mercoledì 10 aprile 2013

Upside Down

One shot, one kill. In film come questo Upside Down la cosa più difficile è riuscire a mantenere l’incanto negli occhi degli spettatori, soprattutto quando si decide di introdurre le particolarità fantascientifiche tutte quante insieme all’inizio, attraverso una voce narrante fuori dallo schermo. L’idea è interessante, due mondi uno sopra l’altro, ognuno con una propria forza di gravità, che condividono una porzione di atmosfera. Si ha quindi un mondo di sotto e un mondo di sopra, ed entrambi vedranno l’altro mondo come se fosse a testa in giù, ecco. Ovviamente, per rendere pepata la questione, il mondo di sopra è arrogante e vile, sfrutta il mondo di sotto che al contrario non se la passa molto bene (basti notare la fotografia degli esterni: un freddo celeste per il mondo di sotto, un caldo giallo dorato per il mondo di sopra).
In uno scenario talmente particolare come quello appena descritto, si delinea una storia per niente banale quale l’eterna struggente storia tra un ragazzo di sotto e una ragazza di sopra, una specie di rivisitazione dell’amore proibito di Romeo e Giulietta.
I due giovani hanno i volti di Jim Sturgess, che si conferma ottimo per il ruolo di un innamorato per qualche modo impedito a stare insieme alla sua dolce metà (vedi Across the Universe, dove la vicenda, trasportata nella realtà, è molto simile), e Kirsten Dunst, che qui pare avere firmato per il minimo sindacale, ovvero, nel suo caso, la bellezza.
A livello visivo il film regala alcune belle immagini, ma non abbastanza affascinanti da far rimanere senza fiato e rimanere così impresse da riuscire a definire in toto la pellicola. Sorvolando su alcuni dettagli che già mentre li guardi non sembrano tornare molto, al domanda che rimane alla fine della visione è una, anche se ad alto indice di deficienza: ma come fa un individuo a starsene per ore e ore a testa in giù senza sentire un minimo dolore al cranio e evitare che i piedi gli diventino cianotici nel giro di pochi minuti?

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