lunedì 6 settembre 2010

Parole gatti

ho un rapporto un po' conflittuale con le parole: a volte penso siano la più grande invenzione dell'uomo, che con loro si possa fare tutto, qualsiasi cosa; altre volte invece ne ho paura, le temo più del fuoco, della guerra, perché mi si rivoltano contro non appena usate, fanno capire agli altri e a tratti anche a me stesso cose che non volevo dire, si fanno fraintendere, mettono allo scoperto pensieri che dovrebbero invece essere nascosti.
ho un rapporto un po' conflittuale con le parole: alcuni giorni le coccolo, liscio loro il pelo come si fa ad un gatto, e loro rispondono con fusa rumorose, sdraiandosi sulla schiena e lasciandosi grattare la pancia; altri giorni invece mi ingannano, si lasciano toccare solo per poco, giusto il tempo per farmi abbandonare qualsiasi difesa, e poi attaccano con le unghie, andando a dare zampate micidiali sulle mani sulle braccia, facendomi a volte pure sanguinare.
ci sono momenti durante i quali vedo i discorsi trasformarsi in cascate, dove le parole prendono il posto dell'acqua e mi sento capace di scrivere di continuo, come un rullo, senza fermarsi mai, continuare a buttare già parole su parole, tutte quante, una dopo l'altra, e non sentirne mai il peso, la stanchezza; altri momenti invece mi si formano dei grumi solidi grandi quanto sassi, duri e spigolosi, e si fermano proprio all'altezza del pomo d'Adamo: non vanno né in giù né in su, non escono né spariscono, se ne stanno semplicemente lì fermi a pungere l'esofago e a non far passare nient'altro, ostruiscano il passaggio.
"Da dove vengono le parole?"
dipende, rispondo io. se sono di quelle a getto, che nascono così senza pensarci troppo, allora provengono dalla pancia, è da lì che partano per arrivare alla bocca e poi venire sputate fuori. se invece sono parole ragionate, scelte con precisione, allora quel tipo di parole vengono dal cervello, e ti posso assicurare che fanno un gran bel casino a districarsi tra tutti quei cunicoli contorti presenti in quella massa grigia, fanno a gara a chi arriva prima alla bocca, corrono a perdifiato, a volte provocano anche dei tremendi mal di testa, si fanno prima scegliere e poi scartare, sostituire da altre che tutto ad un tratto, ragionandoci un poco sopra, suonano migliori delle precedenti.
è vero questo: dovremmo vivere di mal di testa, farci venire grandi enormi sconfinate emicranie. perchè di parole ce ne sono un sacco, più di quante io te gli altri, tutti quanti messi insieme, potremmo anche solo immaginare. non credo esista nessuno qui, in questo mondo, che possa vantarsi di conoscere tutte quante le parole infinite, che ne sappia il significato o che le abbia utilizzate tutte almeno una volta nella vita. e ogni singola parola ha una precisa sfumatura che la rende unica, indispensabile per completare una frase o un discorso, per far suonare la propria voce o i propri pensieri in modo armonioso, non stonato. bisognerebbe pensare bene alle parole, usarle con attenzione, tenere presente di tutte le possibili scosse sismiche che potremmo causare usando una parola al posto di un'altra, un sinonimo spigoloso al posto di uno invece più arrotondato.
faccio una riflessione: non uso molte parole, non sono un amante di discorsi ricercati, troppo pomposi; non faccio uso di tecnicismi stretti, profondi, dentro i quali perdersi per capirne il significato, parole rischiose capaci di trasformare un semplice sfogo in un discorso ermetico e chiuso. ci sono milioni e milioni di parole che potrei usare e che invece tengo da parte: non voglio rischiare, sbagliare è così facile, usare fischi per fiaschi, preferisco conservarle per un momento migliore, sia di tempi che di conoscenza mia. magari oggi, ora, non sono capace di capirne il senso pieno, totale, preferisco usare parole più semplici, che conosco da tempo, dall'infanzia e che hanno passato con me gran parte della mia adolescenza, aiutandomi a descrivere i miei malumori, i miei sentimenti, oppure quelle cose misteriose che apparivano ogni giorno più nuove, strane, e che cercavo di disegnare ai miei occhi con parole che potevo capire. di queste parole mi fido, mi hanno visto crescere e mi hanno aiutato a crescere. mi sono appoggiato a loro più di una volta, usandole come stampelle per zoppicare via dai guai. non escludo tutte le altre, non le caccio via ad urli e calci, le metto solo in pausa. avrò tempo per approfondirle, conoscerli, stringere loro la mano e berci insieme un bel bicchiere di buon vino rosso. solo ora ho bisogno di parole capaci di farmi le fusa, che mi capiscano, che non mi tendano degli agguati. parole che mi permettano di rilassarmi, stare tranquillo, e non temere di essere graffiato.

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