lunedì 26 ottobre 2009

Firenze sold-out

Rimettiamo al sole l'ora per guadagnare un po' di luce, nel frattempo avanziamo sul fronte del centro e liberiamo la città dalle macchine, dai pedoni distratti ad alto rischio di investimento. Siamo un onda che allaga le strade, siamo l'Arno che straripa, siamo l'alluvione del '66, siamo il terzo scudetto della Fiorentina. Le urla dello stadio ci arrivano lontane, parcheggiamo ai margini di fossi rischiando di ritrovare la macchina persa in acqua, mista a fango ed erba alta, e camminiamo zoppicando per colpa mia il più veloce possibile per attraversare i viali. Quando arriviamo alla fontana un senso di già vissuto, di deja-vu, la gente che ci provava con persone che conosceva da poco, ricordi lontani quando vendevamo camice virtuali e ridevamo spensierati del mondo del lavoro senza disoccupazione occupazione dispersione, numeri di impianti, tipo modello sportivo elegante, casual. Occupiamo il tempo a cercare di arredare casa con i san pietrini, maledicendo ogni piede appoggiato male, con un caldo infernale e le commesse nude sotto vestiti trasparenti, giacche in mano sudore sulla fronte, cercando vestiti andati a male, dalla mattina alla sera persi in larghe vedute che diventano sempre più larghe anche scendendo di misura. Fuori il buio ci aspetta, le luci dei lampioni. Sul Ponte Vecchio le ombre delle auto che passano veloci sugli altri ponti accanto sembrano delle persone che si gettano nell'Arno. Non abbiamo spazio per restare a guardarle, le ombre, le persone: ci sono impalcature che bloccano l'appoggio, anche se ci fermiamo qualche secondo per vedere i ristoranti tuffarsi nelle acque. Poi riprendiamo verso gli Uffizi, sempre in perenne ristrutturazione. Confrontarli con altri musei e trovarne le differenze, darsi appuntamento nei magazzini e rubare gli sguardi sulle opere.
Eravamo tutti là e non lo sapevamo neppure. E' strano scoprirlo solo oggi, quando il senso è diventato più disteso e gli scoppi le risa le labbra sono più felici. Ritorniamo alla macchina per vedere dei giostrai scambiarsi effusioni in pubblico, ripartire poco prima di noi e svanire in pulmini bianchi parcheggiati meglio. Lasciamo il buio e a fari accesi prendiamo l'autostrada per accartocciarla sotto le ruote, batterla quel poco e fermarici solo a riposo.

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