lunedì 7 giugno 2010

Le perle alle orecchie

la gente è triste perché è costretta ad indossare le perle alle orecchie. e si nasconde dietro occhiali da sole grandi quanto la faccia per non far vedere la propria espressione, la direzione dello sguardo. pensa che così facendo si possa nascondere non solo le pupille e le palpebre, a volte pure le sopracciglia insieme alle ciglia, ma anche lo stato d'animo che si attraversa, senza passaporto o visto di ingresso, permesso di soggiorno.
così nel tempo che ci resta, durante il viaggio, ci spiamo in silenzio, io e la gente, senza parlare, almeno non con la bocca, ma comunicando solo con dei gesti piccoli ed innocenti. come quando volge la testa verso la mia direzione, in modo tale da potermi far pensare a quel che invece sta pensando lei. fantasticare sui suoi pensieri, i suoi sentimenti, i suoi affetti, i suoi sorrisi sofferti o sinceri che siano basta che siano. se ci avvicinassimo, anche solo di poco, io e la gente, giusto un soffio, il suo del respiro, il mio di tutti quanti i miei polmoni, potremmo discutere di quante poche possibilità di vita potrebbe avere un asmatico dentro la metropolitana; di quante facce strane sconvolte e diverse potremmo trovare dentro un singolo vagone; di come questo sembri essere tutto quanto un'enorme zoo in fuga sui binari, con dentro le sbarre ogni possibile variante di persona a rappresentare tutta per intera la già larga specie umana: c'è la signora indaffarata che prende appunti su un foglio di carta appoggiato sulle ginocchia; c'è la combriccola di amici con gli zaini ancora stracolmi dai libri di scuola che paiono prepararsi per l'esame di stato, quando fuori invece c'è un sole che sembra al contrario invitarli come un serpente a giocare per i prati; c'è la turista con il vestito corto a piccoli fiori celesti su sfondo color crema; c'è il signore addormentato con la testa reclinata in avanti a formare un angolo così strano da sembrare come appeso a ciondolar giù da un cappio invisibile legato stretto attorno al collo; c'è il tizio seduto in fondo con la canotta da muratore bella tutta quanta linda e pulita, con le braccia ricoperte da tatuaggi colorati e pacchiani.
ci sono tutti questi strani animali non ancora catalogati alla perfezione, senza il cartellino didascalico appuntato in petto con su scritto a quale famiglia appertengono, se sono erbivori o carnivori, vegani intransigenti ventiquattr'ore su ventiquattro sette giorni su sette, o vegani durante l'orario di lavoro che non appena cala il sole e si stende la notte è tutto un tranciar carni di bistecca e di vitello; c'è questo gregge di persone tutto quanto attorno a me, mentre io seduto in disparte non faccio altro che ripetermi dentro la mia testa il motivo vero e proprio per cui le persone, tutte quante, sono tristi: è perché la gente è costretta ad indossare le perle alle orecchie, mi dico mi ripeto come una filastrocca per impararmela a memoria, cadenzata a suon di battute della lingua sul palato, a schioccar le consonanti più spigolose e arrotondare quanto più possibile le vocali panciute e gonfie. non voglio dimenticarla questa cosa, il motivo della tristezza delle persone, quasi fosse il segreto inconfessabile della vita, perché penso che se in fondo fosse vero, se le persone fossero davvero tristi solo per il semplice motivo che son costrette ad indossare le perle alle orecchie, allora basterebbe togliersi gli orecchini e mettersene un paio un po' più alla moda, magari dei cerchi dorati, o non mettersene affatto, per esser felici e dimenticare ogni cosa: preoccupazioni, sentimenti, persone, città e animali. sarebbe così facile.
come quando ti dicevo che milano era grigia e tu mi rimproveravi di non tirare in ballo questi luoghi comuni, che non era vero e che avrei dovuto abitarci per saperlo davvero e poter dire una stronzata del genere rendendomi conto solo dopo averci vissuto per qualche tempo di quanto stronza fosse la stronzata che stavo dicendo dipingendo milano di grigio, con lo smog e la pioggia; ma alla fine non partivi. no: alla fine non partivi e rimanevi qui, a parlar dei fiori e del cielo, dell'aria serena e vaga, di quanto fosse strano sentirsi leggeri tenendosi per mano, nonostante tutto e nonostante chi eravamo e chi saremmo stati ancora per un sacco di tempo; e non indossavi orecchini con le perle ma sorridevi così tanto che non importava affatto cosa avessi e cosa non avessi addosso: anche se non portavi quasi mai alcun tipo di orecchini.

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