martedì 23 aprile 2013

Uno schifo

Il problema con lui era che non lo potevi accusare. Ogni sua mossa, ogni sua occhiata, anche la più fastidiosa sbirciata furtiva, poteva essere giustificata da gesti normali piegati quel tanto da rientrare nella quotidianità. Per quanto fosse viscido e tutte noi odiassimo il suo modo di guardarci, non potevamo fare nulla.
Quando ti sentivi osservata e percepivi il suo sguardo scenderti sul culo o accarezzarti il seno, appena ti voltavi o alzavi lo sguardo per coglierlo in fragrante, lo vedevi intento a fare qualcos'altro, qualcosa che lo giustificava per essersi messo in quella posizione tanto assurda da permettergli di intravederti dalla finestra, o per l'inclinazione della sua testa, ai limiti del naturale, che lo portava ad avere una visuale perfetta sulle tue gambe accavallate che, senza neppure rendertene conto, avevano sfasciato le cosce della gonna, lasciando quel tratto alto vicino all'inguine bene in vista: nessuno se ne poteva accorgere, per quanto irrisoria quella piccola innocente nudità, neppure te stessa; lui invece coglieva quell'attimo, i secondi di sospensione durante i quali ogni cosa è successa e ancora non è stata rimediata. Tu ti scrollavi di dosso il suo sguardo, senza riuscire a trattenere un piccolo brivido di disgusto, e scavallavi le gambe rimettendo a posto la gonna, portandola alla sua naturale lunghezza – mini, non micro – lui era già tornato a fare ciò che stava facendo prima di. Aveva succhiato la tua immagine, quella delle tue gambe scoperte, traendone un intimo piacere che magari lo aveva scosso alla spina dorsale di emozioni vagamente sessuali, e ne era uscito per così dire ‘pulito’. Se avesse appoggiato le sue labbra su una cannuccia di plastica, infilata in te ad affondare dentro le tue gambe (sempre le gambe, come se fossero il punto di accesso o l’unica zona indifesa, ma poteva essere una qualsiasi altra parte del tuo corpo, scegli te, quella che ti rende più vulnerabile), nel momento in cui ti volti, quando ti accorgi che qualcuno ti sta aspirando via, lui starebbe lì a due passi da te, vicino, ma senza più la cannuccia in bocca; la sua vicinanza sarebbe a causa di un oggetto caduto per terra e che lui stava raccogliendo, oppure perché doveva accogliere una persona che per puro caso stava arrivando alle tue spalle e di cui tu non ti eri ancora accorta. Non potevi inchiodarlo al muro e urlargli di smettere di fare il maiale (in modo passivo, come i passivo-aggressivi) a voce talmente alta da strappargli via le palpebre. Lui aveva una scusa sempre pronta, e la poteva usare in qualsiasi momento per farti passare per una sciocca paranoica.
Ed era questo che ti opprimeva più di ogni altra cosa: ti violentava senza neppure toccarti, e qualora lo avessi denunciato (in un modo qualunque, non solo a livello penale) faceva in modo di passare pure per vittima. Schifoso.

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