lunedì 27 dicembre 2010

Cambiare idea

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Ma vivere in modo vario non può essere semplicemente un dono, assegnato dalla casualità della nascita: dev’essere uno sforzo continuo e continuamente rinnovato.

Il suo sogno si nutre di strategie, non di illusioni.

ha mentito per entrare in casa, eppure è venuto per portare alla luce delle verità. È uno scrittore: uno che dice il vero mentendo.

Hollywood è volgare. Ogni inglese lo sa. Lo sa così come sa che in Germania non esiste la comicità, così come sa che gli italiani stanno messi bene in fatto di cucina, di matrimonio, di clima e di panorami, ma non in fatto di governo, di lavoro, di guida automobilistica e di Dio.

Alla nascita, due persone entrano in una stanza e ne escono in tre. Alla morte, entra una persona e non ne esce nessuna. Questa è una battuta a sfondo esistenziale di Martin Amis. Mi piace l’assurdità metafisica che ricava dall’evento della morte, il senso che la morte non avvenga affatto: che sia, anzi, l’esatto contrario di un avvenimento.

La cosa più assurda del morire è la richiesta che noi, i vivi, facciamo ai morenti: li imploriamo di renderci le cose facili.

un’infermiera mi offrì la possibilità di vedere il corpo, e io rifiutai. Fu un errore. Così sono rimasta in uno sketch di cattivo gusto in cui un uomo vivo si trasforma inesplicabilmente in due pinte di cenere e tutti si comportano come se questo non fosse affatto uno sketch, ma la cosa più logica del mondo. Un corpo avrebbe avuto un’assurdità utile, concreta. Avrei capito – o almeno così dice la gente – che la cosa distesa sul lettino non era mio padre. Così com’è andata, invece, mi sono persa la morte, mi sono persa il corpo, mi sono ritrovata in mano la cenere e da questi dati di fatto ho cercato di estrapolare una storia, come fanno gli scrittori, e mi sono scoperta, invece, bloccata in una specie di stasi. Un momento in cui non succede niente, e niente continua a succedere, per sempre.

La realtà è una faccenda molto soggettiva. Non saprei come definirla, se non come una sorta di graduale accumulo di informazioni; e come specializzazione. Se prendiamo un giglio, per esempio, o un qualsiasi altro oggetto naturale, un giglio è più reale per un naturalista che per una persona comune. Ma è ancora più reale per un botanico. E si arriva a un grado ancora più elevato di realtà se il botanico è uno specialista di gigli. Possiamo, per così idre, avvicinarci sempre più alla realtà; ma mai a sufficienza, perché la realtà è una successione infinita di passi, di gradi di percezione, di doppi fondi, ed è dunque inestinguibile, irraggiungibile. Di un particolare oggetto possiamo sapere sempre di più, ma non potremo mai sapere tutto: non c’è speranza. (Vladimir Nabokov)

Quello che è “ricorsivo” nei racconti di Wallace non è la sua voce narrativa ma il modo in cui scorrono le storie, e cioè come versioni verbali di processi matematici, in cui almeno una delle fasi del processo richiede una nuova esecuzione di tutto il processo in questione.

In genere, ciascuno di noi si rifiuta di essere l’altro. Le esperienze che facciamo ci sembrano per forza di cose più reali di quelle altrui, distorte come sono dalla nostra impressione di assoluta centralità.

Zadie Smith

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