mercoledì 21 gennaio 2009

Scusa ma ti chiamo amore


Tratto da un lifro di Federico Moccia.
Soggetto di Federico Moccia.
Sceneggiatura di Federico Moccia.
Regia di Federico Moccia.
E' come sparare sulla croce rossa. O rubare delle caramelle ad un bambino. o. Ho finito il repertorio di frasi analoghe, ma ci siamo capiti, no? Già dai titoli di testa, tra i più odiosi mai visti dal sottoscritto, questo film si lascia amare per quel che è. La storia è una complessa e intricata liberazione dell'animo e la conquista della libertà da parte del protagonista, un burattino (non di legno) che fino al colpo di scena finale fa tutto quanto gli viene detto senza mai batter ciglio, ed eseguendo gli ordini alla lettera. Il burattino in questione, interpretato per l'occasione da Roul Bova, di professione fa il pubblicitario, ma ad inizio film ha l'indole del tassista, poi del promoter finanziario e alla fine si ritrova a fare il bidello.
In questa storia Moccia inserisce tutto se stesso, tutte le sue fantasie e tutti i suoi sogni. Infatti, come avveniva in un caro porno di cui non ricordo il titolo ma che è entrato nella storia, dopo aver fatto un incidente la prima cosa che si fa, appena finito di compilare la constatazione amichevole, è scopare con la conducente del veicolo che abbiamo tamponato o più in generale incidentato (mai è stato trattata la possibilità che i soggetti dell'incedente fossero due maschi). Visto però che si tratta di un'opera di fantasia e non ci vogliamo far mancare niente, il nostro bel Moccia ci mette dentro anche l'infatuazione dei trentenni-quarantenni-cinquantenni-sessantenni-settantenni-ottantenni-novantenni per le adolescenti-minorenni di oggi. Mescola il tutto con un bel frullatore e quel che ne esce ad inizio film è un bell'incidente tra un'auto, quella di Bova, e un motorino, quello della diciassettenne Niki (E qui potrei aprire una parentesi lunga chilometri e chilometri, sui nomi che Moccia dà ai propri personaggi. Inventa soprannomi a mio avviso cretini, ma il suo meglio lo dà quando deve affibbiare nomi veri: la ragazzetta chiamata Olly, sorvoliamo sul soprannome, all'anagrafe fa Olimpia).
Prima di questo avvenimento sensazionale c'è tempo per la classica gara mocciana: in Tre metri sopra il cielo era la corsa con le moto, qui è una royal roumble di cozzate con le macchine, in cui vince chi alla fine ha l'auto che riesce ancora a viaggiare (avessi mai un figlio, che per divertimento una sera mi sfascia la macchina il giorno dopo lo sfacerei io, dopo essermi ripreso i cromosomi che mi appartengono).
Il resto è pura vita vissuta. Vita vera. Quella che si potrebbe vedere in ogni angolo di strada, se solo fossimo capaci di aprire gli occhi, noi poveri vecchietti. E non voglio neppure affrontare alla lontana la relazione tra Bova e la giovane minorenne, non mi importa. Come penso non importi a nessuno della totale assenza dei genitori nell'universo mocciano, o dell'insignificante voce fuori campo che ci accompagna per tutto il film, o le citazioni sparse qua e là, o...
Voi vi domanderete a questo punto come mai continui a vedere i film tratti dai suoi libri. Domanda più che giusta, e la risposta è più semplice di quanto possiate pensare: è una pacchia demolire questi film. Il parlarne male mi riesce talmente facile che è una goduria fisica scriverne un commento. Potrò pur togliermi delle soddisfazioni, ogni tanto?

Giudizio: Passeggiata
  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

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