mercoledì 2 giugno 2010

Preparativi

può non sembrare ma sono nervosa. è circa un'ora che sono qui in piedi davanti allo specchio di camera mia a spazzolarmi i capelli, con quest'aria spenta di attesa che pare non contenermi neppure. vorrei fossero più lisci, i capelli, meno riccioli di così. ad ogni colpo di spazzola cerco di stenderli al massimo della loro lunghezza, talmente tanto che mi arrivano quasi alla vita; ma poi loro non appena li lascio, mollo la presa, schizzano come molle verso l'alto, fermandosi in queste onde che sono una specie di anticamera di più veri e propri boccoli.
ho paura che a lui non piacciano; che a lui non piaccia io, in verità. fosse il male dei capelli o del loro colore: questo biondo sporco che non è un biondo vero ma tende insistente al rosso, quasi avessi dei fili di rame al posto dei capelli; ma anche le lentiggini. comincio a vergognarmi di tutte queste lentiggini che mi sono quasi esplose in faccia e hanno lasciato i segni sopra il naso, sulle guancie. anche se lui, è vero, l'ultima volta mi ha accarezzato il volto e mi ha detto che gli piacciono, sul serio, ha detto lui: sembrano delle stelle che cercano di espandersi insieme a tutto quanto l'universo.
ho sorriso, cercando di nascondere tra le spalle il fatto che stavo senza volerlo arrossendo. non sono ancora abituata ai suoi complimenti. è strano come a volte le cose che più desiderare con tutto il cuore siano anche le stesse che riescono a metterti in imbarazzo con estrema facilità. un giorno, mi son detta, non avrò problema a sentirmi dire certe cose da lui, anzi: le esigerò, pretenderò che me le dica ogni giorno di continuo, per potermi cullare nella loro dolcezza. ma ora, adesso, non ho ancora imparato a gestire certe sue parole, e di tanto in tanto mi accorgo di averne quasi paura, come se per quanto tenere esse siano nascondino lame affilate oppure sporgenze arrugginite.
così: mi piace ripensare a come lui mi ha detto certe cose, al tono della sua voce, ai suoi occhi che si avvicinavano ai miei, alle sue dita, morbide sui polpastrelli, che mi lisciavano le guance; ma allo stesso tempo cerco di allontanarmene, da tutta questa scena. mi dico che con le mani non stava lisciando la pelle, non lo faceva perché le mie lentiggini gli piacevano, quanto piuttosto cercava di pulirmele via dalla faccia, come si fa con lo sporco, con la polvere che si adagia sui mobili.
ecco a cosa penso e non penso, a cosa cerco di non pensare, mentre mi spazzolo distrattamente i capelli davanti allo specchio. mi chiedo se abbia davvero senso tutto questo, un tiro alla fune tra i miei desideri e le mie più incognite paure; perché quando vengo trascinata verso il basso, mi guardo seria per un attimo allo specchio e mi rendo conto che tutta questa pagliacciata è solo una grossa perdita di tempo: non ha importanza essersi truccata, pettinata, vestita alla perfezione; aver steso quel leggero tocco di rossetto che quasi non si nota sulle labbra, indossato le calze viola sperando che portino fortuna, intonate alla maglia con lo scollo a V profondo, aver tirato giù dall'armadio il cappotto nero più elegante che abbia mai comprato, intonato con una borsa da donna matura per far bella figura; ma anche solo dopo minuti, quando lo sconforto è passato, e tutta la mia tristezza è stato spazzata via come da un mio stesso colpo di spazzola, mi sento euforica, entusiasta, e tutto quanto non ha ugualmente senso ma sotto un altro diversissimo aspetto: il rossetto vorrei che me lo sbavasse via a suon di baci, le calze viola e la maglia intonata sfilate via per stenderci su di un letto e riempirci di carezze nude e furiose, selvatiche trattenute in gabbia per tutto questo tempo: da quando mi ha fermato per conoscermi, ed ho sognato che lo facesse afferrandomi per la vita con una mano, fino ad oggi che mi preparo per rivederlo.
mi chiedo se quando sarò con lui la smetterò di essere così scostante, con questi cambi di umori e sensazioni: dalle stelle alle stalle. magari sono solo una specie di calamita, con tutta questa carica magnetica che mi sconvolge anche nei sentimenti, e basterebbe averlo accanto, lui ferro, per abbracciarlo, appiccicarmi ad esso ed equilibrare tutta questa confusione.
vorrei solo che mi dicesse che mi vuole bene, mi basterebbe questo, giuro non desidererei altro; e vorrei che io finalmente ci credessi, alle sue parole, al suo volermi bene, smettendo di avere tutta questa maledetta paura, più di me stessa che non di lui.

Nessun commento: