giovedì 13 maggio 2010

Pure noi come il mondo/4

Salita in auto ringraziò Dio di aver insistito fino in fondo per andare con due macchine diverse. In quel momento voleva soltanto andarsene il più veloce possibile, mettere quanto più spazio tre lei e quell'agriturismo che avevano scelto insieme. Secondo i loro piani quella vacanza avrebbe dovuto essere un felice intervallo dalla solita quotidianità sveglia lavoro cena insieme e poi di nuovo letto; una parentesi fatta di coccole carezze e sesso sentito. Invece era stata semplicemente la fine: il rendersi conto di essersi esauriti, limitandosi ad essere una successione di gesti rituali.
Mentre percorreva con attenzione lo sterrato che dal parcheggio portava alla strada vera e propria, domandò a se stessa come avesse anche solo potuto pensare, o sperare, che una semplice manciata di giorni passati lontani dai loro soliti paesaggi potesse cambiare davvero qualcosa. Come se fossero gli edifici, i quartieri, le case alte e le case basse, o addirittura la città intera ad essere la vera cosa sbagliata fra loro. Cosa sarebbe poi successo una volta tornati ai panorami cui sul serio appartenevano? Scappare nella natura era stato solo un modo come un altro di scappare, punto.
E si domandò pure, anche se avrebbe giurato di non ritrovarsi mai a farlo, come fosse stato possibile passare dai colori caldi e sognanti dei primi tempi, quando ancora tutto era magia, poesia, al freddo grigio reale dove ogni cosa ha forme rigide e deve sottostare a precise leggi fisiche. Senza sapersi dare una risposta capì quanto male potesse fare capire quanto tanto fossero cambiati senza cambiare affatto.
Gli occhi le si bagnarono, offuscando la vista. E nel traffico inesistente del pomeriggio pianse lacrime di un dolore ancora dovuto soltanto allo strappo, forte brusco e repentino. Sarebbe stato diverso il dolore che avrebbe sentito nei giorni successivi: più sordo più asciutto, come un vuoto in espansione che le si sarebbe allargato dentro, nell'abbraccio della pleura; quando si sarebbe accorta che anche solo la semplice luce degli stop di un'auto in fila davanti a lei le avrebbe ricordato la luce che faceva il suo cellulare quando lui la chiamava. Quando si sarebbe accorta infine che la cura era più dolorosa della malattia.

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