lunedì 24 ottobre 2011

Day

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Un uomo deve pur immaginare di avere un’occasione di liberà, un po’ di spazio. Quell’intervallo tra due alternative che dà spazio. Ma a volte ti osservi e non vedi che ostacoli e ti sorprendi di avercela fatta a uscire di casa – di avercela fatta ad alzarti dal l etto, anzi, altro che uscire di casa. Ti guardi allo specchio al mattina e ti meravigli che non si veda questa cosa: cioè che praticamente tutto il tuo essere grida il proprio desiderio di uscire fuori.

E pensare di per sé non era di grande aiuto, eppure dovevi farlo tutto il tempo.

Alfred non aveva intenzione di arrivare a parlare come Pluckrose, ma soltanto come un se stesso diverso.

Pensavi che tutti quei libri avrebbero fatto la differenza, vero, figliuolo? Tutti dicevano che sarebbe andata così. Ti ritrovi fra gente che legge, gente che ama le parole, che sta a suo agio fra le parole, e tu dimostri interesse, curiosità, e questa è una cosa che riguarda solo te, non sono affari di nessuno, e ti scopri a crescere – sei piccoli, ma cresci dentro, diventi spazioso.

Una volta arrivati al loro piccolo orizzonte, un altro orizzonte si stagliò al di là di una radura fra gli alberi, disteso in un baluginio di sole.

Certo, un omicidio si può ripetere, solo che si deve uccidere ogni volta una persona diversa.

Tu hai le mani che ancora ti tremano dopo la caduta, e continueranno a tremarti almeno fino a stasera, e non vuoi che lui ci faccia caso e che dica che capisce come ti senti. Non hai mai capito a cosa serva capire.

Tutto era estremamente realistico e nel giro di pochi giorni avrebbe generato quello per cui era stato creato_ noia, gente in fila, e una sorta di ansia che si insabbiava e non andava più via.

Ti rendi conto che ci sono notti in cui la tua squadra probabilmente ci lascerà le penne. Non stai lì a rimuginare, ma le probabilità che siano spacciati sono alte- e questa cosa potrebbe deprimerti, anche tenendo conto di tutti gli sforzi che hai fatto per conoscerli bene – sembra quasi che quando siete insieme state solo sprecando tempo- ma naturalmente la cosa buona è che quando loro se ne andranno ci sarai anche tu, morirai insieme a loro. Sarete insieme. O, meglio ancora, è probabile che sari proprio tu il primo a morire. Per cui non c’è problema, ti ci puoi affezionare, o decidere di provare quello che ti pare nei loro confronti.

Era sempre a letto ad aspettare e sperare che si dimenticassero di lui in modo che potesse dimenticarsene lui stesso.

è una bella sfida, fare del male a qualcuno che non sente nulla. Perché potrebbe non avere paura di quello che minacci di fare.

C’era un tempo in cui sarei riuscito a nasconderti qualsiasi cosa.
Ma nascondere cose a te stesso è diverso, più difficile, e dopo un po’ cominci a chiederti se le belle cose che hai messo via sono ancora lì, o se magari non è meglio che se le sia prese qualcun altro, visto quanto poco servivano a te. E alla fine c’erano cose che non volevi nemmeno, che erano destinate a una persona che tu non potevi più essere.

La cosa più bella la nascondi più a lungo.

Alfred vorrebbe che lei la smettesse di parlare e ha un crampo al braccio per il bisogno di toccarla, solo che se la toccasse poi non saprebbe che fare – sempre che lei non lo schiaffeggi, il che è probabile – e per di più si sente pervaso da quella sensazione peccaminosa del corso di ricognizione. È una cosa lacerante: cercare di sembrare una persona rispettabile con quel terribile desiderio, quel bisogno brutale di lei che si autoalimenta e lo spinge proditoriamente ad ansimare, e che razza di uomo è se è felice di fare cose sbagliate, è felice che tutto questo lo tiri su, lo lasci lì a nascondersi il grembo sotto la sua coperta.

Lei è così, lei è così troppo. Lei è così tanto Joyce che gli fa male: anche quando non sembra particolarmente interessata a lui, è comunque preoccupata. Lei è il primo dolore bello che lui abbia mai provato.

e lungo il tragitto pensava che lei aveva detto una cosa ma sembrava intendere l’esatto contrario, e bisogna sempre credere alle apparenze, vero? Così ci insegna il buon senso.

E poi gli racconta di come ha sposato Donald in fretta e furia – le loro madri erano amiche e lei lo conosceva da anni e improvvisamente si è ritrovata moglie: una donna sposata, trasformata in sua moglie solo due settimana prima che lui partisse.
E perché dire una cosa del genere, perché raccontare a uno sconosciuto che non hai capito il senso del tuo matrimonio e che sei felice di non avere un figlio, e perché inviti questo sconosciuto a casa tua e stai con lui e gli parli e poi lo abbracci velocemente, e alla fine hai un fremito, una sorta di ripensamento, ma comunque lo abbracci, perché gli fai questo?
“Non è un posto sicuro.”
Perché lo abbracci e poi lo lasci solo?
“Non dovremmo stare vicino alla finestra. È una cosa avventata. Ed è molto tardi. Dovresti dormire.”
E il suo sangue tutto scombussolato, che gli salta dentro, procede a strattoni. “Io…”

L’hai vista ai piedi della scalinata, ancora confuso per le stupidaggini che il tuo equipaggio ti gridava dietro mentre scappavi, una piccola e solenne stretta di mano da parte del comandante prima di andartene e ancora ti sentivi un po’ in imbarazzo – come se lei potesse intuire quello che loro ti avevano raccomandato, quello che pensavano. Quello che pensavi tu era un altro paio di maniche, era qualcosa che dovevi tenere a bada perché si trattava di un semplice appuntamento con una persona, una ragazza, una donna, una donna sposata e questo era quanto, ma era anche solo un incontro, due che si vedono dopo che si sono scritti delle lettere in cui lei ti dice che ti pensa spesso e perciò non c’è niente di male se dici che anche tu la pensi spesso.

Le stupidaggini che dicevi in sua presenza – ogni volta inciampavi in sentieri e mucchi di parole, ti ci perdevi e non ti rendevi più conto di stare accanto a lei, non lascivi che fra di voi ci fosse solo un silenzio sottile, trasparente. E quella prima volta, probabilmente la peggiore, la guardavi mentre si muoveva, la sua leggerezza – anche con quelle grosse scarpe consumate – e il bordo azzurro del vestito sotto il cappotto verde che già conosci, vestito azzurro pallido, e il suo viso un meraviglioso ovale, mento piccolo e bocca graziosa, al bocca morbida e graziosa che quasi non riesci a guardare perché ti confonde e gli occhi soprattutto – gli occhi di una creature, qualcosa di meraviglioso – non li avevi mai visti alla luce del giorno, non li avevi mai fatti entrare dentro di te.

Ti tratta come se fossi malato, o fragile per qualche motivo.

Iridescenza: colori che cambiano a seconda degli spostamenti dell’osservatore – dalla parola latina che significa iride- e questo non lo capisci finché non vedi i resti di un occhio, quando è fuori dall’orbita, spaccato, e l’iride è a pezzi, distrutto, e luccica vicino alle tue scarpe. Non si smette mai di imparare, è questo il problema dell’istruzione. Ci sono troppe cose da sapere. Troppe.

Subito dopo Alfred si era precipitato nella cabina telefonica, aveva chiamato Joyce e lei c’era e lui glielo aveva dovuto chieder, non riusciva a spiegarsi, continuava a insistere e a chiedere. “Puoi venire qui? Pensi che sia possibile? Voglio dire, ora?”
“Ma cosa… Alfie? Cos’è successo?”
La voce di Joyce lo tranquillizzava, e a sentirla quasi perse la sua. “Scusami, è solo che… Non avrei dovuto, però…” Un silenzio che gli scivolava sotto come l’apertura delle bombe nell’aereo, mentre lui ingoiava e respirava e si reggeva in piedi. “Non avrei dovuto chiedertelo.”
“No, sto solo pensando… domani va bene? Potrei venire domani. Voglio dire, sono quasi le sei adesso. Tu stai bene? Sei ferito? C’è qualcosa che…”
Era meraviglioso sentire che lei era preoccupata, che non voleva che fosse ferito.
“Non devi. Mi dispiace, è solo che io…”
“Be’, certo che devo. Se me lo chiedi ed è importante significa che devo.” La sua voce come se parlasse con un bambino: sbrigativa e allegra e comunque premurosa. Sarebbe stata una brava madre – per i figli di qualcun altro.

Il frastuono era quasi qualcosa di solido.

Lui poggia la testa sul cuscino, gli occhi chiusi, senza nessun ricordo chiaro da vedere, solo la meraviglia che il cuore le battesse ovunque sulla pelle.

Alcuni ricordi, quelli che vorresti tenere, più cercavi di guardarli e più si consumavano.
Centellinarla fino ad arrivare a baciarla. La pianificazione di un bacio. La fede nei baci a venire. La vita che c’è in tutto questo ti fa stare bene. Ti nutre.

Fermo, in modo da permettere ai pensieri di colpirlo, di prenderlo di mira.

Perché c’è una differenza tra essere in prigione ed essere prigionieri.

parlava delle notizie che venivano da est e stanno succedendo delle cose terribili laggiù e lei è sposata, dopotutto, e non sa più da che parte girarsi e sta aspettando due persona quando è solo uno che vuole e che cosa succede se lui ritorna a casa e lei non vuole farmi del male.

“Nessuno muore felice.”

“Non imparano mai, quelli che comandano – appena cominciano a comandare si dimenticano di com’è fatta la gente…”

“Sei felice?” Perché lo vuoi sapere, davvero: “Perché non lo sembri… se tuo sembrassi felice io allora… ma non sembri felice.”
Si sposta i capelli dalla fronte. “E che aspetto ha una persona felice?”

E un sorriso che non le avevi mai visto prima, acuto e lieve. “Lui immagina che io abbia una relazione.” Prima ancora di guardarti, dritto in faccia, e questo ti ferisce in un modo meraviglio so ed è una specie di domanda.
Quindi le dai una specie di risposta. “Sarà complicato.”
“Cosa non lo è.”

A. L. Kennedy

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