mercoledì 8 settembre 2010

Siamo parti mobili ma legate

ogni tanto mi soffermo a pensare su quanto tempo sia capace di perdere facendo cose del tutto inutili. rispondo a quella parte di me stesso che solleva questi pensieri che ciò che ci rende felici, che ci fa stare bene, alla fine non è affatto inutile, anzi: è l'esatto contrario.
Qual è il contrario di inutilità? chiedo al me seduto sempre in salotto a baloccarsi con i vocabolari.
Utilità, cretino. mi risponde lui.
no, no. protesto io. qualcosa di più pieno, qualcosa che renda l'idea non solo di essere utile ma di possedere un'enorme ricchezza di utilità.
lascia stare, dice il primo me con il quale stavo parlando. in qualsiasi modo tu la metta ciò che fai serve soltanto a farti prendere per il culo. un modo dozzinale di fare qualcosa di dilettantesco, così ridicolo nella tua convinzione da risultare comico. fai solo ridere, ma far ridere in modo involontario è solo triste. per questo è inutile. è un affannarsi privo di qualsiasi fine.
di solito a questo punto iniziamo a litigare, io e la parte di me stesso che mi dice queste cose. cominciamo a insultarci a vicenda, chiamandoci in malo modo. tiriamo in ballo le nostre mamme, che poi sarebbe sempre e solo una: la solita. a volte finiamo per tirarci dietro un vaso, dei piatti; ci buttiamo per terra montando uno sopra all'altro. giù cazzotti sul muso, nel tentativo di spaccare il naso, romperlo e poi ridurlo a poltiglia. quando arriviamo a questa fase la vista del sangue ci esalta, ci fa trovare nuove energie per sopraffare l'altro. potremmo anche ammazzarci a vicenda se non ci fosse qualcuno disposto a fermarci. peccato le volte in cui capitano queste maniache azzuffate siamo sempre soli, dobbiamo e possiamo contare solo sulle proprie forze. dobbiamo auto convincerci a smettere.
è inutile. dice l'altro me che studia la scienza del corpo ma soprattutto della mente. non quello dei vocabolari, perché lui si intrattiene solo con le parole, le studia le controlla, le spacca in due per analizzarne la composizione e il senso: non lui. a fermarci, grazie al cielo, è quello che cerca di capire i meccanismi di causa effetto, quelli che ci portano a fare qualcosa non tanto così per fare, quanto piuttosto perché dietro c'è un intero reticolo di motivazioni. per questo ci dice: è inutile. perché lui lo sa, lo sa benissimo. potete affannarvi quanto vi pare, continua, picchiarvi per giorni e giorni interi, dalla mattina alla sera, fino quasi ad ammazzarvi. non importa. voi volete convincere l'altro a darvi ragione, ma non ce la farete mai. fino a quando non firmerete una specie di armistizio tutta questa faccenda andrà avanti all'infinito. non c'è modo uno di voi due l'abbia vinta.
se sono io quello seduto sopra l'altro me e menar cazzotti, lui si avvicina e dice: puoi anche torturarlo o picchiarlo quanto vuoi, ma lui andrà avanti nel dire che è inutile quello che fai, fino a quando caso mai non si convincerà del contrario. se invece è l'altro me ad essere seduto sopra e a picchiarmi, allora si avvicina allo stesso modo ma dice: risparmia le energie. per quanto tu possa andare avanti lui non smetterà mai di fare quello che fa, perché lo ritiene giusto e smetterà solo e soltanto se e quando se ne stancherà, quando saranno i suoi occhi a non vederlo più come una cosa utile.
detto questo ci supera, camminando piano, ed esce dalla stanza. ci lascia fermi, uno seduto sopra l'altro, senza darci modo di andare avanti. ci pone sempre di fronte alla verità, davanti alla quale è difficile scappare e inutile usare la violenza. la verità è uno specchio, se lo picchi rischi di romperlo e di portarti dietro anni su anni di sfiga.
ci separiamo, per questo. ognuno prende la propria strada, tranquillizzando l'aria tutto attorno a noi. fino a quando non riparte: ti ridono dietro, dice. allora riprendiamo a litigare.

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