giovedì 7 novembre 2013

Intervista a D.T. Max a Pistoia

Si è tenuto ieri sera a Pistoia, l’incontro dedicato al noto scrittore David Foster Wallace scomparso cinque anni fa. L’editrice di minimum fax, Martina Testa e lo scrittore Alessandro Raveggi, hanno intervistato il giornalista Daniel T. Max, autore di Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi, in collegamento da New York.

Raveggi apre il dialogo chiedendo: “Perché hai deciso di fare questo libro?”
D.T. Max: “Ci sono varie ragioni, una di queste è dire alle persone cosa è accaduto dopo la morte di David. Racconto sempre che il mio romanzo preferito è La scopa del sistema, dopo la sua morte ho scoperto che in una lettera a un suo amico, Wallace scriveva che quel romanzo non gli piaceva più, a quel punto, la lettura del libro è diventata per me un’opportunità per conoscere meglio questo autore e affondare nella sua letteratura. Dopo la sua morte, Wallace ha goduto di una stima sempre maggiore come persona, se ne è fatto quasi un santo laico. Invece, io ho l’impressione che la sua opera sia stata un po’ fraintesa, con il mio libro ho voluto dare una visione un po’ più realistica”.

"Riguardo a questa figura del santo, – continua Raveggi – che deve essere ridimensionato, penso a quando in Italia si è letto Wallace. Dal mio punto di vista, David Foster Wallace era un po’ un santo di una generazione paraintellettuale. Ti chiedo: com’era il rapporto di Wallace con i suoi lettori?"
D.T. Max: "Era molto a disagio rispetto ai suoi lettori, era teso e angosciato nel rapportarsi a loro. Aveva paura che confondessero le sue opere con la sua persona. Più cresceva il pubblico, più tendeva ad allontanarsi, preferiva avere un rapporto con i lettori attraverso i libri, non diretto e personale".

Martina Testa interviene a questo proposito raccontando un aneddoto inerente ai suoi incontri con Wallace: “La mia impressione era che fosse una persona molto ritrosa all’esporsi davanti a un pubblico. Quando parlava con i giornalisti faceva molte domande, cercando di instaurare un rapporto diretto e autentico con chi aveva davanti”.
"Qual è stata la reazione al suo libro negli Stati Uniti?" chiede ancora Raveggi.
D.T. Max: "Ero molto preoccupato della reazione dei lettori, temevo che sarebbero rimasti sconvolti dallo scoprire il Wallace che avevo trovato io, invece sono stato sorpreso positivamente. Questa è una biografia diversa da tante altre, perché io sono potuto andare a parlare con persone che lo avevano conosciuto, quindi è una biografia particolarmente vicina al suo oggetto. Sono stato molto felice quando la gente è venuta a ringraziarmi, per me è stata un’opera fatta con amore, ma ispirata alla ricerca della verità, tirando fuori anche aspetti scomodi. Sono contento di aver restituito un’immagine più realistica di Wallace e che questa, sia stata accolta bene".

Martina Testa: “Nel tuo lavoro su questo libro, cosa ti ha sorpreso di più nello studiare la vita e le esperienze di Wallace, cosa non ti immaginavi di lui?”
D.T. Max: "È difficile rispondere, sono tante le cose che mi hanno sorpreso. Tutto il lavoro del libro è iniziato da un articolo che ho scritto sul New Yorker e da subito mi sono reso conto che Daniel era un tipo a cui non piaceva esporsi. Una cosa in particolare mi ha colpito, ed è l’impegno e la profondità con cui lavorava sulle parole e l’enorme attenzione che aveva per la grammatica. Continuavo anche a rendermi conto di quanto stesse male e di quanto la sua sofferenza fosse profonda".

Gli faccio una domanda io: “Se adesso potesse chiedere qualcosa a David Foster Wallace, cosa gli chiederebbe?”
D.T. Max: "È quasi impossibile rispondere alla domanda che mi fai. Premetto di non aver mai conosciuto davvero Wallace e sono contento di non averlo fatto, altrimenti non sarei riuscito a scrivere questo libro così, se non ci fosse stata questa distanza. È difficile immaginare una domanda che non gli abbiamo già fatto i giornalisti"

Finito il collegamento con il giornalista, gli interlocutori concludono la serata con alcuni commenti insieme al pubblico. Un ragazzo fa notare come forse si sia un po’ esagerato nella considerazione quasi mistica di questo autore.

Martina Testa commenta: “Come narratore, Wallace aveva delle pecche, per esempio non era bravo a creare i personaggi, ma delle voci. Chi lo trova difficile e pesante lo capisco, io lo trovo uno scrittore unico e impareggiabile e tutta la fatica che fai credo venga ripagata”.

"Dobbiamo aspettare dieci o vent’anni, adesso c’è troppo brusio intorno a lui". Chiude Raveggi.

Nel video di seguito il rapporto tra fiction e non fiction in D.F. Wallace.


Trovato su: Archivio David Foster Wallace Italia

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