martedì 29 giugno 2010

Wise Up

Per imparare certe cose, per esempio, non devi sapere di starle imparando. Ci ripensi tempo dopo e ricordi quella passeggiata in riva al lago con la mano di tuo padre sulla spalla che ti spiega perché a volte è meglio dire no, e non te lo aspettavi certo quando sei uscita di casa sbattendo la porta e il cancello, correndo verso il pontile per fare perdere le tue tracce e restare per ore con le gambe penzoloni a guardare l’acqua blu e fumare sigarette e pensare di cercare di nuotare fino all’altra riva sapendo che la stanchezza ti avrebbe sorpresa a metà strada facendoti affondare. Non te ne accorgi neanche subito, di averle imparate, quelle cose, e credi che dirai di sì fino a quando non ti viene posta la domanda e il no ti sale alle labbra spontaneo, senza che tu abbia il tempo di pensarlo.
Per conoscere se stessi è la stessa cosa, ed è ancora più difficile perché, di noi stessi, conosciamo solo la teoria. In alcuni manuali – per il telefono o per il televisore – c’è una pagina a parte, una guida rapida all’utilizzo; è l’unica che viene letta, probabilmente, per il resto si finisce per andare a tentativi o ci si ritrova, dopo mesi o dopo anni, a cercare il manuale nei cassetti, sperando di non averlo gettato durante le pulizie di una qualche primavera. A me sembra di conoscermi allo stesso modo, so quali sono i miei tasti principali, le mie funzioni primarie – so accendermi e spegnermi l’interruttore; vorrei essermi letta la pagina dedicata alla risoluzione dei problemi, per quando non mi si ricarica la batteria o mi lampeggia qualcosa nella pancia.
Conosco la mia teoria ma poi vengo sopraffatta dalla vita e dalle eccezioni, e mi ritrovo a dover riconoscere la discrepanza tra la persona che mi penso di essere, quella che mi desidero di essere e quella che poi, alla fine, sono. E allora sono convinta di essermi letta gentile e invece mi capita di essere rude, sono convinta di essermi letta indifferente fino a quando non mi accorgo che mi importa. Credo di sapere che non commetterei mai un certo torto fino a quando la vita non mi persuade suadente che tutto è lecito, e io mi fido o fingo di fidarmi fino alla punizione della colpa.
Le cose si complicano ulteriormente quando mi ritrovo a dovere confrontare la mia teoria con la teoria degli altri, il mio manuale con il tuo manuale che ha una sezione che parla di me. Nel primo paragrafo ti spiega come prendermi, nel secondo paragrafo ti dice come tenermi, nel terzo come lasciarmi – nel quarto hai scritto le istruzioni per risolvere eventuali anomalie. Il tuo è un manuale non ufficiale e non autorizzato, l’hai scritto spingendomi pulsanti a tentativi, riavviandomi quando mi inceppavo, credendomi indistruttibile e distruttrice.
Meno male che ho imparato. Dico: no.

Madame Psychosis

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