lunedì 23 settembre 2013

La gang dei sogni

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Tutti gli altri avevano avvistato la nuova terra che s’avvicinava. Lei no, era sempre rimasta chiusa nella stiva. Aveva temuto che Natale morisse. E si era scoperta, nei momenti in cui era più debole e più stanca, a non sapere se sarebbe stato un dolore. E allora adesso se lo teneva stretto al petto, cercando di farsi perdonare da quella creatura che non poteva aver sentito i suoi pensieri. Ma lei li aveva sentiti, e se ne vergognava.

Guardava i gabbiani volteggiare in cielo e si domandava se sapessero arrivare in cima ai grattacieli. E si domandava cosa vedessero. E cosa pensassero di quello zoo umano che brulicava sotto di loro.

“Mamma…” disse piano, dopo molti minuti.
“Si?”
“Quando si diventa adulti si vede tutto sporco?”
Cetta non rispose. Guardava il vuoto. C’erano domande alle quali non bisognava rispondere. Perché la risposta era brutta quanto la domanda.

Il dottor Goldsmith, il medico di famiglia, disse che aveva raccomandato a Saul Isaacson di condurre una vita più regolare, di evitare gli sforzi e le arrabbiature, di rallentare l’attività lavorativa, di contenersi nel mangiare e di smettere di fumare. Ma, sempre secondo il dottor Goldsmith, il vecchio aveva risposto: “Non voglio fare una vita da malato per morire sano”.

Tutto, nel suo corpo, era cambiato. Sapeva di essere diventata una donna. Ma non sapeva se era davvero pronta a esserlo.

“Tu la ami?” gli chiese.
Sal si irrigidì. Ciondolò da un piede all’altro, imbarazzato. Poi oltrepassò la scrivania di noce e si mise a guardare fuori dalla finestra. “Non gliel’ho mai detto” fece di spalle a Christmas.
“E perché?”
“Che ti è preso?” scattò Sal, voltandosi rosso in faccia. “Che cazzo sono tutte queste domande?”
Christmas indietreggiò di un passo. Abbassò lo sguardo sulla copertina di Martin Eden. “Volevo solo sapere perché…” disse piano e si avviò verso l’uscita.
“Perché non sono mai stato un uomo coraggioso, immagino” disse allora Sal.

Quando si ritenne pronta si presentò al signor Bailey. “Ho finito. Questo è l’elenco che mi ha chiesto e queste sono le quattro foto.”
“Brava” disse Clarence. “Adesso sei pronta per il tuo primo lavoro.”
“Non le guarda?”
“E perché mai?” fece Clarence, strizzando i suoi occhi piccoli e acuti. “Io non saprei mai dirti cosa hai capito di te stessa. Solo tu puoi saperlo… ti pare?”

Era di una bellezza drammatica.

Un uomo e una donna che si baciavano mentre il figlio piccolo tirava la gonna della madre, piangendo indispettito per quell’amore che non lo riguardava.

E mentre ognuno degli scalini che portava al primo piano diventava più alto e più faticoso da salire, pensò che non era il denaro che lo avrebbe reso migliore, come aveva sempre creduto.

“Non c’è?”
“No, gliel’ho detto.”
“E quando torna?” Di nuovo l’urgenza nella voce.
“Non so” fece il signor Bailey, sorridendo dispiaciuto perché sapeva che il tempo era stato inventato per torturare gli innamorati.

Luca Di Fulvio

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