“Dai, non prendermi per il culo.”
“No no.”
“Altrimenti dormi fuori sullo zerbino!”
“Ok.”
Federica mi guarda un po’, mentre io faccio come se niente fosse: come se lei fossa appena passata a prendermi di fronte casa.
“C’è qualcosa che non va?”
“Beh, si. Mio fratello ha deciso di chiudermi fuori.” Ecco, l’ho detto.
Lei si corruccia un po’, si rimette a posto i capelli dietro le orecchie e guarda fisso al di là del parabrezza.
“Se vuoi puoi venire a dormire da me, se non hai nessun altro posto dove andare.” Non ci credo!
Sulle prime non accetto. Una brutta abitudine che ho è quella di non accettare mai al primo colpo le cose che mi vengono offerte. Anche se in fin dei conti sarei disposto a spolpare una persona per averle. Come ora.
È colpa di mia madre, è lei che mi ha tramandato geneticamente questa sua fissa. La gente con me deve insistere almeno un paio di volte, altrimenti non c’è verso.
Potrebbe anche essere la ricchezza più ricca su questa terra, ma se non mi supplicano di accettare per tre volte io risponderò sempre
“No, grazie.”
È più forte di me, non c’è nulla da fare. Sono fatto così.
Male.
Alla fine riesce a convincermi a rimanere a dormire da lei. Mette la prima e riparte verso casa sua.
“Però devi un po’ adattarti. – dice – Dormirai sul divano, il letto scordatelo.” Io faccio di si con la testa, non c’è problema. Sarei capace di addormentarmi anche su un vibratore pur di dormire sotto lo stesso tetto di una ragazza carina come lei.
“In più, domani mattina lavoro, quindi sveglia alle sette e mezza!”
Sette e mezza?? Ma cazzo, neppure sotto le armi!
Lei mi guarda. Io ci sono rimasto troppo male. Con i ritmi che ho preso questa estate ho bisogno di dormire almeno una decina di ore. Se vado a letto adesso fino alle dieci non se ne parla di vedermi alzato.
Mi volto verso Federica per cercare di strapparle almeno uno strimizzito permesso fino alle otto. Lei è lì che guarda dritto di fronte a se e con difficoltà trattiene una sonora risata. Allora capisco che era soltanto uno scherzo, per fortuna.
“Ma vaffanculo.” Lei scoppia a ridere e io sorrido un po’ più rilassato.
“C’eri cascato, ammettilo.” Certo che c’ero cascato, diamine. Non mi aspetterei mai che mi si prendesse per il culo fin dalla prima uscita. Dopo oggi però dovrò correggere leggermente quello che mi aspetto e quello che non mi aspetto dalle altre persone.
Soprattutto dalle ragazze carine che sembrano innocenti.
Il percorso che da casa mia ci porta fino a casa sua è piuttosto breve. Abbiamo poco tempo per parlare e in quel poco tempo riesco solo a stupirmi un poco.
Scopro che non vive più con i suoi genitori. Capisco che quando ha detto “Casa mia” intendeva davvero casa sua.
“Niente di particolare. – fa lei – Un semplice appartamento di due stanze più bagno.” Buttalo via. Io sarei disposto a fare il bidet a cani paralizzati pur di andarmene dai miei genitori.
Vengo a sapere anche che è fidanzata ormai da cinque anni, una vita ormai, ma la cosa non mi stupisce più di tanto. Me lo avesse detto appena salito in macchina forse tale notizia avrebbe rovinato un’esistenza. Sarebbe stato un macigno che mi cadeva sulla testa, spappolandomela ben bene. Ma venendo fuori ora, chiacchierando del più e del meno, ora che lei ha già assistito ad abbastanza mie figure di merda da riempire un album fotografico stile “Ricordi di una vita”, beh, non mi fa più lo stesso effetto.
“Beata te.” Mi verrebbe da dire, ma non lo dico.
Ad un tratto, lungo una strada che in cinque anni avrò fatto almeno una settantacinquina di volte il giorno, giriamo in una viuzza stretta e buia di cui non mi ero mai accorto prima. Le case attorno sono così strette, appiccicate una all’altra, da sembrare quasi un’unica, grande abitazione.
Il paesaggio però è un po’ triste. Tutto questo aggrovigliamento non è poi un bel vedere. Non so se è la serata imbruttita dal temporale, ma oltre a questa sottospecie di polpettone di case che non riesco proprio a digerire c’è un’aria grigia che non mi piace proprio per nulla.
“Vivere qui non deve essere così bello però…” Non lo dico ad alta voce. Lo tengo per me.
Poi, così senza preavviso, arriviamo in uno spiazzo, una specie di piazzetta interna che fa molto provincia veneta. Una amore di paesaggio che riuscirebbe ad alleviare la giornata anche al peggior criminale nel braccio della morte. Il tutto circondato da un numero limitato ma straordinario di villette a schiera, ognuna con il proprio giardinetto privato e il proprio garage o parcheggio privato.
“Cazzo! E te vivi in questo paradiso terrestre??” Questo, purtroppo, lo dico ad alta voce…
Guardo Federica con degli occhi che sembrano supplicare un assenso. Lei fa finta di niente, continua a guidare come se nulla fosse. Solo dopo un po’, quando forse si accorge che sono fermo con la stessa espressione impietrita da ormai quindici secondi, cosa assai strana per me, si volta leggermente verso di me e con una delicatezza che non ho mai visto prima sorride leggermente.
Non risponde alla mia domanda, ma imbocca una strada che rimane sulla sinistra della piazza e continua la corsa.
“Ok, ho capito.” Riprendo una postura da persona civilizzata e lei sorride ancora.
La casa di Federica sta alla fine della strada, là dove un’altra piazzetta, più misera della precedente, si apre su una serie di palazzine color crema. Non sono certo paragonabili alle villette viste poco prima, ma rispetto alla media nazionale non sono male.
Ci fermiamo in quello che a prima vista sembra essere il parcheggio condominiale. Federica spegne i fari, poi gira la chiave e lascia che il motore emetta un leggero borbottio prima di azzittirsi del tutto.
Mentre lei si impegna nell’estrarre il frontalino dell’autoradio io aguzzo la vista al di là del parabrezza, alla ricerca di un portone che di regola ci dovrebbe portare all’interno dell’edificio.
Federica mi vede e questa volta senza ridere mi avverte:
“L’entrata è dall’altra parte.”
“Ah, perfetto…” Alzo lo sguardo verso il cielo: la pioggia non si è ancora fermata e fuori il temporale continua ad imperversare.
Appena usciti dalla macchina è un attimo. Sembra di essere in una gara di centro metri, solo che al posto dello sparo della pistola prima di partire aspetto che Federica abbia chiuso l’auto; poi la lascio andare avanti di qualche passo per indicarmi la strada e la seguo.
È buffo vederla correre. Non perché sia buffa lei, ma perché mi accorgo di come sia curioso osservare una ragazza che corre. Prima d’ora avevo visto solo Ilaria correre sotto un temporale del genere. Stavamo uscendo da una festa di carnevale che una nostra amica aveva organizzato nel capannone dove lavoravano i suoi genitori.
Lei era vestita da strega sexy e indossava una minigonna stretta che le avvolgeva le gambe fino a poco più su di metà coscia. La falcata che tale gonna le permetteva di fare sarà stata, si o no, di un paio di centimetri al massimo. Per questo corse i cento metri scarsi che ci separavano dalla macchina con minuscoli passettini rapidi rapidi che badavano bene ad evitare le pozzanghere sull’asfalto.
Per me una ragazza che corre è quella visione lì: rapidità al cento per cento. Vedere ora Federica che sgambetta veloce ma per niente rapida tra una pozza e l’altra, esattamente come un ragazzo, ha un che di bizzarro che sconvolge alcune mie certezze.
Starle dietro non mi permette soltanto di seguire la strada giusta, ma anche, e oserei dire soprattutto, ammirare quel suo bel culetto avvolto da quei jeans stretti stretti.
Lo so, sono un maiale, ma in una notte in cui sono stato chiuso fuori di casa e sto correndo sotto la pioggia concedetemi almeno un piccolo piacere.
Sono così assorto dal suo didietro che non faccio neppure più caso a dove metto i piedi, corro e basta. Forse è anche per questo che ad un certo punto finisco letteralmente dentro una sottospecie di piscina che si era venuta a creare in un avvallamento della strada.
“Ma porca puttana!” Punizione divina o cosa?
Arriviamo al portone e mentre Federica cerca le chiavi nella borsetta ho il tempo per vedere i danni causati da quella maledettissima pozzanghera di merda. Riassumendo al massimo ho i pantaloni inzuppati interamente fino a metà stinco, più qualche schizzo che mi arriva sulla coscia e addirittura sulla maglia.
Federica trova le chiavi, sceglie quella giusta in un mazzo in cui ce ne saranno almeno una quindicina tutte colorate diversamente e mi guarda.
“Scusa, avrei dovuto avvertirti di quella pozzanghera, ogni volta che piove si forma sempre più grande, ma pensavo che te ne saresti accorto. Dove avevi la testa?” Ridacchia un po’.
“Sapessi…” Don’t worry, non l’ho detto.
Saliamo le scale fino ad arrivare ad una porta in legno chiaro, esattamente come tutte le altre nella palazzina, con al centro una targhetta d’orata con inciso il suo nome: Federica Ciucci. Fossimo stati compagni di classe presumo che l’avrei fatta morbida con le battute sul suo nome; per fortuna sua non siamo più a scuola e perciò le risparmio una serie infinita di doppi sensi fin troppo scontati.
“È la mia.” Fa lei guardandomi con un’aria piena di soddisfazione.
“Mah va…” Rispondo annuendo alla targhetta.
Lei ride.
“Dai, non prendermi per il culo.”
“No no.”
“Altrimenti dormi fuori sullo zerbino!”
“Ok.”
lunedì 15 settembre 2008
David Foster Wallace (1962-2008)
E' morto David Foster Wallace.
Si è impiccato e lo hanno trovato impiccato in casa sua.
Sua moglie lo ha trovato impiccato dentro casa.
L'avevo scoperto spulciando le librerie con Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più) che poi non ho ancora letto, e poi l'ho letto con Infinite Jest.
Non ho moltissimi elementi per scriverne un piccolo discorso funebre.
Posso solo dire che mi dispiace. Mi dispiace un sacco.
venerdì 12 settembre 2008
Diamonds on the Inside
I knew a girl
Her name was truth
She was a horrible liar.
She couldnt spend one day along
But she couldnt be satisfied
When you have everything,
You have everything to lose.
She made herself
A bed of nails
And shes plannin' on puttin' it to use.
Cos she had diamonds on the inside
She had diamonds on the inside
She had diamonds on the inside
Diamonds
A candle throws its light into the darkness
In a nasty world,so shines the good deed
Make sure the fortune, that you seek
Is the fortune that you need.
So tell me why,the first to ask,is the last to give,everytime
What you say and do not mean
Follow too close behind
Cos she had diamonds on the inside
She had diamonds on the inside
She wore diamonds on the inside
Diamonds
Like a soldier standing long under fire
Any change comes as a relief.
Let the giver's name remain unspoken
For she is just a generous thief.
But she had diamonds on the inside
Cos she had diamonds on the inside
She wore diamonds on the inside
She wore diamonds
Oh diamonds
She had diamonds
She wore diamonds
Diamonds
Her name was truth
She was a horrible liar.
She couldnt spend one day along
But she couldnt be satisfied
When you have everything,
You have everything to lose.
She made herself
A bed of nails
And shes plannin' on puttin' it to use.
Cos she had diamonds on the inside
She had diamonds on the inside
She had diamonds on the inside
Diamonds
A candle throws its light into the darkness
In a nasty world,so shines the good deed
Make sure the fortune, that you seek
Is the fortune that you need.
So tell me why,the first to ask,is the last to give,everytime
What you say and do not mean
Follow too close behind
Cos she had diamonds on the inside
She had diamonds on the inside
She wore diamonds on the inside
Diamonds
Like a soldier standing long under fire
Any change comes as a relief.
Let the giver's name remain unspoken
For she is just a generous thief.
But she had diamonds on the inside
Cos she had diamonds on the inside
She wore diamonds on the inside
She wore diamonds
Oh diamonds
She had diamonds
She wore diamonds
Diamonds
giovedì 11 settembre 2008
Accelerando
Con un giorno di ritardo mi piacerebbe parlare del tanto discusso esperimento del CERN di Ginevra. Anche solo per il semplice fatto di conoscere una persona che a quel benedetto acceleratore di particelle ci ha lavorato, dando il suo contributo al progetto, un paio di parole dovrei spenderle, no? Il fatto però è che stringi stringi sempre di fisica si tratta e per quanto mi possa sforzare la fisica è forse un po' fuori dalle mie possibilità/capacità di comprensione. Non nascondo un certo interesse, o curiosità, nel sapere alcune cose, specialmente riguardanti l'universo e tutto quanto: in fondo chi non è spinto a farsi delle domande, quando di notte magari ti capita di alzare lo sguardo e perderlo nel cielo stellato; ma questo è tutto un altro discorso. Mi piace leggere dei libri che trattano argomenti quale il big bang, le supernove, e tutta l'astronomia in generale; ma si tratta sempre di divulgazione per profani, libri come quelli di Stephen Hawking, o comunque roba dove non c'è molta matematica, se non punta. Questo esperimento dell'acceleratore è tutta un'altra cosa: posso aprire la bocca in una espressione meravigliata, per quello che mi è parso di capire, ma sono sicuro che chi capisce veramente le cose vede tutto l'esperimento sotto una prospettiva completamente diversa, e ancora più straordinaria.
Quello che mi dà un po' fastidio, o per lo meno mi fa un po' strano, è l'attenzione che i media hanno cominciato a dare all'evento. Così, di punto in bianco, come se fosse apparso all'improvviso dal nulla, si è cominciato a parlare di questo esperimento; quando invece la persona che conosco ha lavorato all'acceleratore quando ancora suo figlio non era neppure nato, mentre ora il pargolo si appresta ad andare in prima elementare.
Chissà a cosa stanno lavorando ora gli scienziati, sotto quale eccitazione stanno vivendo, per cose che magari i media decideranno di portare all'attenzione di noi poveri plebei magari solo fra una decina d'anni.
Quello che mi dà un po' fastidio, o per lo meno mi fa un po' strano, è l'attenzione che i media hanno cominciato a dare all'evento. Così, di punto in bianco, come se fosse apparso all'improvviso dal nulla, si è cominciato a parlare di questo esperimento; quando invece la persona che conosco ha lavorato all'acceleratore quando ancora suo figlio non era neppure nato, mentre ora il pargolo si appresta ad andare in prima elementare.
Chissà a cosa stanno lavorando ora gli scienziati, sotto quale eccitazione stanno vivendo, per cose che magari i media decideranno di portare all'attenzione di noi poveri plebei magari solo fra una decina d'anni.
mercoledì 10 settembre 2008
La terra sotto i miei piedi
Passo dopo passo, un po' come accadeva in quei vecchi videogiochi in cui il terreno sulla mappa compariva via via che lo esploravi, il pavimento di casa comincia a prendere forma. Mattonelle leggermente ruvide, un po' smussate ai bordi in modo da non essere troppo precisini (perchè non mi si addice proprio per niente questo aggettivo), e fuga tra l'una e l'altra abbastanza grande per dare quel tocco di rustico che non mi dispiace affatto. L'unico problema, lo so, è che purtroppo la polvere e la sporcizia si insinueranno tra queste fughe con una facilità micidiale e inversamente proporzionale alla facilità con cui si riusciranno a pulire. E' un difetto che sapevo già quando ho detto ai muratori di installarle (si può usare un termine del genere per indicare il piastrellare una casa? Risorse della casa: Pannello di controllo: Installa Piastrelle ?) con così tanta distanza l'una dall'altra; ma in fondo, come si sul dire, chi bello vuole apparire qualche pena deve soffrire. E la mia pena sarà quella di spaccarmi la schiena e smadonnare come un indemoniato ogni volta che mi metterò in testa di pulire il pavimento. Fortuna vuole che le mattonelle sembrano già sporche di loro e quindi penso che passerò un bel po' di tempo prima che mi prenda lo schiribizzo di pulirle.
Per ora il nuovo pavimento si staglia sulla stanza che diventerà lo studio e sulla nuova camera da letto, dopo che qualche giorno fa ho fatto il trasloco dalla ex-camera da letto alla nuova, spostando tutto quanto, comprese librerie e scrivania, letto e comodini vari.
Devo dire che quando mi sono ritrovato in mezzo alla stanza dove per anni e anni ho dormito (e dove da piccolo ho pure rischiato di morire in un incendio maldestro [un giorno magari parlerò anche di questo]), con solo il poster di Revenge of the Sith e Garden State appesi alle pareti, mi sono reso conto tutto d'un tratto di quanto fosse, ed è, piccolo quello spazio privato che ero riuscito a ritagliarmi. Finiva il letto e dopo pochi centimetri c'era subito la libreria attaccata al muro, tanto che dal letto potevi tranquillamente prendere un libro; ora col cavolo che dal letto riuscirei a prendere un libro: tra il materasso e la libreria ora c'è come un grande fossato che difende i libri.
Per ora il nuovo pavimento si staglia sulla stanza che diventerà lo studio e sulla nuova camera da letto, dopo che qualche giorno fa ho fatto il trasloco dalla ex-camera da letto alla nuova, spostando tutto quanto, comprese librerie e scrivania, letto e comodini vari.
Devo dire che quando mi sono ritrovato in mezzo alla stanza dove per anni e anni ho dormito (e dove da piccolo ho pure rischiato di morire in un incendio maldestro [un giorno magari parlerò anche di questo]), con solo il poster di Revenge of the Sith e Garden State appesi alle pareti, mi sono reso conto tutto d'un tratto di quanto fosse, ed è, piccolo quello spazio privato che ero riuscito a ritagliarmi. Finiva il letto e dopo pochi centimetri c'era subito la libreria attaccata al muro, tanto che dal letto potevi tranquillamente prendere un libro; ora col cavolo che dal letto riuscirei a prendere un libro: tra il materasso e la libreria ora c'è come un grande fossato che difende i libri.
martedì 9 settembre 2008
lunedì 8 settembre 2008
Nelle Terre Selvagge
Ciò che conta sono le esperienze, i ricordi, l’immensa gioia di vivere a fondo, che dischiude il significato vero dell’esistenza. Dio, quanto è meraviglioso essere vivi! Grazie. Grazie.
(Chris McCandless)
C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo.
(Chris McCandless)
Perché i bambini sono innocenti e amano la giustizia, mentre buona parte di noi è malvagia e naturalmente preferisce la pietà.
(G. K. Chesterton)
De giovane è facile credere che ciò che desideri sia ciò che ti meriti.
In quella fase della mia giovinezza, la morte rimaneva un concetto astratto come la geometria non euclidea o il matrimonio.
Jon Krakauer
venerdì 5 settembre 2008
Sfiorivano le viole
L'estate che veniva con le nuvole rigonfie di speranza
nuovi amori da piazzare sotto il sole
il sole che bruciava lunghe spiagge di silicio
e tu crescevi, crescevi sempre più bella
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo
I passi delle onde che danzavano sul mare a piedi nudi
come un sogno di follie venduto all'asta
la notte quella notte cominciava un po' perversa
e mi offriva tre occasioni per amarti e tu
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo
Il sole che bruciava bruciava bruciava bruciava
e tu crescevi crescevi
crescevi più bella più bella
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo te mentre io aspettavo te
si lavora e si produce si amministra lo stato
il comune si promette e si mantiene a volte
mentre io aspettavo te
il marchese La Fayette ritorna dall'America
importando la rivoluzione e un cappello nuovo
mentre io aspettavo te
ancora penso alle mie donne quelle passate
e le presenti le ricordo appena
mentre io aspettavo te
Otto von Bismarck-Shonhausen per l'unità germanica
si annette mezza Europa
mentre io aspettavo te
Michele Novaro incontra Mameli e insieme scrivono un pezzo
tuttora in voga mentre io aspettavo
nuovi amori da piazzare sotto il sole
il sole che bruciava lunghe spiagge di silicio
e tu crescevi, crescevi sempre più bella
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo
I passi delle onde che danzavano sul mare a piedi nudi
come un sogno di follie venduto all'asta
la notte quella notte cominciava un po' perversa
e mi offriva tre occasioni per amarti e tu
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo
Il sole che bruciava bruciava bruciava bruciava
e tu crescevi crescevi
crescevi più bella più bella
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo te mentre io aspettavo te
si lavora e si produce si amministra lo stato
il comune si promette e si mantiene a volte
mentre io aspettavo te
il marchese La Fayette ritorna dall'America
importando la rivoluzione e un cappello nuovo
mentre io aspettavo te
ancora penso alle mie donne quelle passate
e le presenti le ricordo appena
mentre io aspettavo te
Otto von Bismarck-Shonhausen per l'unità germanica
si annette mezza Europa
mentre io aspettavo te
Michele Novaro incontra Mameli e insieme scrivono un pezzo
tuttora in voga mentre io aspettavo
giovedì 4 settembre 2008
Qualcosa in più
A volte mi piace pensare di non essere solo quello stupido bimboccio che si lascia affascinare da uomini mascherati da pipistrelli o da clown malvagi pronti a far scoppiare il caos. Sono ugualmente sempre convinto che nonostante tutto anche due personaggi del genere, se calati in situazioni giuste, e con gli intenti corretti, siano capaci di "dire" qualcosa. In fondo una storia, che sia di fantasia pura, di fantascienza, o di realtà spicciola, con protagonisti assurdi o del tutto reali, è pur sempre e solo il mezzo, mai il fine. Non serve a niente affogare le parole, o meglio: non serve a niente usare le parole per creare un mare di realismo se poi alla fine non rimangono altro che singole parole messe una accanto all'altra. C'è bisogno sempre di legarle le une alle altre, di dargli un senso, di fare in modo che alla fine tutto quanto acquisti un significato, che abbia un senso, e non si limiti a rimanere in piedi solo perchè lo abbiamo costruito.
Per questo a volte mi guardo intorno e poi guardo me, e non riesco a non reprimere la voglia di poter diventare, o almeno giocare a fare uno di quegli alchimisti di fino o inizio ottocento (non mi ricordo); quelli che si mettevano lì e cercavano di dare delle spiegazioni a cose a cui fino ad allora non si riusciva a dare un senso.
E allora vorrei mettere un corpo umano di fronte ad una luce abbagliante e riuscire a vederci attraverso. Vorrei capire cos'è che spinge le persone a fare determinate cose e a non farne altre. Vorrei scoprire quel poco che ancora rimane da scoprire di noi.
Fino ad ora ci siamo affannati per capire come funzioni un muscolo, quali potrebbero essere i suoi malanni, come fare a guarirlo; abbiamo studiato le vene, le ossa, il battito del cuore e le varie malattie per poi scoprire come fare a curarle. Ci rimane ancora da capire come combattere il cancro, o l'aids, forse perchè in entrambi i casi non abbiamo capito a fondo ciò che queste malattie sono. Ma sempre ci siamo fermati a controllare il lato meccanico di tutta la faccenda, forse perchè decisamente risulta essere quello più facile da studiare. Ma questo non è altro che una singola parte, una minima parte, di ciò che siamo, o che pensiamo o vogliamo essere. Io lo so; voi lo sapete; tutti lo sappiamo.
Se fosse così, se tutto si potesse riassumere ad un semplice meccanismo che attraverso un impulsto nervoso fa contrarre un muscolo muovendo una o più ossa, saremmo delle semplice macchine, e tutti si comporterebbero più o meno allo stesso modo. Non ci sarebbero criminali (oppure tutti saremmo criminali); non ci sarebbero persone che di punto in bianco mollano tutto e si mettono a fare quello che fino a pochi giorni prima odiavano; non ci sarebbero persone a cui piace più la pizza rispetto agli spaghetti. Invece ognuno di noi, come piccole ed indipendenti particelle impazzite ci troviamo di minuto in minuto a fare qualcosa di completamente diverso da quello che fa un altro individuo. Una persona va a destra, un'altra a sinitra, mentre due tornano indietro e una si mette a guardare un'altra ancora che prosegue dritto. Allora ci deve essere qualcosa, qualcosa che magari scivola lungo tutte le parti meccaniche e fa in modo di diversificare un meccanismo che bene o male è pur sempre costruito in serie, o che per lo meno ha un progetto comune.
Mi rendo conto che tutti questi discorsi sembrano così banali, magari triti e ritriti, già discussi da persone che ne sapevano o ne sanno assai più di me. E non mi piace neppure parlarne un gran che, perchè lette così sembra quasi che stia parlando dell'anima o di che so io, quando invece l'anima non esiste o se esiste è qualcosa di completamente diverso da quello che intendiamo noi. Perchè altrimenti, se l'anima fosse quell'olio che cola tra le ossa, attraverso i muscoli e si insinua in tutti gli spazi vuoti e colmabili delle nostre viscere; se davvero l'anima fosse quel qualcosa in più, allora avremmo già capito tutto, non ci sarebbe più bisogno di cercare, di scavare, di sudare per comprendere ciò che in fondo agoniamo. Invece una persona ci guarda, e di fronte a noi si apre un ventaglio infinito di significati da assegnare a quello sguardo.
Ecco: ogni tanto desidererei essere capace di tradurre i gesti delle persone in qualcosa di comprensibile a tutti, o almeno a me stesso. Di riuscire ad assegnare un significato oggettivo ad un qualcosa che nonostante tutti gli sforzi di immaginazione possibili ed immaginabili rimane per forza soggettivo. Perchè in fondo, fino a quando non scopriamo quel qualcosa in più, fino a quando non riusciamo a tirarlo fuori e studiarlo e analizzarlo e sezionarlo, per capire di cosa si tratti in realtà e per farci insegnare quello che ancora ignoriamo; fino ad allora ogni singola persona rimane sempre un linguaggio unico e diverso da qualsiasi altro che non abbiamo ancora imparato a parlare.
Per questo a volte mi guardo intorno e poi guardo me, e non riesco a non reprimere la voglia di poter diventare, o almeno giocare a fare uno di quegli alchimisti di fino o inizio ottocento (non mi ricordo); quelli che si mettevano lì e cercavano di dare delle spiegazioni a cose a cui fino ad allora non si riusciva a dare un senso.
E allora vorrei mettere un corpo umano di fronte ad una luce abbagliante e riuscire a vederci attraverso. Vorrei capire cos'è che spinge le persone a fare determinate cose e a non farne altre. Vorrei scoprire quel poco che ancora rimane da scoprire di noi.
Fino ad ora ci siamo affannati per capire come funzioni un muscolo, quali potrebbero essere i suoi malanni, come fare a guarirlo; abbiamo studiato le vene, le ossa, il battito del cuore e le varie malattie per poi scoprire come fare a curarle. Ci rimane ancora da capire come combattere il cancro, o l'aids, forse perchè in entrambi i casi non abbiamo capito a fondo ciò che queste malattie sono. Ma sempre ci siamo fermati a controllare il lato meccanico di tutta la faccenda, forse perchè decisamente risulta essere quello più facile da studiare. Ma questo non è altro che una singola parte, una minima parte, di ciò che siamo, o che pensiamo o vogliamo essere. Io lo so; voi lo sapete; tutti lo sappiamo.
Se fosse così, se tutto si potesse riassumere ad un semplice meccanismo che attraverso un impulsto nervoso fa contrarre un muscolo muovendo una o più ossa, saremmo delle semplice macchine, e tutti si comporterebbero più o meno allo stesso modo. Non ci sarebbero criminali (oppure tutti saremmo criminali); non ci sarebbero persone che di punto in bianco mollano tutto e si mettono a fare quello che fino a pochi giorni prima odiavano; non ci sarebbero persone a cui piace più la pizza rispetto agli spaghetti. Invece ognuno di noi, come piccole ed indipendenti particelle impazzite ci troviamo di minuto in minuto a fare qualcosa di completamente diverso da quello che fa un altro individuo. Una persona va a destra, un'altra a sinitra, mentre due tornano indietro e una si mette a guardare un'altra ancora che prosegue dritto. Allora ci deve essere qualcosa, qualcosa che magari scivola lungo tutte le parti meccaniche e fa in modo di diversificare un meccanismo che bene o male è pur sempre costruito in serie, o che per lo meno ha un progetto comune.
Mi rendo conto che tutti questi discorsi sembrano così banali, magari triti e ritriti, già discussi da persone che ne sapevano o ne sanno assai più di me. E non mi piace neppure parlarne un gran che, perchè lette così sembra quasi che stia parlando dell'anima o di che so io, quando invece l'anima non esiste o se esiste è qualcosa di completamente diverso da quello che intendiamo noi. Perchè altrimenti, se l'anima fosse quell'olio che cola tra le ossa, attraverso i muscoli e si insinua in tutti gli spazi vuoti e colmabili delle nostre viscere; se davvero l'anima fosse quel qualcosa in più, allora avremmo già capito tutto, non ci sarebbe più bisogno di cercare, di scavare, di sudare per comprendere ciò che in fondo agoniamo. Invece una persona ci guarda, e di fronte a noi si apre un ventaglio infinito di significati da assegnare a quello sguardo.
Ecco: ogni tanto desidererei essere capace di tradurre i gesti delle persone in qualcosa di comprensibile a tutti, o almeno a me stesso. Di riuscire ad assegnare un significato oggettivo ad un qualcosa che nonostante tutti gli sforzi di immaginazione possibili ed immaginabili rimane per forza soggettivo. Perchè in fondo, fino a quando non scopriamo quel qualcosa in più, fino a quando non riusciamo a tirarlo fuori e studiarlo e analizzarlo e sezionarlo, per capire di cosa si tratti in realtà e per farci insegnare quello che ancora ignoriamo; fino ad allora ogni singola persona rimane sempre un linguaggio unico e diverso da qualsiasi altro che non abbiamo ancora imparato a parlare.
mercoledì 3 settembre 2008
Logica (Discorso semiserio sul niente)
Era presumibile che dopo tutto quello che ho scritto arrivasse un punto bianco, dove non sarei stato capace di scrivere niente. Ecco, quel punto è arrivato: oggi.
Spero sia una piccola parentesi, un qualcosa di talmente breve da far fatica anche a notarlo; ma questo non sta certo a me dirlo. C'è qualcosa di più alto e più potente a decidere quando far fruire le parole dal cervello fino alla tastiera. Non lo conosco né l'ho mai visto, ma di tanto in tanto lo percepisco; sento il suo alito correre appena sopra il collo, ed in quei momenti magari mi prende una tremenda stanchezza, comincia a farmi male una parte qualsiasi del corpo, oppure trovo qualcosa che stupidamente credo mi interessi di più; e così le parole svaniscono, o evaporano, in quella piccola scatola sopra il mio collo. C'è solo da sperare che come l'acqua scomparsa dal terreno poi ritornino sotto forma di pioggia.
Spero sia una piccola parentesi, un qualcosa di talmente breve da far fatica anche a notarlo; ma questo non sta certo a me dirlo. C'è qualcosa di più alto e più potente a decidere quando far fruire le parole dal cervello fino alla tastiera. Non lo conosco né l'ho mai visto, ma di tanto in tanto lo percepisco; sento il suo alito correre appena sopra il collo, ed in quei momenti magari mi prende una tremenda stanchezza, comincia a farmi male una parte qualsiasi del corpo, oppure trovo qualcosa che stupidamente credo mi interessi di più; e così le parole svaniscono, o evaporano, in quella piccola scatola sopra il mio collo. C'è solo da sperare che come l'acqua scomparsa dal terreno poi ritornino sotto forma di pioggia.
martedì 2 settembre 2008
lunedì 1 settembre 2008
L'anno durante cui morirò in un campo di calcio
E così si riparte. Stasera inizia ufficialmente la stagione sportiva 2008-09. Saranno tre settimane continuative di preparazione e di corse varie, serate passate sulla pista di atletica, correndo ripetutamente distanze che andranno via via a diminuire.
Non so cosa aspettarmi quest'anno, magari di stare bene e di buttare giù qualche chilo. La squadra riparte quasi da zero, la maggior parte dei giocatori di quest'anno è nuova e se non sbaglio di quelli che hanno iniziato l'avventura quattro anni fa, quando la società riprese magicamente l'attività, siamo rimasti solo in due. C'è qualche ritorno, qualcuno che si rifà vivo, altri che dopo anni e anni passati solo a fare allenamenti forse quest'anni si è deciso a giocare; per il resto poi è gente nuova, e anche piuttosto giovane.
Ripartiamo quest'anno dal gradino più basso possibile della Figc, e questo porta i sui vantaggi: male che vada non dovremo preoccuparci di retrocedere (a me è già successo con un'altra squadra: un anno arrivare ultimi, non retrocedere, e l'anno dopo, a seguito di una rivoluzione, vincere il campionato).
Ci sarà un nuovo ruolo, che negli anni passati guardavo un po' storto e quando ero costretto a giocarci non è che facessi i salti di gioia; ma oggi, dopo tutto quello che è successo, sembra essere la cosa migliore.
Molto probabilmente ci sarà tanta panchina da fare, ma questo non importa. Chi come me continua a giocare, anche in queste categorie, non lo fa certo per il voler essere a tutti i costi titolare: lo fa per l'atmosfera che si respira negli spogliatoi, per le amicizie che ogni anno si vengono a creare, per il poter condividere con altri gioie e dolori... ovviamente però, e questo lo so già da ora, una volta che inizierò a ballare, quando mi toccherà rimanere fuori mi gireranno parecchio le scatole (per non dire di peggio).
Non so cosa aspettarmi quest'anno, magari di stare bene e di buttare giù qualche chilo. La squadra riparte quasi da zero, la maggior parte dei giocatori di quest'anno è nuova e se non sbaglio di quelli che hanno iniziato l'avventura quattro anni fa, quando la società riprese magicamente l'attività, siamo rimasti solo in due. C'è qualche ritorno, qualcuno che si rifà vivo, altri che dopo anni e anni passati solo a fare allenamenti forse quest'anni si è deciso a giocare; per il resto poi è gente nuova, e anche piuttosto giovane.
Ripartiamo quest'anno dal gradino più basso possibile della Figc, e questo porta i sui vantaggi: male che vada non dovremo preoccuparci di retrocedere (a me è già successo con un'altra squadra: un anno arrivare ultimi, non retrocedere, e l'anno dopo, a seguito di una rivoluzione, vincere il campionato).
Ci sarà un nuovo ruolo, che negli anni passati guardavo un po' storto e quando ero costretto a giocarci non è che facessi i salti di gioia; ma oggi, dopo tutto quello che è successo, sembra essere la cosa migliore.
Molto probabilmente ci sarà tanta panchina da fare, ma questo non importa. Chi come me continua a giocare, anche in queste categorie, non lo fa certo per il voler essere a tutti i costi titolare: lo fa per l'atmosfera che si respira negli spogliatoi, per le amicizie che ogni anno si vengono a creare, per il poter condividere con altri gioie e dolori... ovviamente però, e questo lo so già da ora, una volta che inizierò a ballare, quando mi toccherà rimanere fuori mi gireranno parecchio le scatole (per non dire di peggio).
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