giovedì 9 aprile 2009

Anacleto

Questa mattina mi sono svegliato in modo ovattato, senza tatto, o polpastrelli urlanti sulle impronte digitali bruciate. Il sole mi ha guardato o non mi ha guardato, non lo so perché sto scrivendo in leggera differita, mentre dalla finestra filtrava un sapore chiaro di aria, lingue celesti di una primavera stiracchiata con le unghie rotte. Mi sono vestito di un pigiama che prima non avevo, mi sono servito la colazione, mi sono lavato i denti, e ho lasciato sfatto il letto. Sono uscito di casa senza il mal di testa assillante, quello che ieri mi ha colpito alla base del naso con due spilloni grossi come spade e che con le sue punte cercava in tutti i modi di raggiungere il retro dei miei occhi; sono uscito di casa senza sbattere la porta, lasciandomi alle spalle la serratura slabbrata, rotta dalle troppe forzature spiate col citofono ad infrarossi. Ho avuto la sensazione di uscire da una lavatrice, ancora in centrifuga, e con la quasi certezza che il mio mal di testa, Anacleto, sarebbe riapparso come per magia, a tenermi compagnia, nel primo pomeriggio, quando dopo un breve intervallo avrò rimesso gli occhiali, e il mondo avrà ripreso ad essere più grande, meno sfocato: più leggibile. Già ora ho voglia di stendermi, di far trascorrere il tempo come argento fuso, non aprire neppure un libro: una sensazione di svogliato riposo, il dolce far niente che mi tiene spalle al muro, con un fucile puntato ed un conto alla rovescia che è fermo a meno tre. Dicono sia il tempo, il passare delle stagioni, l'alternarsi senza sosta e senza ordine di bello e brutto, pioggia e giornate soleggiate. Dicono sia il corpo che si sta abituando alla nuova temperatura, ricalibra l'ebollizione del sangue ed evita la lava nelle vene che poi rovinerebbe le conduzioni di ossigeno e brucerebbe i confini, i capillari, gli arti, e le vertebre una ad una; ma io non ci credo, penso piuttosto siano i giorni grigi e i giorni colorati, imbrattati di un rosso, un viola, un giallo, un nero, un verde, un lilla, un ocra, un blu, un rosa, un celeste, un fuxia, un arancione, ed io che scopro di punto in bianco di essere intollerante ad una di queste sfumature, o al lattosio. Penso piuttosto sia il calzino piegato male che mi pungola il piede, o la nausa mattutina che si prolunga fino alla sera, e solo di notte mi fa vomitare. Penso piuttosto: è l'elastico con cui mi diverto a creare nuove forme annodandomi le mani, passandolo tra dito e dito. Penso piuttosto sia il silenzio. Piuttosto il silenzio. Sia il silenzio. Il silenzio.

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