mercoledì 2 aprile 2008

In ufficio

La funzione per il calcolo del tempo disponibile per macchina/uomo se ne sta lì di fronte a me, con il suo complicato algoritmo che si tira su in memoria i vari impegni già schedulati e non più modificabili. Mi guarda, e sembra quasi sorridere compiaciuta del fatto che in un punto imprecisato di tutto quel codice si nasconde un errorino che non fa tornare i calcoli. Di sicuro è qualcosa di microscopico, una virgola, oppure una a al posto di un o. Lo so come vanno queste cose.
Passo il tempo a rileggere da capo a fondo ogni singola istruzione. Mi appunto su un foglio i vari valori che ogni singola variabile dovrebbe assumere in ogni singolo punto; ma proprio non riesco a tirarne fuori un bel niente. L'errore, quello stronzo, si è nascosto bene e sembra decisamente intensionato a non farsi trovare.
Poi, tutto ad un tratto, in ufficio si fa il silenzio completo. Non si sente neppure il ronzio della ventola dell'unico pc fisso nella stanza. Non vola una mosca. L'unica cosa che sento è la voce del mio pensiero che parla, e dice queste stesse parole.
Mi fermo. Cerco di ripetere a me stesso, in eterno, quello che sto pensando in questo preciso momento.
"Queste parole - mi dico - non si ripeteranno mai più. Neppure se tu riuscissi a registrarle in un angolino della tua mente."
Non le devo perdere.
Apro un file di testo, senza mai smettere di ripetermi ogni singola parola, ma la cosa comincia di secondo in secondo a farsi sempre più difficile, perchè ogni attimo che passa è una, due, tre, dieci parole in più da ricordare.
Scrivo di getto tutto quello che mi è passato per la testa. Lo butto già come se lo avessi sulle spalle, tipo una sacca e la dovessi appoggiare sul letto per poi aprirla e prenderne il contenuto.
Non so quanto sia sensato tutto quello che ho prima pensato e poi scritto. Ma non importa. Ho fissato per sempre una parte di quella scheggia che è il mio pensiero. Anche se il risultato è solo qualcosa di bidimensionale, mentre il mio pensiero è composto da almeno 6 dimensioni (luogo, tempo, persona, vita, realtà/irrealtà, trasversalità), è già qualcosa da cui partire per puntare verso l'impossibile.
Salvo il file di testo e torno al mio caro programma.
Non ho bisogno neppure di tornare con la mente nel contesto generale. L'errore è lì: chiaro, visible, limpido. Non si nasconde più, anzi: sembra guardarmi e salutarmi con la mano.

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