lunedì 26 luglio 2010

La differenza

lo scotto più grande da pagare non è la verità o la realtà, quanto piuttosto la differenza. da piccoli ci hanno insegnato la matematica con le pere o le mele, semplici similitudine: ho cinque mele e ne regalo due ad un amico, quante mele mi rimangono? solo dopo, molto dopo, sono arrivati i calcoli da fare in modo astratto, sostituendo le mele con nomi di variabili; ma la sostanza in fondo non è mai cambiata. con il passare del tempo le funzioni, i numeri, le operazioni con le quali andavamo a trasformare tutte queste cifre, è diventato via via tutto quanto più difficile, ma è anche vero che allo stesso tempo proprio noi stessi con il passare degli anni diventavamo sempre più difficili.
da bambini quando cadevamo e ci sbucciavamo le ginocchia vedevamo uscire il sangue. pensavamo in modo molto sereno e chiaro sotto la pelle ci fosse solo sangue, che in fondo non fossimo altro che enormi sacche di liquido rosso e quando noi, questi grandi sacchetti della spesa, ci rompevamo in un punto ciò che avevamo dentro gioco forza dovesse uscire fuori fino a quando non avremmo sistemato la ferita, o lo strappo. poi però c'è stato qualcuno che è caduto con più violenza, o è andato a sbattere con più forza contro un palo, un mobile, il terreno stesso, e di punto in bianco abbiamo scoperto le ossa. vedevi questo tuo amico a giro per il parco con il braccio avvolto in un gesso bianco, sul quale di solito lui ti chiedeva di scriverci qualcosa, disegnarci, o porci la tua firma. un mese di gesso perché si era rotto un osso del braccio.
un osso? chiedevamo stizziti noi. cosa diavolo è un osso? e da lì i nostri genitori o le maestre iniziavano a spiegarci tutto l'apparato osseo, dando così un senso a quegli scheletri che vedevamo nei film dell'orrore e facendoci capire che non si trattavo di animali particolari senza pelle, ma eravamo in fondo noi, dentro.
poi è arrivato il turno dei muscoli, i tendini, il sistema cardiocircolatorio, con il quale abbiamo scoperto che il sangue non era buttato là a riempire i vuoti che avevamo dentro, ma che procedeva seguendo determinate strade, incolonnato nel traffico arterioso o venoso; anche perché, ora che ci penso, a trenta anni passati, so bene che dentro non abbiamo nessuno spazio vuoto.
ci siamo riempiti bene bene, stando attenti a non lasciare neppure un millimetro quadrato di niente. ci siamo colmati con quanta più roba possibile, e non è che abbiamo utilizzato gomma piuma o quel simpatico materiale da imballaggio con il quale ci divertivamo a far scoppiare tutti quei piccoli palloncini. no. abbiamo utilizzato via via materiale sempre più strano e vario, andando a scavare tra tutto quanto imparavamo ogni giorno: ci abbiamo messo dentro legamenti, menischi, pleure, membrane più o meno spesse. e adesso non c'è più solo sangue, c'è tutto quanto un bel casino in più. così come in matematica: non ci sono più solo sottrazioni o addizioni.
la sostanza però non cambia. può essere più o meno difficile, ma alla fine ciò che si cerca è sempre una soluzione, un risultato da mettere con abbastanza sicurezza a destra dell'uguale. c'è poi chi è più ferrato in matematica e certe equazioni se le mangia a colazione, come ripeteva spesso una mia professoressa delle superiori, e chi invece si deve dannare l'anima per cercare di sopravvivere in mezzo a tutti questi numeri, di riuscire in qualche modo di rimanerci a galla. la difficoltà, quella vera, pesante più della gravità o di certi pensieri che puoi fare, è quando una volta che ti sei convinto che la matematica non è una opinione ti ritrovi davanti alle prove di quanto invece in fondo lo sia. perché la differenza è quella che brucia più di qualsiasi altra cosa, quando sottrai mele e ti ritrovi con delle pere, quando capisci che il tuo risultato non è lo stesso delle altre persone con le quali hai condiviso il test, quando ti accorgi magari di aver fatto degli errori qua e là, in uno o due passaggi; quando ti rendi conto che il valore che hai assegnato ad una variabile, x, non è quello che gli altri gli hanno assegnato, e questo a portato te a proseguire in una strada mentre gli altri ad andare avanti lungo un'altra. x maggiore di dieci, x minore di dieci. alla fine puoi arrivare ad un risultato positivo, o a uno negativo. basta una virgola per sbagliare e dare la risposta errata, figuriamoci dieci, dico dieci numeri di differenza.
per questo è la differenza ciò di cui bisogna aver più paura. sarà sempre quella con cui dovrei fare i conti e sempre più spesso i conti non torneranno. non avrai mai problemi con la realtà, che in fondo è una costante, o con la verità, che altro non è che il risultato; i veri problemi li avrai sempre e comunque, anche se poi paradossalmente arriverai alla soluzione giusta, con le variabili, con l'assegnazione dei valori a queste variabili. saranno loro a determinare la differenza tra quello che poteva essere se avessi usato un determinato numero e quello che poteva essere se avessi invece usato un numero diverso, anche se diverso di poco. è la differenza tra il risultato a cui sei giunto e quello a cui saresti potuto giungere.
puoi sembrare strano, ma in fondo è proprio così. so di essermi spiegato a cazzo, ma è così.

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