mercoledì 14 ottobre 2009

La campana di vetro

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Mi sentivo inerte e vuota come deve sentirsi l'occhio del ciclone: in mezzo al vortice, ma trainata passivamente.

Il mattino dopo, alle sette, squillò il telefono.
Dal fondo di un sonno nero risalii lentamente in superficie.

Buddy Willard era un ipocrita.
Naturalmente all'inizio non lo sapevo. Anzi, pensavo che fossei l ragazzo più meraviglioso dle mondo. Lo avevo adorata da lontano per cinque anni, quando lui nemmeno mi guardava, poe c'era stato il bellissimo periodo in cui io continuavo ad adorarlo e lui aveva iniziato a guardarmi, e poi, proprio quando lui mi guardava sempre di più, avevo scoperto per pure caso che razza di ipocrita fosse, e adesso lui mi voleva sposare e io lo odiavo come non so cosa.

Continuai a pettinarmi i capelli sulla faccia, di lato, dalla parte dove stava lui, ritmicamente, me li sentivo aderire alle guance in fiamme come fili elettrici

Era il giorno dopo Natale e sopra di noi si gonficava un cielo grigio carico di neve. Mi sentivo troppo appesantita dal cibo, spenta e delusa, come mi succede sempre il giorno dopo Natale, quasi che le misteriose promesse dei rami di abete, delle candele, dei regali con i nastri d'oro e d'argento, dei ciocchi di betulla nel camino, del tacchino e dei canti natalizi al pianoforte non arrivassero mai a realizzarsi.

Splendeva di luce danzante come un cubetto di ghiaccio celestiale.

Cominciavo a capire come mai gli uomini che odiano le donne riescono a farne quello che vogliono: Sono come dei: invulnerabili e potenti. Discendono su di te, poi scompaiono. Non li puoi catturare.

Lo lasciai che frugava carponi nel buio, alla ricerca di un altro pezzetto di buio che nascondeva ai suoi occhi furibondi la luce del suo diamante.

Poi qualcosa calò dall'alto, mi afferrò e mi scosse con violenza disumana. Uii-ii-ii-ii-ii, strideva quella cosa in un'aria crepitante di lampi azzurri, e a ogni lampo una scossa tremenda mi squassava, finché fui certa che le mie ossa si sarebbero spezzate e la linfa sarebbe schizzata fuori come da una pianta spaccata in due.

Un sorriso lento, quasi tropicale, illuminò la faccia del dottor Gordon.

Mi sembrava che la cosa più bella del mondo doveva essere l'ombra, le mille mobili forme e i mille anfratti dell'ombra.

lungo il labbro del taglio fiorì una riga di rosso vivo.

Pensai che la morte per acqua doveva essere la più dolce, e quella col fuoco la peggiore.

Ci fissammo ammutoliti, io in attesa di un filo di emozione, una minima scintilla. Niente.

Sylvia Plath

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