lunedì 9 maggio 2011

Un anno molto particolare

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Carezzare un cane ha spesso questa funzione, blandire l’animale per lusingare il padrone, riempire il vuoto che si allarga tutt’intorno.

Un gesto minuscolo che darà avvio a tutti gli altri gesti, e la giornata acquisterà spessore, è questo che spero

So che la lettera per Simon sarà lunga, che non gli risparmierò alcun dettaglio. Ho bisogno di pensare in una lingua che sia la mia, di scegliere ogni parola per dire esattamente ciò che sento. In tedesco, invece, ho la sensazione che il mio pensiero si restringa, perdo in perspicacia, soccombo a una semplificazione del mondo che mi spaventa. Ho paura di perdermi, di perdere il senso delle parole, ho paura di scomparire.

Quando gli avevo parlato del mio progetto, dell’idea di andarmene lontano da casa, sfinita perché i nostri genitori non riuscivano a venire a capo dei loro tentativi di separazione, Simon mi aveva detto che avevo ragione di andare a respirare da qualche altra parte. Aveva detto “respirare”, e invece qui soffoco. Soffoco perché non sono mai sola, eppure non ho mai sofferto così tanto di solitudine.

Saper parlare una lingua straniera è proprio questo: essere a proprio agio con i mezzi toni, abili nell’uso delle sfumature.

Il mio compagno mi fa girare ancora una volta prima di affidarmi a un altro ballerino, e io passo da un uomo all’altro per una parte della serata, allora mi dispiace non amare la birra, perché se avessi bevuto un po’ non sarei intralciata da tutta la mia lucidità e l’impressione della realtà non mi colpirebbe con tanta violenza.

Simon ammaliato, che aderisce a ogni parola che dice quella ragazza

Mi sdoppio e assisto allo spettacolo offerto da questa ragazza, d’un tratto frivola e leggera, rapita dall’opacità della notte e dall’insistenza dei bassi che risuonano in tutto il corpo.

Brigitte Giraud

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