lunedì 16 maggio 2011

Fuori strada

Siamo usciti di strada talmente tante volte da non ricordarmene neppure più il numero. Abbiamo accartocciato la macchina - un fazzoletto sporco dentro le tasche dei pantaloni - contro i guardrail, gli alberi, altre macchine ancora, le nostre stesse illusioni. Nessuno ci aveva detto che la strada fosse così scivolosa. Tinto dal nero l'asfalto sembrava essere pulito dal sangue sul quale abbiamo slittato. Ad averci fatto caso, solo dopo ovviamente ce ne siamo resi conto, si poteva vedere la luna riflessa nelle pozze, sentendo lontani i lupi ululare al plenilunio. Mai una notte con le nuvole, le stelle lampadine difettose tra i mille aerei a sorvolare lo spazio sopra di noi. Sembrava così divertente, non abbiamo aspettato altro per firmare, lanciarci alla deriva, perdere gli ormeggi. Dimenticare.
Ci fermavamo nel primo parcheggio di un bar qualsiasi, bastava fosse il più vicino possibile ai nostri sogni. Scendevamo di macchina alla ricerca di un bagno. Dovevamo cagare vomitare e sputare fuori tutto quanto avevamo ingurgitato e ingoiato e aspirato, sperato. Lei ci aspettava in auto, sempre, si rifiutava di accompagnarci. Che schifo! Che stronzi che siete! Che facce di merda! Merda, appunto! Ribattevamo noi. Accendendo la radio a tutto volume lei con la musica si costruiva una tenda, una capanna. Preparava la nostra casa immaginaria affinché tutto sembrasse perfetto al nostro ritorno: mattonelle pulite in cucina, letti rifatti nei sedili posteriori, luci accese dei fanali a illuminare il niente di fronte a noi.
Noi tornavamo scarichi, pompe di benzina in riserva, urlando contro i distributori automatici che ci rubavano i soldi, sputavamo per terra, dandoci spintoni allegri. Le ginocchia ce le siamo sbucciate in questo modo, cadendo senza farsi male, senza proposito. Non avevamo bisogno di paracaduti, di protezioni alle braccia o alla testa. Avevamo la testa dura più dura di quanto si potesse sperare di avere, tanto che qualsiasi idea che ci volevano inculcare non attecchiva e veniva rigettata dopo poche settimane di annaffiamenti, lavaggi di capo, shampoo buttati al vento, risciacqui, balsami per capelli delicati. Noi non eravamo delicati, ma i capelli li perdevamo quasi fossero le buone intenzioni.
Dicevamo che tutto quanto andava bene. Potevamo essere i vostri migliori amici, i vostri peggiori nemici. Potevamo vestirci di qualsiasi bugia voi volevate, trasformandoci oggi nei sogni, domani negli incubi. Mentre gli altri si nascondevano dietro le porte chiuse delle loro camere a pensare pensieri che non avrebbero mai avuto il coraggio di dire, noi sfrecciavamo lungo le strade buie e deserte. Ma tutti quanti, noi loro, lei, tutti ci stavamo nascondendo.
Anche se la musica sembrava dirci di non preoccuparci, di rimandare pure a domani quello che avremmo dovuto fare oggi ieri l'altro ieri, sabato scorso ci dovevamo baciare ma non ci siamo neppure sfiorati, dovevamo vederci per scambiarci pensieri parole opere e omissioni, ma abbiamo lasciato che il tempo ci distraesse indicandoci un'altra via sperduta, perduta, per due. Noi due.
Siamo stati i vostri santi, i vostri maledetti. Siamo stati i cani che avete abbandonato e poi investito. Ma ci stavamo soltanto nascondendo mentre voi stavate facendo altrettanto, nascondendo sotto terra le vostre più intime paure.

2 commenti:

marianna franchi ha detto...

Bel post... un abbraccio e buonissima giornata

Edward S. Portman ha detto...

grazie mille e buona giornata anche a te!