lunedì 13 aprile 2009

Camicie non stirate mentre fumavo libri strappati

Ho ancora in bocca il sapore del cappuccino con cui ho fatto colazione. Non mi sono lavato i denti e il caffè è così forte da rimanermi appiccicato alla lingua, sulla punta che sbatte contro i denti, forse ancora per qualche ora. Molto probabilmente andrà via solo dopo pranzo, quando verrà superato da un altro sapore più forte, dipende da quello che mangerò.
Avrei voluto andare a correre. E' una bella giornata, con il sole, il cielo terso e non fa freddo come i giorni scorsi. Quando mi sono alzato in casa il riscaldamento era già acceso a livello basso da qualche ora: i prodigi della tecnica e del termostato programmabile come un videoregistratore. Sono potuto andare in bagno in mutande e maglietta, scalzo, a piedi nudi. Ho pisciato da seduto, ancora troppo dormiente per rischiare di pisciarmi su un piede, o farla nel bidet. Quando sono tornato in camera per cambiarmi ho aperto i cassetti e non ho trovato i calzini. Non ho trovato i pantaloncini corti, nè la maglietta. Qualsiasi cassetto aprivo trovavo fogli scritti, giornali ritagliati, pagine di libri, carta battuta a macchina.
Sono tornato in bagno e ho cercato nel mobiletto appeso appena a destra dello specchio. C'erano pagine strappate da Il giovane Holden, da Sulla strada, da Il pasto nudo, alcune cose di Asimov. Tutto amucchiato in modo instabile, tanto che appena ho aperto il mobiletto tutti i fogli mi sono caduti addosso, come una cascata.
Li ho raccolti e ho cercato di metterli un po' in ordine, di raggrupparli prima per opera, poi per autore, e poi per parole maggiormente usate, per le frasi che mi sembravano inizzassero in una pagina e poi finissero in un'altra, magari di qualcun'altro, passando anche da Salinger alla scrittura zigzagata di Burroughs.
Ho dovuto rimettermi le stesse cose che avevo ieri sera: un paio di jeans che ormai sono diventati la mia seconda pelle e anche se mi abbronzassi, o sbronzassi, e cominciassi a spellarmi dopo due settimane, non mi andrebbero via, non si staccherebbero da me, lasciandomi per sempre blu; e una camicia, anche se io non sono il tipo da camicia, e non me le metto quasi mai proprio per questo, perchè poi si stropicciano sempre in fondo, quando le porto fuori dai pantaloni, e non ho la cosatanza di abbottonarmi le maniche, neppure d'inverno, così che quando mi muovo e arraffo l'aria con le mani, le maniche mi si alzano, e non è per il freddo che mi lamento ma per i miei avambracci: la gente vede i miei avambracci magri, completamente fuori posto e senza senso, ed è una cosa che non sopporto, che non vorrei. Di tutto me, di ogni cosa, proprio gli avambracci, o le braccia in generale, queste cose che sembrano pertiche montate per sbaglio, attaccate alle spalle, alla schiena ricurva dalla parte sbagliata.
Chissà, mi domando mentre comincio a dare fuoco alle pagine che mi sono cadute in bagno, per poterne respirare, per fumarmi queste storie; chissà se fra qualche tempo la gente che mi guarda gli avambracci vedrà un indiano, in piedi su una collina. Chissà.

1 commento:

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)