lunedì 17 settembre 2012

Espiazione

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La bellezza, aveva scoperto, possedeva scarse variazioni di tono. La bruttezza, al contrario, ne aveva infinite.

In sua assenza poteva accadere qualcosa di brutto ma, peggio ancora, anche qualcosa di bello, qualcosa che non poteva senz’altro perdersi.

Non tutto quello che si fa deve per forza rispettare un preciso ordine logico, specie quanto di è soli.

Briony ebbe la prima vaga premonizione che per lei non ci sarebbero più stati castelli da favola né principesse, ma solo l’imperscrutabilità del presente, di quanto passava tra due individui, tra due persone qualsiasi che lei conosceva, del grande potere che uno era in grado di esercitare sull’altro, e di quanto fosse facile fraintendere tutto, ogni cosa.

Soltanto una storia permetteva di entrare in più di una testa e dimostrare come ciascuna avesse eguale valore. Ecco l’unica morale di cui un racconto aveva bisogno.

Era stanca di stare all’aperto, ma non aveva voglia di rientrare. Tutta qui, la scelta che offriva la vita, star dentro o star fuori? Possibile che la gente non potesse andare anche altrove?

Tutto bene finché si trattava di dire che la protagonista si sentiva triste, oppure di raccontare ciò che una persona triste più fare, ma come si affronta la tristezza in quanto tale, come la si comunica in modo che il lettore possa sentirne tutta la deprimente immediatezza?

Ci si misura rapportandosi agli altri, non esiste alternativa.

La sua bocca sapeva di sale e di rossetto.

Scrivere in fondo, non era come librarsi in cielo, sperimentare una forma possibile di volo, di fantasia, di immaginazione?

Quel momento era stato atteso e desiderato troppo per risultare all’altezza delle aspettative.

In assenza dei dettagli, veniva meno anche il quadro generale.

A quel punto arrivò il sibilo acuto della bomba che precipitava. Dicevano che se sentivi il suono interrompersi prima dell’esplosione, era la tua ora.

Perché certe volte uno può anche farsi troppe idee, se si lascia prendere dai sensi di colpa.

Briony aveva letto Le onde di Virginia Woolf tre volte pensando che perfino la natura umana stesse subendo una grande trasformazione e che soltanto l’arte, un nuovo modo di concepire la letteratura, sarebbe stata in grado di cogliere il senso di quel cambiamento. Penetrare all’interno di un amente e mostrarne il lavoro e il lavorio interiore e inserire tutto questo in una struttura geometrica: ecco un autentico trionfo artistico.

Imparò una cosa ovvia e semplicissima che aveva sempre saputo, come tutti: ogni persona è, tra le altre cose, un oggetto facile da rompere e difficile da riparare.

Ecco cos’era Londra appena fuori dal centro, un susseguirsi monotono di piccole città.

Da una certa età in poi, attraversare in macchina la propria città diventa fonte di riflessioni penose. Si accumulano gli indirizzi dei morti.

Si è liberi di diffamare solo se stessi e i morti.

Il problema in questi cinquantanove anni è stato un altro: come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. È la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. non c’è espiazione per Dio, né per un romanziere, nemmeno se fossero atei. È sempre stato un compito impossibile, ed è proprio questo il punto. Si risolve tutto nel tentativo.

Ian McEwan

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